«Basta con la tv». Ma loro sono sempre in onda

In tv c’è solo una cosa più avvilente dei talk show di «approfondimento» sul dramma di Sara Scazzi. È l’ipocrisia dei tanti «opinionisti» di questi stessi talk show che, prima di spiattellare la propria «interpretazione» sul «giallo di Avetrana», fanno la seguente premessa: «È una vergogna che in televisione si parli tanto del giallo di Avetrana, così si finisce solo per assecondare le peggiori morbosità del pubblico...».
Peccato che - appena terminata la frase - i medesi censori dell’altrui guardonismo noir si trasformino immediatamente in «esperti» sforna-ipotesi: una via di mezzo tra una slot machine dell’ovvio e un dispenser di banalità.
Lo spettacolo è tragicomico, una pletora di tuttologi in servizio attivo permanente che, paradossalmente, si «dissocia» da se stessa; in realtà si tratta solo di un moralismo di facciata, buono per accreditarsi come gente di coscienza; gente «diversa», che non ha nulla a spartire con gli «altri», con le «jene» che ogni giorno si riuniscono in branco davanti al cancello di casa Misseri.
Ma quale «diversità»? Anzi, gli opinionisti «buonisti» sono la razza peggiore. Se fossero infatti davvero coerenti con la premessa di cui sono tanto orgogliosi (ricordate? «È una vergogna che in televisione si parli tanto del giallo di Avetrana, così si finisce solo per assecondare le peggiori morbosità del pubblico...») avrebbero un’arma eccezionale per dimostrare la propria buona fede: rifiutarsi di partecipare alle trasmissioni che hanno fatto della tragedia di Sara un fumettone a puntate. Invece no, loro - gli esperti double face - a quei programmi partecipano, eccome; al gettone di presenza non rinuciano, avendo però la «delicatezza» di mettere le mani avanti con un bel: «Ma basta, non se ne può più di questi programmmi...». Insomma, predicano benissimo ma razzolano malissimo.
Gli episodi non mancano. Ci limitiamo a quelli più recenti e clamorosi. Prendete, ad esempio, il sociologo Domenico De Masi che, ospite di Matrix, ha detto: «Bisognerebbe dare ampio spazio alle notizie belle, tra i miei studenti ci sono studenti eccezionali di cui nessuno parlerà mai... Invece siamo tutti qui a parlare sempre del giallo di Avetrana. È sbagliato tutto questo...».
Ma, caro professore, se tutto questo è «sbagliato» (e, sul punto, potremmo anche essere d’accordo con lei) perché non se n’è rimasto a casa (o all’università) invece di correre nello studio di Matrix? Idem per don Mazzi che, qualche giorno fa, ospite di Pomeriggio sul Due, rispondeva visibilmente contrariato al conduttore: «Ma cosa mi vuoi chiedere sul caso Scazzi? Con trasmissioni di questo tipo stiamo facendo più male che bene...». Bene, bravo don Mazzi, ma allora perché non ha gentilmente declinato l’invito, invece di piazzarsi davanti alle telecamere? E che dire di Barbara Palombelli che con una lettera «chiede scusa» alla memoria di Sara per «la mostruosa invasività della televisione». Ma sapete che strumento usa per lanciare il suo j’accuse contro la tv? La tv, ovviamente...


C’è poi Antonio Marziale, presidente dell'Osservatorio sui diritti dei minori, il quale, un giorno sì e l’altro pure, denuncia indignato gli «eccessi televisivi»; peccato che Marziale lo faccia proprio da quegli stessi programmi che nell’«eccesso» hanno il proprio format di riferimento.
Intanto a Porta a Porta è spuntato, puntuale, il plastico della casa della famiglia Messeri. È perfino più grande e sfarzoso di quello dello chalet di Cogne.

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