
Wally di Alfredo Catalani fu vittima di una cintura critica ostile a tutta la generazione sbrigativamente classificata come «verista», ma ebbe grandi consensi ad Amburgo, dove Gustav Mahler era attentissimo a quanto veniva dall'Italia. Celebre l'aria Ebben, ne andrò lontana, soprattutto presso i fan di Renata Tebaldi che la interpretò splendidamente. Venute meno le primedonne adatte a incarnare l'alpigiana bisbetica (in)indomata, sono mancati altresì direttori d'orchestra d'alta caratura, intimoriti dalle difficoltà di concertazione. Il ritorno di Wally a Verona (Teatro Filarmonico) contava sulla direzione partecipata e attenta di Antonio Pirolli, coadiuvato dal Coro istruito da Roberto Gabbiani nell'altrettanto impegnativo canto variegato, allacciato alla mutevole azione psicologica del dramma. Molto convincente lo spettacolo di Nicola Berloffa: pulito, essenziale, dominato dai praticabili nevosi che ricordavano i gessi dello scultore svizzero Not Vital (scene di Fabio Cherstich, costumi di Valeria Donata Bettella).
Distribuzione largamente felice intorno al tenore Carlo Ventre che ha sostenuto con dignità l'ingrato ruolo di Hagenbach e alla solida Eunhee Maggio: ottimo padre Strommiger (Gabriele Sagona); possente Gellner (il giovane baritono Youngjun Park): puntuale la lirica vocalista Eleonora Bellocci nel figurino dello spasimante en travesti (Walter): ben caratterizzato da Romano Dal Zovo il Pedone sempre-brillo di Schnals.
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