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I punti chiave
Il big match dei big match, la sfida scudetto che avrebbe dovuto decidere la stagione di Serie A ha fornito uno dei verdetti più attesi degli ultimi mesi. Dopo una serie di dolorosi passi falsi, il Napoli di Conte si è svegliato, dominando in lungo e in largo una Inter in debito d’ossigeno. Nonostante si debbano accontentare di un solo punto in rimonta, la sensazione è che i partenopei abbiano finalmente svoltato l’angolo e siano tornati a macinare calcio. Se Atene piange, Sparta certo non ride, considerata l’ennesima, umiliante sconfitta rimediata da un Milan in stato confusionale in casa contro la Lazio.
Nel mezzo di una contestazione sempre più rumorosa, i rossoneri vedono andarsene il Bologna e vengono addirittura superati dalla Roma di Ranieri, che a dicembre lottava per non retrocedere. Ancora peggio vanno le cose a Bergamo, dove l’Atalanta lascia per strada due punti cruciali contro il Venezia. A questo punto, tutto è davvero possibile, anche che nella lotta scudetto rientri la Juventus del contestatissimo Thiago Motta. Vi raccontiamo tutto nel nostro solito pagellone del lunedì: buon divertimento.
Lazio, la fortuna aiuta gli audaci (7)
Dopo due pareggi dal peso specifico ben diverso, l’aria a Formello iniziava a farsi un po’ pesante. Con le rivali all’Europa che conta sempre più lanciate, la trasferta a San Siro aveva il sapore dell’ultima spiaggia per non abbandonare definitivamente il sogno Champions. Baroni non si fa prendere dalla frenesia e schiera una squadra molto ordinata che rispetta alla perfezione il piano partita: contenere il Milan e colpire in ripartenza con Isaksen e Zaccagni. Le Aquile rispondono alla grande, dominando soprattutto dal punto di vista fisico, dove Marusic e Gila stravincono il confronto con Leão e Gimenez. Se Tavares maramaldeggia sulla sinistra, la coppia Guendouzi-Rovella annichilisce la mediana rossonera, alimentando un Dia insolitamente impreciso.
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Sugli scudi, però, le prestazioni di Zaccagni e Isaksen, sicuramente i migliori in campo tra i capitolini: l’azzurro segna alla prima occasione ma sa anche rendersi utile in difesa mentre lo svedese è davvero l’uomo partita, visto che fa espellere Pavlovic e si procura il rigore convertito con freddezza dal sostituto Pedro. Eppure la Lazio ha sfiorato la beffa, visto che la disattenzione di Lazzari consente a Leão di imbeccare Chukwueze per l’1-1. L’undici di Baroni è forse un pizzico fortunato, visto che errori del genere Maignan non ne fa molti ma ha avuto il merito enorme di non mollare mai e crederci fino alla fine. Questi tre punti non cambiano molto nella classifica ma sono un segnale importante alla Juventus: per strapparci il quarto posto dovrete sudare sette camicie.
Bologna, un carattere da Europa (7)
Affrontare dopo soli tre giorni dalla cruciale vittoria nel recupero contro il Milan una compagine rognosa come il Cagliari non sarebbe stato semplice, anche per una squadra tosta come il Bologna. A complicare le cose non solo il colpo di testa di Piccoli ma anche una formazione iniziale che non gira come dovrebbe. A parte l’errore di Lucumì, che si perde l’avanti sardo, nel primo tempo funziona solo la difesa, mentre il resto è decisamente sottotono. A parte l’inossidabile Freuler, Pobega, Fabbian e Dominguez si muovono parecchio ma in maniera spesso confusa, senza mai trovare lo spiraglio giusto nella difesa avversaria. Lo stesso Orsolini soffre la marcatura di Obert e lascia presagire un passo falso inaspettato che sarebbe disastroso nella corsa all’Europa.
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Il vantaggio di avere un tecnico preparato come Italiano si vede nell’intervallo: invece di insistere, ammette di aver preso una topica e rivoluziona il centrocampo. L’ingresso di Ferguson, Cambiaghi e Odgaard trasforma completamente il Bologna, che sembra tutta un’altra squadra. Lo scozzese sta tornando ai livelli di una volta ma è soprattutto il classe 2000 a fare la differenza: gli bastano due giocate per dare il via alla remuntada che rilancia le ambizioni dei felsinei. Le copertine se le prende tutte Orsolini, che prima converte dal dischetto e poi affossa i sardi in soli 10 minuti ma anche Castro ha contribuito non poco, anche solo aprendo spazi nella difesa con la sua sola presenza. Alla fine Italiano se la ride e Bologna può godersi una squadra dal carattere europeo.
