«Mi ha affascinato la melodia lenta del film, non si incontra spesso un ritmo così, al cinema oggi». L'affermazione è di Jennifer Lawrence, un Oscar nove anni fa per Il lato positivo e conosciuta dal grande pubblico per film molto diversi, dalle commedie intelligenti e chiassose come American Hustle e Don't Look Up, ai grandi blockbuster come Hunger Games e X-Men.
Causeway, ora su AppleTV, diretto da Lila Neugebauer alla sua prima esperienza al cinema dopo una carriera iniziata a teatro, è molto diverso. Assomiglia più al titolo del suo debutto al cinema, quando era ancora una teenager, Winter's bone. «Mi mancava il cinema indipendente, il racconto di una storia più intima e personale», dice l'attrice che ora ha trentadue anni e che a febbraio è diventata mamma di un bambino. «Certo, non lo nego, potrebbe essere un cambiamento dei miei gusti e delle mie esigenze professionali dovuto alla mia crescita personale, alla maternità».
In Causeway la Lawrence interpreta una soldatessa americana che torna nella sua città natale, New Orleans, dopo un trauma cranico subito in Afghanistan. Il film racconta la sindrome da stress post-traumatico acuto senza esplorarne le cause, non ci sono flashback di cosa accadde in Afghanistan. È invece la storia di un ritorno a casa, alla propria famiglia d'origine, ed è la storia della nascita di un'amicizia, fra il personaggio interpretato dalla Lawrence, Lynsey, ed un meccanico, James, interpretato dal bravissimo Brian Tyree Henry.
Il film, prodotto dalla stessa Lawrence con la sua casa di produzione Excellent Cadaver (un'espressione della mafia siciliana per indicare l'uccisione di personaggi di spicco ed anche il titolo di una serie prodotta da HBO lo scorso decennio su Falcone e Borsellino), ha avuto una lunghissima gestazione.
Le riprese sono iniziate nell'estate del 2019. Interrotte dalla pandemia, sono ricominciate solo nel 2021. Nel frattempo l'attrice si è sposata con il gallerista Cooke Maroney e ha avuto un figlio. «Credo che si possa dire tranquillamente che la pandemia ha provocato un trauma in tutti noi. Tutti abbiamo subito una perdita, tutti siamo in qualche modo cambiati. Quando ho iniziato il film ero un'altra persona e forse avevo molto in comune con Lynsey, il personaggio che interpreto e che sembra incapace di fermarsi». Un'incapacità che è la diretta conseguenza delle sue ferite, interne e invisibili ma non per questo meno dolorose e invalidanti. «Ma è stato solo quando sono tornata sul set, sposata e con un figlio, che mi sono resa conto di chi era veramente Lynsey, una donna che aveva il terrore di impegnarsi, di prendere decisioni definitive».
Per Lawrence resta un film molto personale. «Non in un senso letterale, non sono mai stata un soldato e per fortuna non ho mai subito un trauma cranico ma mi sono sentita connessa con Lynsey sin da subito. Ho fatto molte ricerche sui traumi dei soldati feriti in guerra, sulle lesioni cerebrali traumatiche, abbiamo intervistato veterani, persone che in guerra hanno subito traumi, abbiamo consultato terapisti per rappresentare nel modo più corretto possibile l'esperienza e il dolore di questi ragazzi che hanno danni importanti, spesso permanenti, quando sono in servizio. Sentivo di doverlo a loro».
Accanto a Jennifer Lawrence c'è Brian Tyree Henry che il pubblico ha conosciuto per ruoli meno drammatici, in Spiderman - un nuovo universo e, recentemente, in Bullet Train accanto a Brad Pitt. Anche lui giustifica la scelta con la voglia di cimentarsi in un film dai toni più intimi e drammatici. «Ci sono molte storie drammatiche che ti si presentano, poche però hanno un messaggio di speranza così netto. Questi due ragazzi sono entrambi dei sopravvissuti, dei reduci, entrambi hanno un passato traumatico alle spalle. Si incontrano e, non solo si trovano, ma trovano anche le reciproche potenzialità. Lo riescono a fare solo insieme. Insieme riescono a superare quella sensazione che hanno e che li isola. La sensazione che nessuno li capisca».
Jennifer Lawrence rivela le varie prove che sono state fatte sul set prima di arrivare alla giusta visione e al giusto finale.
«Abbiamo pensato a vari modi di concludere la storia ma è stato solo quando siamo ritornati sul set dopo la pandemia che abbiamo capito che la strada giusta era quella di raccontare un'amicizia che nasce, una connessione che li salva».
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