Pochi ma buoni. Il vecchio detto sull'amicizia, sembra ora avere conferma anche dalla scienza, che ha risposto alla domanda su quanti amici c'è bisogno di avere nella nostra vita per vivere bene. La ricerca fatta dalla Fudan University in Cina, racconta che in realtà, soprattutto in adolescenza periodo di formazione del proprio sè, ma anche quello più delicato che ha bisogno di conferme sociali, non ne servono molti. Bastano quelli che si possono contare sulle dita di una mano.
In totale sono quindi 5, che fanno parte della nostra ristretta cerchia e che ci sostengono nella crescita emotiva, cognitiva e aiutano anche ad avere un buon rendimento scolastico. Quindi a differenza di quello che succede in apparenza nel periodo adolescenziale, dove si è costantmente circondati da amici, il nostro cervello fa la differenza tra quello che possiamo percepire a livello di sentimenti -dove anche una conoscenza viene scambiata per amicizia - facendo una selezione molto precisa e gestendo le "eccedenze" in maniera diversa.
Che cosa è un amico?
Questo significa che, anche se a livello sociale siamo circondati da amici, compresi quelli dei social network, il nostro cervello anche se non ce ne rendiamo conto, li considera in maniera superficiale. Questo perché al contrario di quello che pensiamo, valuta la "qualità" delle persone che ci circondano e non la quantità. Un amico è quello con cui si costruisce un rapporto stabile, con cui si condividono problemi, gioie e anche dolori. Si potrebbe quindi dire, basandosi su questa ricerca, che alla fine la natura ha molto più buonsenso di noi, e sa quali sono le cose realmente necessarie per la nostra crescita.
Cinque ma non di meno
Qualche tempo fa la stessa università cinese, aveva condotto un altro studio pubblicato sulla rivista Neurology, sottolineando al contrario il rischio dell'isolamento sociale, fenomeno molto frequente, soprattutto dopo il periodo della pandemia, sostenende che possa aumentare del 26% il rischio di demenza e di diminuzione del volume del cervello. La sperimentazione aveva coinvolto 462.619 partecipanti inglesi, che sono stati sottoposti a sondaggi, esami diagnostici, risonanza magnetica, misurazioni fisiche e biologiche e test della funzione cognitiva. I volontari, sono stati seguiti per 12 anni.
Stando a quanto emerge dal lavoro, il nove per cento del campione, pari a 41,886 persone, ha dichiarato di aver sperimentato l'isolamento sociale, mentre il sei per cento ha sofferto di solitudine. Un totale di 4.998 individui ha sviluppato demenza nel corso del periodo di indagine, rispettivamente l'1,55 per cento dei partecipanti socialmente isolati ma solo l'1,03 per cento di coloro che intrattenevano rapporti con amici e parenti o partecipavano ad attività sociali.
Lo studio condotto dal professor Jianfeng Feng, ha quindi dato risultati sorprendenti confermando il legame tra solitudine e malattia: "L'isolamento sociale - afferma Feng - rappresenta un problema di salute pubblica decisamente grave, anche se spesso sottovalutato.
Nel contesto della pandemia da Covid-19 il tempo trascorso a distanza dei legami sociali è aumentato significativamente, per cui emerge la necessita' di individuare strategie mirate per aiutare le persone a superare questa difficoltà".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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