Napoli, un punto che vale oro (6,5)
Arrivare allo scontro diretto che potrebbe decidere la stagione dopo una serie di risultati orribili e senza due delle pedine fondamentali a disposizione non era certo il viatico che Antonio Conte si immaginava di dover fare. La soddisfazione è stata quindi enorme, considerato che quel Napoli sembrato allo sbando non solo si è ritrovato ma ha anche messo una prestazione ben più dominante di quanto si capisca dal risultato. I partenopei, colpiti a freddo dalla splendida parabola di Dimarco, hanno sbandato qualche minuto prima di costringere nella propria metà campo un Inter che, specialmente nel secondo tempo, sembrava in balia dell’undici di Conte. Dopo un momento nerissimo, il Napoli ha svoltato l’angolo ed è pronto a battersi fino alla fine per lo scudetto.
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Tutti hanno risposto presente, a partire dalla coppia Rrahmani-Buongiorno, che ha fatto passare una serata infernale alla ThuLa ma soprattutto il talismano Lobotka, senza il quale il Napoli non riesce proprio a giocare. Politano, insolitamente largo a destra, svaria a volontà, McTominay ci mette il fisico mentre Spinazzola e Gilmour non riescono ad andare oltre la sufficienza. Se Raspadori mette una mezz’ora importante, Lukaku lotta per tutti i 90 minuti ma non va oltre ad un palo e qualche altra mezza occasione. Proprio quando la beffa sembrava scritta, ecco che Billing trova il corridoio giusto per il tap-in che fa esplodere il Maradona. La classifica è la stessa ma dal punto di vista del morale cambia tutto. Con un calendario favorevole nel finale, il Napoli ha in mano il suo destino.
La Roma vola, ma che spavento! (6,5)
Quando Ranieri è approdato a Trigoria, forse solo i più scatenati tifosi della Magica credevano davvero che riuscisse a fare l’ennesimo miracolo. Sor Claudio se n’è fregato ed ha iniziato a lavorare su un gruppo tanto talentuoso quanto scosso dalla tumultuosa fine dell’era Juric. Ora che viaggia a velocità luce ed ha inanellato l’ennesima vittoria, difficile contenere l’entusiasmo dei tifosi giallorossi. Mettere sotto il Como di Fabregas, ammazza-grandi che ha già causato più di un problema, non è stato però semplice, complici le solite, inspiegabili distrazioni della Roma. Specialmente nel primo tempo Mancini gestisce con il fisico Paz e Diao ma poi si fa beffare dal taglio di Da Cunha, che porta in vantaggio i lariani per la costernazione dell’Olimpico.
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Se la difesa regge, Soulé e Koné sono gestiti senza troppi problemi dalla retroguardia lombarda, mentre Pellegrini e Shomurodov fanno enormi passi indietro rispetto alle ultime uscite. A salvare Ranieri sono i cambi, che sono uno meglio dell’altro: El Shaarawy fa bene entrambe le fasi, Cristante porta qualità ma è Saelemaekers a dare lo strappo decisivo, trovando il gol del pari dopo pochi secondi. Il vero protagonista è però sempre Paulo Dybala, che inguaia il Como causando l’espulsione e tanti altri gialli. Importantissimo, poi, che un Dovbyk non al meglio sia al posto giusto al momento giusto per convertire in gol l’assist di Rensch. La Roma se la ride, scavalca il Milan ed irrompe prepotentemente nella lotta per l’Europa. Ranieri santo subito.
Fiorentina, Gosens c’è, Beltran no (6)
Dopo tre sconfitte consecutive e l’ambiente sull’orlo di una crisi di nervi, il compito numero uno di Palladino era chiaro: tornare alla vittoria, possibilmente in maniera convincente. I tre punti sono arrivati senza grandissime sofferenze, vista l’inconsistenza offensiva del Lecce ma non tutto ha funzionato al meglio. Dover ancora fare a meno del talismano Kean è un grosso problema che il tecnico viola non ha ancora capito come risolvere. I segnali positivi, però, non sono mancati, dalla solidità della difesa, mai veramente in difficoltà e la prova maiuscola di Dodò sulla destra, che suona la carica e confeziona l’assist che vale i tre punti. Interessanti, poi, le prime da titolari di Pablo Marì e Ndour, che portano quantità e qualità in abbondanza nei rispettivi reparti.
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Altre notizie positive dalla mediana, dove prima Cataldi e poi Fagioli fanno una discreta partita, compensando la mancanza di brillantezza di un Mandragora che non trova mai lo spunto giusto. A salvare capra e cavoli ci pensa Gosens, che non solo segna il gol vittoria ma si procura anche un rigore che avrebbe potuto chiudere i conti. Se la prova dell’ex interista è maiuscola, ennesima prova da dimenticare per Zaniolo e Beltran, che fanno di tutto per far imbufalire i fedelissimi del Franchi. L’azzurro ha un diavolo per capello mentre l’argentino rovina una prova discreta sbagliando il rigore e beccandosi un giallo dopo una traversa sfortunata. La Viola si barrica in difesa dopo il vantaggio, il che non è mai il massimo ma questa vittoria serviva come il pane.
