La bellezza armoniosa di Vibia Sabina

La bellezza armoniosa di Vibia Sabina

A giudicare dai ritratti pervenuti, Vibia Sabina doveva essere di una bellezza armoniosa. Grandi occhi dall’espressione dolce, un viso ovale dalle labbra sottili, capelli ondulati divisi in ciocche o trecce a formare elaborate acconciature. A noi riesce difficile pensare che questa donna immortalata dal marmo sia stata realmente vitale, che abbia sofferto, amato, vissuto come noi, ma forse, visitando il Canopo di Villa Adriana, che la vede fino al 4 novembre protagonista della mostra «Vibia Sabina, da Augusta a Diva», possiamo immaginare il suo modo di vivere assai lontano dagli eccessi di altre imperatrici. Probabilmente non è stata molto amata dal marito Adriano, che però volle sempre salvaguardarne l’immagine pubblica, attribuendole tutti gli onori dovuti al suo rango.
L’esposizione si inserisce nell’ambito della manifestazione «Archeologia in festa», promossa dalla Direzione Generale per i Beni Archeologici, che ha già portato in mostra a Torino, Cagliari e Ferrara i reperti archeologici restituiti dal Museum of Fine Arts di Boston all’Italia. Il ministero ha assegnato permanentemente a Villa Adriana due delle opere recuperate: una splendida statua velata di Vibia Sabina in marmo bianco, di dimensioni maggiori del vero, e una base triangolare, sempre in marmo, con decorazione figurata a bassorilievo, di stile neoattico.
È grazie a questa restituzione, che forse è un vero e proprio rientro a casa (sappiamo infatti cha a Villa Adriana vi erano diversi ritratti ufficiali), che è stato possibile approfondire il discorso sull’immagine pubblica dell’imperatrice, correlata al programma politico di Adriano (117-138 d. C.), attraverso le diverse testimonianze che ci sono pervenute, dalla ritrattistica, alle epigrafi, alle monete. L’arco cronologico preso in esame va dall’ascesa al potere di Adriano, fino alla morte di Sabina (nel 136) e alla sua successiva divinizzazione. Le sculture esposte ce la mostrano come Venere genitrice, come Concordia, come Demetra-Cerere.
Proprio a questa divinità viene assimilata l’imperatrice nella statua di Boston, caratterizzata da una acconciatura a nodo che si ritrova in una moneta che la definisce «Diva». Quindi la statua deve essere successiva alla sua divinizzazione, che necessariamente va datata tra il 136 e il 138, anno di morte di Adriano.

Si tratta di una replica romana da originale greco attribuito a Prassitele, ritrovato a Ercolano e conservato al Museo di Dresda. Questo tipo statuario diverrà comune in epoca successiva nella ritrattistica funeraria sia ufficiale che privata.
Orari: tutti i giorni dalle 9 a un’ora prima del tramonto

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