Il barone che rinunciò alla «h» per farsi la Bic

Era nata la penna a sfera, ma non senza problemi. I primi esperimenti non portarono certo a un prodotto affinato e utilizzabile dalla massa. Mancava una tecnologia e le prime penne macchiavano i fogli, perdevano inchiostro e scrivevano male. Praticamente quello di Birò era poco più che un progetto.
Ci fu un uomo però che a tutti questi problemi trovò una soluzione. Quest’uomo, di nobile famiglia e di origine valdostana, era il barone Marcel Bich, che fino ad allora aveva fatto il venditore porta a porta per poi rilevare, con un investimento di 1.000 dollari, insieme a un socio-amico, Edouard Buffard, una fabbrica di stilografiche e matite a mina.
Lui fu un visionario. Si rese conto delle potenzialità della penna a sfera, che comunque era già prodotta negli Stati Uniti a prezzi però molto elevati. Acquistò quindi il brevetto da Birò, lo perfezionò e dopo 4 anni di ricerca, creò una industria e la chiamo Bic (togliendo la h al suo cognome). Voleva evitare cioè una potenziale pronuncia inglese inappropriata. Nel 1950 lanciò quindi la prima Bic Cristal, senza lasciare nulla al caso. Geniale fu infatti anche la scelta esagonale della forma della penna: non solo per darle maggiore personalità ma anche perché tempo addietro gli scrittoi a scuola erano inclinati, le penne tonde scivolavano facilmente.
Iniziò la prima campagna pubblicitaria. Il successo fu immediato: si trattava del primo prodotto a basso costo non ricaricabile, praticamente il primo oggetto di massa prodotto con la filosofia dell’usa e getta. Si trattava tra l’altro di un tubo trasparente di plastica, un sottile filo di inchiostro, e poteva essere venduto a bassissimo costo. Era nata la penna Bic che conquistò dapprima la Francia e poi il mondo intero. Lui, Bich, iniziò poi anche il business degli accendini e dei rasoi usa e getta, dove già c’era un leader dal nome Gillette. La loro fu una interminabile battaglia a colpi di campagne pubblicitarie.
Marcel Bich è l’esempio di un uomo riuscito a costruire un impero, senza un minimo di istruzione e di conoscenza del mondo economico e finanziario. Odiava chiedere soldi in prestito e non sopportava la tecnologia. Insomma, un self made man. E come lui stesso scrisse in una lettera ai suoi azionisti, il successo della Bic non è il risultato «di una educazione formale ricevuta in una scuola di affari, americana o francese, ma il risultato della dura scuola di affari nella quale entrai all’età di diciotto anni dalla porta più piccola...».
Il tempo libero amava dedicarlo alla sua famiglia: ha avuto due mogli e 10 figli. Era appassionato di vela e a 50 anni partecipò senza successo alla coppa America, pur avendo investito miliardi. Amava anche giocare a golf e costruì il più bel campo da golf dell’intera Francia. È morto il 30 maggio 1994 a quasi 80 anni. Il figlio, ora presidente del gruppo, continua a seguire le orme del padre: dare fiducia agli uomini, non avere debiti e vendere al pubblico la migliore qualità al prezzo più basso possibile. Con questa filosofia il gruppo ha conseguito nel 2005 un fatturato di 1,38 miliardi di euro e gioca un ruolo da protagonista nel mondo, tanto che nel 2005 la Bic è stata la penna più venduta e la società ha festeggiato i primi 100 miliardi di penne (ogni persona nel mondo possiede 16 strumenti di scrittura Bic).

E se ancora vogliamo stupirci basti pensare che ogni secondo vengono vendute circa 230 penne. Il titolo è quotato alla Borsa di Parigi dal ’72. La penna Bic fa parte della collezione permanente del Museum del Modern Art.

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