Inter, che fine ha fatto la ThuLa? (5,5)
Che iniziare il cruciale mese di marzo con la sfida scudetto e l’andata degli ottavi di Champions non sarebbe stato semplice se lo immaginavano in molti. Pochi, però, si aspettavano di vedere i nerazzurri così in crisi dal punto di vista fisico e mentale. Fin dalle prime battute, l’undici di Inzaghi ha sofferto parecchio l’aggressività del Napoli, riuscendo a colpire solo sporadicamente in contropiede. Quando Federico Dimarco, che sta lentamente recuperando la condizione, s’inventa un golazo alla Maradona, ti aspetti che l’Inter torni quella di sempre ed approfitti cinicamente degli spazi concessi dai padroni di casa. Le cose, invece, non vanno affatto così e ci vuole la prova maiuscola di Bastoni e la tigna di Bisseck per evitare che gli azzurri facciano polpette dell’Inter.
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Le notizie positive, però, finiscono qui: a parte un paio di parate di Martinez, De Vrij e Dumfries confezionano un errore collettivo che apre la porta al vitale pareggio di Billing, negando ai nerazzurri tre punti che sarebbero stati francamente un furto. La mediana risponde più o meno presente, anche se dal 50’ deve fare a meno di un Calhanoglu a mezzo servizio ma a tradire Inzaghi è proprio la ThuLa, assolutamente deficitaria. Senza la sua solita fisicità, Thuram non riesce a fare quel che gli chiede il tecnico mentre il capitano non riesce a compensare con la garra una condizione parecchio precaria. Né l’ex Zielinski né Correa riescono a dare la scossa, il che è una pessima notizia. Contro il Feyenoord servirà tutta un’altra Inter: non sarà affatto semplice.
L’Atalanta non sa più vincere (5)
Che qualcosa a Zingonia si fosse incrinato dopo l’inaudita eliminazione col Bruges si era capito da un pezzo ma ben pochi avrebbero scommesso che l’Atalanta avrebbe messo una prova così scialba contro il volonteroso Venezia. Proprio quando una vittoria avrebbe rilanciato le ambizioni di titolo della Dea, ecco l’ennesimo pareggio casalingo e due altri punti gettati al vento. Intendiamoci, i lagunari non hanno rubato niente e avrebbero potuto addirittura vincere se Carnesecchi non si fosse superato su Zerbin, lanciato da un passaggio suicida di De Roon. Alla fine si salva solo la difesa, che riesce a contenere gli avanti neroverdi e fornire qualche lancio che gli avanti non sfruttano. Quel che non si spiega è la mancanza di grinta di una squadra impegnata nella corsa scudetto.
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Dalla cintola in su è un pianto quasi totale: a parte il tignoso Zappacosta, che prende pure un palo clamoroso ed il buon impatto di Pasalic e di Daniel Maldini nell’ultima mezz’ora, il resto è nettamente insufficiente. Ederson non ne ha più, De Ketelaere è un fantasma in campo mentre Retegui si smazza tanto ma dilapida in maniera criminale due occasioni importanti. Cosa dire poi di Lookman, l’unico che mostra la cattiveria giusta ma che va in confusione davanti alla porta? Nel convulso assalto finale Gasperini le prova tutte, anche il folletto Samardzic, ma oggi non funziona niente. Perdere quattro punti in questo modo è da non credersi: rovinare nel giro di poche settimane una stagione straordinaria è davvero tafazziano. Serve una scossa prima che sia troppo tardi.
Milan, psicodramma infinito (3)
Questo Diavolo, una volta toccato il fondo, si mette a scavare. Dopo l’ennesimo crollo nella ripresa al Dall’Ara che era costato forse le ultime residue speranze di Champions, i rossoneri arrivano al big match del Meazza con la Lazio circondati da un clima di contestazione aperta e rispondono nella maniera più disastrosa possibile. Il Milan parte male e finisce ancora peggio, avvitandosi in una crisi che ora assume i contorni di un vero e proprio psicodramma. Verrebbe voglia di dare un 4 collettivo a tutto e tutti, tecnico compreso ma, nonostante il clima da tragedia greca, qualcuno è riuscito a fare una partita dignitosa. In difesa si salva solo Gabbia mentre Maignan ha sulla coscienza entrambi i gol, specialmente il rigore concesso in pieno recupero.
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Il Diavolo si affida al talento di Reijnders e Leão, che s’inventa l’assist per Chukwueze che sembrava poter bastare a strappare un pari che avrebbe evitato lo tsunami di polemiche che rischia di travolgere tutto e tutti. Il resto? Un disastro: Jimenez e Walker perdono male il confronto con Tavares, Pavlovic si fa espellere, Theo è nullo in avanti e in crisi con Isaksen, Fofana fa danni e basta. Non si salva neanche Pulisic, che avrebbe bisogno di più fiducia mentre Gimenez riceve troppi pochi palloni per fare quel che gli riesce meglio, ovvero segnare.
Cosa s’inventa Conceição? Toglie un discreto Musah per il suo cocco João Felix, che fa poco o niente. Senza l’aiuto della Dea Bendata, il Milan è affossato dalle troppe scelte sbagliate. Stagione finita, che il caos abbia inizio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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