Giancristiano Desiderio è uno scrittore davvero prolifico. Recentemente abbiamo recensito il suo Croce ed Einaudi. Teoria e pratica del liberalismo. In queste ore ha pubblicato Football, trattato sulla libertà del calcio. Ma oggi vogliamo parlarvi del secondo volume di Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce (Aras Edizioni).
Sono quasi quattrocento pagine densissime, suddivise in capitoli che potrete leggere in autonomia. Il filo rosso resta per Desiderio quella religione della libertà di cui è maestro il filosofo napoletano. Davvero molto interessante la sezione dedicata a Croce e Mussolini e sulla «demagogia mussoliniana su cui garantiva Giovanni Gentile assicurando che le violenze sarebbero terminate e si sarebbe presto arrivati alla vita ordinata e civile». E a chi gli chiedeva perché Mussolini lo tollerasse, Croce rispondeva: «si sono rassegnati. Io sto a Napoli a un dipresso come il Vesuvio sul golfo. Si può impedire al Vesuvio di fare, quando gli piace, le sue eruzioni?». E in un altra occasione, quando Croce più incuriosito che preoccupato per la sua vita, chiese se stavano pensando di ucciderlo, sospirò: «farebbero un cattivissimo affare perché io ho scritto quaranta volumi che bagnati da un po' di sangue diventerebbero armi terribili contro di loro». C'è ovviamente molto di più rispetto a questa che può apparire aneddotica. C'è il Manifesto degli intellettuali antifascisti, pubblicato il primo maggio del 1925 in contemporanea su Il Mondo di Amendola e su Il Popolo di don Sturzo. Stiamo parlando di un solo capitolo di un libro decisamente ricco e ben scritto.
Non possiamo concludere questa breve nota senza ricordare quelle meravigliose pagine di Croce contro l'istituzione dell'Unesco, che giustamente Desiderio ricorda nella sua introduzione. La madre o il nipote, se preferite, di quel multilateralismo, fatto di presunzioni ipocrite e illiberali. «L'Unesco aveva della cultura un'idea semplicemente sbagliata perché sciolta dalla sua sorella di sangue e spirito, la libertà».
L'istituzione che lo aveva corteggiato in tutti i modi lo vedeva fortemente critico, e pur non essendo i suoi metodi coercitivi, Croce sosteneva che si sottovaluta «il tormento della noia che s'infligge agli ascoltatori di propositi sterili, di discorsi inconcludenti», senza contare che l'organizzazione negli anni, come ben previsto dal filosofo napoletano, ha alimentato «l'idea sbagliata che la cultura possa essere adottata con voti, veti, maggioranze e che nasca da un istituto mentre, all'inverso, sono le istituzioni a nascere dalla cultura». Un Croce quasi austriaco, hayekiano, in fondo.
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