L'Escherichia Coli potrebbe essere uno dei principali artefici dello sviluppo del morbo di Parkinson nell'organismo umano: gli scarti prodotti dal batterio nell'intestino provocano infatti la formazione di aggregati proteici di alfa-sinucleina, i medesimi individuati nel cervello dei pazienti affetti dalla terribile patologia e che sono ad oggi ritenuti responsabili del suo insorgere. La scoperta è stata effettuata da un team di ricerca guidato dagli scienziati dell'Università della California - Irvine impegnato nello studio delle origini del Parkinson, i cui risultati sono stati di recente pubblicati su Acs Chemical Neuroscience e Acs Chemical Biology.
"Il morbo insorge quando le proteine si accumulano nelle regioni del cervello che controllano le funzioni corporee", ha spiegato Elizabeth Bess, docente presso il Dipartimento di Chimica e principale referente della ricerca. "Quando questi aggregati proteici si accumulano in quella zona del cervello causano la morte dei neuroni, e di conseguenza i pazienti non riescono a muovere il loro corpo nel modo in cui vorrebbero".
Il laboratorio diretto dalla dottoressa Bess è specializzato nello studio del microbioma umano, quell'insieme composto da trilioni di microbi che vivono all'interno del nostro intestino. I ricercatori hanno in sostanza compreso che i frammenti proteici che si aggregano nel cervello e conducono al Parkinson sembrano essersi formati proprio nell'intestino a causa dell'Escherichia Coli: si fa riferimento nello specifico ai rifiuti prodotti dal batterio, che provocano la formazione di frammenti proteici, chiamati aggregati di alfa-sinucleina.
"Ci sono prove che questi aggregati proteici patogeni possono viaggiare dall'intestino al cervello lungo il nervo vago che collega questi organi", ha precisato la dottoressa Bess. "Quindi, se si riesce a impedire che gli aggregati si formino nell'intestino, c'è la possibilità che le proteine non raggiungano il cervello e favorendo l'insorgere del Parkinson", ha aggiunto l'esperta, "e ora che sappiamo come si formano questi aggregati proteici, possiamo trovare dei modi per prevenirne la formazione".
In tal senso potrebbe aiutare, secondo i dati raccolti, un componente del caffè. "Alcuni studi hanno dimostrato che bere caffè riduce il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson e le nostre scoperte gettano luce su come ciò potrebbe funzionare", ha puntualizzato l'esperta. Ora l'obiettivo è quello di tracciare il percorso delle proteine dall'intestino al cervello, "etichettandole" con molecole bioluminescenti che emettono luce e sono tracciabili mentre si muovono nel corpo.
"Gli ammassi di alfa-sinucleina si trovano nell'intestino molti anni prima che si manifestino i sintomi della malattia", spiega in conclusione la dottoressa Bess,"quindi c'è una vera finestra di opportunità per fermare la formazione di queste proteine patogene prima che diventino un problema più grande". "Ci auguriamo che il nostro lavoro apra nuove strade per trattamenti migliori per aiutare le persone con questa malattia", auspica l'esperta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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