L’11 novembre è la Giornata Internazionale della Vulvodinia, una malattia che per tanto tempo è stata ritenuta “invisibile” perché non riconosciuta.
È una patologia che colpisce il 15 % delle donne italiane. Il 60% di chi ne è affetto risulta ricevere ancora delle cure non adeguate a causa di una diagnosi tardiva. Ancora oggi risulta difficile da diagnosticare e per questo motivo in passato era classificata come una malattia psicosomatica o meglio psicogena.
Molte donne che dichiaravano di soffrine non venivano addirittura credute. Solo nel 2003 la vulvodinia è stata riconosciuta come una malattia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: in Italia il riconoscimento è avvenuto solo nel 2020 e nell’aprile del 2022 è stata presentata in Senato una proposta di legge per includerla nei livelli essenziali di assistenza del SSN.
È una patologia che inevitabilmente influenza la qualità della vita delle donne. Di essa ne parliamo nello specifico con la Dottoressa Elisabetta Colonese, ginecologa ed esperta in terapia dell’infertilità di coppia e consulente del portale Formazioneinfanzia.it che ci fa chiarezza e ci aiuta a capire di cosa si tratta e come intervenire per un’adeguata diagnosi.
Dottoressa Colonese, che cos’è questa malattia che poco tempo fa era addirittura sconosciuta?
La vulvodinia è una condizione patologica femminile caratterizzata da dolore e disturbi inerenti la vulva, il vestibolo e la vagina che si ripercuote sulla vita delle pazienti affette in base al grado della gravità e della sintomatologia oltre che dalla localizzazione. Non solo può impattare la sfera sessuale rendendo difficoltosi o impossibili i rapporti sessuali ma si concretizza in disagio anche in relazione alla quotidianità. Patologia sottostimata e difficilmente trattata tempestivamente poiché la diagnosi purtroppo ancora ad oggi risulta talvolta tardiva o inizialmente diversamente interpretata per le profonde sfumature che il ventaglio di questa patologia può avere; a questo si aggiunge talvolta il pudore riguardo i sintomi che blocca le pazienti nell'affrontare il problema rivolgendosi allo specialista del settore o la ridotta importanza data alla comunicazione della paziente o un problema di interpretazione da parte dello specialista che può creare errata interpretazione dei sintomi e proposta di cure. L’ambito della sessualità e dell’ eventuale dolore pelvico è una parte della visita ginecologica che sempre va indagata e chiesta durante la visita.
Quali sono i sintomi più comuni?
Dolore localizzato alla area ginecologica inerente l’introito vulvare, il vestibolo, la vulva o la vagina di tipo cronico e continuo con o senza uno stimolo alla base. Oltre al dolore altri sintomi possono essere bruciore, tensione, fastidio, arrossamento, eritema, irritazione, secchezza, disepitelizzazione, percezione di tagli, spilli o gonfiore locale, prurito. La sintomatologia è molto varia e può cambiare in base agli stimoli o di giorno in giorno. Talvolta anche gli indumenti o la stessa acqua possono creare dolore e altri disconfort.
Perché la vulvodinia risulta difficile da diagnosticare e spesso molte donne ricevono una diagnosi tardiva o non vengono credute?
In parte per la mancata attenzione dedicata negli anni passati a tale patologia, un po’ per retaggio culturale e un po’ per impostazione patriarcale della società. Altre ragioni sono i preconcetti e la vergogna ancora oggi presenti nel parlare di questa patologia oltre alla barriera comunicativa che sta alla base del rapporto medico paziente (nonché alla base di tutte le relazioni sociali) talvolta non ben strategicamente pilotata.
Quando una donna deve recarsi da uno specialista?
Oltre al controllo annuale ginecologico, comprensivo di ecografia transvaginale e pap test se la paziente sente un disconfort ginecologico sempre deve rivolgersi al ginecologo di fiducia. Se a maggior ragione i sintomi sopra descritti persistono per almeno 3 mesi a quel punto ha certamente senso rivolgersi a uno specialista.
Che ruolo ha la psiche in questa malattia?
La psiche ha importante ruolo in tutte le nostre attività quotidiane ma pensare che sia una fantasia è quello che ha portato a sottostimare a oggi i sintomi di donne che tardivamente hanno avuto la corretta diagnosi ed è anche il motivo per cui è stata definita una malattia invisibile: purtroppo è tutt’altro che invisibile alle dirette interessate e questa definizione è sempre triste.
Come e in che misura la vulvodinia influenza la qualità della vita di una donna?
Molto perché non solo la sfera sessuale viene inclusa e modificata tanto da rendere non più piacevoli i rapporti e spesso impossibili ma perché anche le azioni quotidiane, come indossare un jeans o un costume bagnato, possono essere un problema. Alcune giornate possono essere impregnate di dolore anche senza uno stimolo scatenante. La vita cambia completamente per queste pazienti: irritabilità, frustrazione e depressione possono impadronirsi della loro vita se non viene tempestivamente diagnostica e ben gestita.
Esiste una cura per la vulvodinia?
Una volta eseguita la diagnosi ci sono delle terapie che sono diverse da paziente a paziente e da caso a caso. Le strategie possono essere diverse: il cambio delle abitudini quotidiane, un'abbigliamento idoneo, assorbenti cotone 100%, mutande cotone bianco lavate senza ammorbidente e in lavaggio settoriale, l'utilizzo di detergenti per la igiene ginecologica ad hoc, le terapie locali e anti dolorifiche, riabilitazione pavimento pelvico e miorilassanti.
Ci sono delle strategie utili da mettere in atto nella vita di tutti i giorni per contrastarla?
Prima di tutto seguire la terapia data da ginecologo
per quel caso specifico ed evitare cure fai da te o utilizzo di creme o ovuli senza parere del medico, oltre a evitare indumenti stretti e sintetici o alcuni sport come equitazione o bicicletta. In ultimo, mai scoraggiarsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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