La mossa di Mps su Mediobanca è l’ennesimo fuoco d’artificio di un risiko bancario che viaggia a pieno regime in Italia. Sarebbe riduttivo, tuttavia, leggere questa operazione come un’iniziativa a sé stante. Già perché l’istituto guidato da Alberto Nagel, oltre a essere un nome storico fin dai tempi del celebre Enrico Cuccia, è uno snodo fondamentale della finanza italiana. Mediobanca, infatti, ha una quota del 13,1% delle Generali, che le ha permesso fino a questo punto di determinare i destini di uno dei più rilevanti scrigni di risparmi e premi assicurativi degli italiani.
Una mossa con vista sulla sfida per il controllo di Generali
Chi controlla Mediobanca, controlla anche le Generali, ed è per questo che l’operazione è da leggere in due modi: uno squisitamente industriale (con 700 milioni di sinergie stimate) e l’altro di prospettiva, in vista del confronto nell’assemblea degli azionisti del Leone di Trieste che si terrà a maggio. Da tempo l’asse fra l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin, la holding dei Del Vecchio guidata da Francesco Milleri, intende portare un ricambio ai vertici di Generali. Questi due attori, soci in Mps rispettivamente al 5,02% e all’11,73%, nei mesi scorsi erano andati a formare un nocciolo di investitori italiani insieme al Banco Bpm con il 5%, Anima al 4% e il ministero dell’Economia e delle Finanze all’11,7% con i quali avevano blindato l’istituto senese da mani straniere. Oggi però la loro mossa assume una tonalità di chiarezza anche superiore: Mps è il veicolo con cui acquisire il controllo di Mediobanca e, quindi, quello delle Generali in quella che è a tutti gli effetti una mossa di sistema, con la regia del governo italiano, per allontanare il rischio di mire d’oltreconfine sul Leone di Trieste, che nel frattempo ha annunciato l’accordo per l’alleanza paritetica con i francesi di Natixis nel risparmio gestito. Un’operazione quest’ultima difesa dalla stessa Mediobanca (che è anche advisor dell’operazione) e dagli attuali vertici di Generali, le quali hanno assicurato che il risparmio degli italiani non è in pericolo. Garanzie che tuttavia hanno lasciato molto di dubbi tra gli analisti e anche nella politica, per una volta schierata tutta dalla stessa parte, nell’avversare il matrimonio.
Le tappe dell’Ops e gli effetti su Mediobanca
Cosa succederà adesso? Per quanto riguarda la tempistica dell’Offerta pubblica di scambio di Mps per Mediobanca, l’ad di Mps Luigi Lovaglio ha spiegato che «oggi c’è l’annuncio dell’operazione», poi la presentazione «a febbraio del documento di offerta», quindi l’assemblea dei soci il 17 febbraio per l’aumento di capitale, mentre «tra giugno e luglio prevediamo di ricevere le autorizzazioni» dalle Authority «e l’inizio del periodo di concambio», per concludere l’operazione entro il terzo trimestre dell’anno. Mediobanca proverà a difendersi, ma avrà certo delle difficoltà nel farlo: dal momento che chi è sotto offerta è imbrigliato nei vincoli della passivity rule, che impedisce agli istituti quotati oggetto di un’offerta di acquisto di mettere in atto azioni per sottrarsi all’offerta sulla quale devono pronunciarsi gli azionisti. Una Mediobanca con le mani legate limiterà di molto il suo raggio d’azione anche in vista dell’assemblea delle Generali, che sarà a maggio. Potrà comunque nel frattempo lavorare sulla comunicazione (ha già definito ostile l’offerta di Mps) e chiamare in suo soccorso il mondo dei fondi, che ha sempre supportato l’attuale management (gli investitori istituzionali rappresentano circa il 45% del suo capitale sociale).
Gli altri intrecci: l’ops di Unicredit su Bpm
Nei mesi scorsi, Unicredit ha lanciato un’ops su Banco Bpm, che a sua volta aveva lanciato in precedenza un’Opa su Anima (altro importante scrigno del risparmio degli italiani). Una mossa, anche quest’ultima, non molto gradita al governo che stava lavorando per comporre un terzo polo bancario (alternativo a Intesa Sanpaolo e Unicredit) potenzialmente da 20 miliardi di capitalizzazione comprendendo nel suo perimetro per l’appunto Bpm, Mps e Anima. Anche questa partita si intreccia all’Ops di Mps su Mediobanca, dal momento che la stessa Bpm è azionista al 5% del Monte.
Ci sarà uno scontro frontale oppure si proverà ad arrivare a un accordo tra il governo e i suoi alleati e l’istituto guidato da Andrea Orcel? Staremo a vedere, sta di fatto che entro i prossimi sei mesi la geografia della finanza italiana sarà certamente stravolta. E non è nemmeno da escludere che altri grandi attori, finora silenti, facciano il loro ingresso nella partita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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