Il becchino di Torino

Il cabarettista del Travaglino, quello che sfotte i difetti fisici altrui, quello che ha portato la famiglia in vacanza con un favoreggiatore di mafiosi, quello che passa per documentato e poi fa le figuracce in diretta, quello che non gradisce il contraddittorio, quello che lucra su un «regime» che da anni lo manda in onda in prima serata, quello appena condannato a otto mesi per diffamazione, quello che ha proposto l’abolizione dell’Appello ma ha appena fatto Appello contro la condanna per diffamazione, il cabarettista del Travaglino, insomma, ha inaugurato una nuova rubrica sull’Unità: si chiama, molto modestamente, «Zorro». Di Pietro, probabilmente, fa la parte del tenente Garcia.

Orbene: il becchino di Torino stavolta se l’è presa coi morti: le cosiddette vittime di Tangentopoli, ieri, le ha ribattezzate «I politici ladri». Fine dell’analisi. Che gli frega: tanto il suo pubblico applaude comunque. Che gli frega: dal 1992 al 1998 i suicidi «giudiziari» sono stati 45, e di questi 45 ben 32 furono addensati nel periodo in cui impazzava la carcerazione preventiva, ossia dal 1992 al 1994: ma che gli frega.

E che gli frega che alcune delle vittime di Tangentopoli, i «politici ladri», non risultassero neppure indagate (se vuole gli fornisco i nomi) e furono solo stritolate da un clima infame che per Travaglio è la normalità assoluta, è il Paese normale in cui vorrebbe vivere.

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