Nuova inutile polemica su alcuni principi che confermano la discriminazione tra uomini e donne. Si continua, evidentemente, a ritenere che la bellezza sia un requisito essenziale, e comunque non trascurabile per le femmine e non per i maschi. Una strana idea rispetto a valori estetici che, nell’antichità, hanno garantito il primato della bellezza al sesso maschile, esibito nella sua completa nudità (si pensi ai bronzi di Riace, ai Kuroi arcaici, ai Mercuri e agli Apolli tradotti poi, in era cristiana, in Santi Sebastiani nelle più compiaciute pose di dichiarata ambiguità erotica). E ancora più strana in un’epoca di straripante ed esibito orgoglio omosessuale. Ma tant’è.
I modelli antichi, ribaditi nel Rinascimento e in età neo-classica, da Michelangelo a Canova, e le rivendicazioni moderne non riescono a travalicare il luogo comune dell’obbligatorietà della bellezza femminile che resta invece facoltativa e non necessaria per l’uomo la cui attrazione si riconduce piuttosto al fascino e al potere. Così si continuano a riproporre gli schemi che avevano ispirato la mia fortunata quanto vacua battuta su «Rosy Bindi più bella che intelligente». E, prima il premier e ora La Russa, con altri argomenti, ripropongono la facile e meccanica dicotomia bellezza-intelligenza. Non ci siamo. La bellezza dunque, in società come in politica, è un requisito richiesto agli uomini e non alle donne. In verità, in politica non fu mai richiesta. Ma, con la legge elettorale delle liste bloccate hanno potuto sperare, Berlusconi ma anche Veltroni, di fare eleggere ragazze non soltanto intelligenti ma anche belle.
È ciò di cui mena vanto, pur non avendovi contribuito neanche marginalmente, il ministro La Russa. Accendendo una polemica che, nonostante possa apparire oziosa e obsoleta, ci consente di fare qualche utile osservazione. Non si possono benché anch’esse di maniera non condividere le reazioni indispettite di alcuni esponenti del centrosinistra che rilevano, più ancora che il maschilismo, il cattivo gusto di certe battute. Ma intanto: battute restano. E, come tutte le battute, rispecchiano una semplicità e una immediatezza di reazioni di radice popolare. Luoghi comuni, lazzi, così come le barzellette con le allusioni sessuali. E l’intelligenza di Rosy Bindi è proprio del non sottrarsi se non per opportunismo politico, alle battutacce, alle espressioni vernacolari di spirito toscano, senza filtri e ipocrisie.
Ma entriamo nel merito. In epoca di conclamate pari opportunità nessuno si sognerebbe di mettere in contrapposizione la bellezza e l’intelligenza di un maschio. Perfettamente plausibile che uno sia bello e bravo, le due qualità non sono né in contrapposizione né in interferenza. Intendo dire che se di una donna bella si scopre con sorpresa l’intelligenza si è portati a pensare che non lo sia troppo, come se l’intelligenza fosse un limite. Con ciò essa costituisce un handicap alla formazione di un giudizio serio e ben fondato specialmente nell’attività politica. Alcune signore sono deputate o ministre perché capaci o perché belle? Il dubbio, e anzi la certezza governano i pensieri anche degli esponenti di centrodestra. Non si possono né accettare né perdonare le violentissime insinuazioni di Sabrina Guzzanti all’indirizzo del ministro Carfagna in piazza Navona. In quelle parole vi era tutta la volgarità maschilista che si rimprovera oggi a La Russa. E sono indubitabili gli effetti speciali e la soddisfazione della battuta volgare. Fino alla suprema, per cattiveria, che immagina un presidente del Consiglio esortare i suoi ministri a stringere i denti, per i tempi difficili, con una eccezione: «Mara, tu no!».
Dunque da una parte e dall’altra, perfino da parte di donne si è oltrepassato il buongusto e cavalcato la volgarità. Ma la questione è strutturale e difficilmente estirpabile. Si continua infatti a pensar male della donna, nel perpetrarsi dei luoghi comuni sull’uso del corpo, che ci ha portato alla legittimazione della prostituzione in una memorabile uscita di Stracquadanio. Per lo spregiudicato deputato qualunque mezzo è lecito per ottenere un risultato. E anche il prostituirsi è contemplato. D’altra parte ci sono diversi modi di prostituirsi, con diverse parti del corpo, e in molteplici settori, dal mondo universitario al mondo del cinema. E ci sono il servilismo, la prostituzione intellettuale; e, proprio oggi, anche quella sessuale non è soltanto femminile. Un importante capopartito gay potrà, come mille volte è capitato nel mondo del cinema e del teatro, favorire la carriera, non di una donna ma di un giovane compiacente. Il metodo è sempre lo stesso. E però le riserve e le allusioni investono sempre il campo femminile. Si tratta, di evidenza di contrapposizioni insensate benché suggestive. Nessuno penserebbe, infatti, di contrapporre bellezza e intelligenza, in modo così schematico nell’ambito del mondo maschile, contrapponendo uno studioso a un calciatore.
Quando si parla di «scorciatoie» si pensa a l’utilizzo del fascino femminile per ottenere migliori risultati in politica o in televisione. Nessuno farebbe le stesse considerazioni per un conduttore televisivo o per un deputato. Allo stesso modo nessuno metterebbe in contrapposizione i risultati ottenuti da un uomo con la testa con quelli ottenuti da un altro con i piedi. Non esiste, come tra Rosy Bindi e Ruby una moralistica contrapposizione tra Saviano e Ronaldo, ognuno ammirato e rispettato nel suo ambito. E anche dove l’uomo è un evidente simbolo sessuale la considerazione non declina in termini spregiativi.
Di Santoro o di Costanzo non si denuncia l’esuberanza adiposa mettendoli in contrasto con Raoul Bova o Scamarcio. Dunque dopo tante battaglie il mondo femminile attende ancora il rispetto per la dignità del corpo e della bellezza. Valori degni di ammirazione, non meno dell’intelligenza.
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