«Lui nun aveva mai lavorato, mai, mai, mai! Quindi nun ciaveva l'abbitudine. Noi ji dicevamo: Guarda che pure quanno che fai l'attore è 'n lavoro!. Ma lui gnente, diceva che 'r lavoro è solo quanno che nun ti piace quello che fai come lavoro. Se ti piace nun è più lavoro, ma passione co' la differenza che ti pagheno». A parlare è Sorciosecco, sapete chi è Sorciosecco? Come dice il nome è un topo, partorito dalla fantasia di Claudio Gregori, meglio conosciuto come Greg, il Greg della geniale coppia di Lillo & Greg, il genio di Lillo & Greg (sebbene anche Lillo sia bravissimo, beniniteso, e insieme siano formidabili).
È appena uscito in libreria il suo romanzo Il mio nome è Sorciosecco, edito da Baldini & Castoldi, storia di un topo romano che di mestiere fa il rapinatore in una banda quanto mai immaginifica di sgangherati compagni animali: Nasone, Gattabuja, Giraffa, Paperello, Rana e molti altri. Sorciosecco, il cui hobby è dipingere figurine («ce passo le ore a dipignele, tutto preciso, preciso. Me rilassa. E nun m'emporta se nessuno me paga pe' dipignele. Invece se vado a rapinare una banca o una gioielleria e nun pijo i sòrdi rosico a manetta!», è specializzato nel fare scippi, ma non è sicuro che sia illegale. «Vojo dire che io mozzicavo sortanto la borza e questo nun è mica reato. Nun ce sta scrotto da nessuna parte che uno nun può mozzicare una borza, no? Se poi la signora strilla e te lascia la borza sono fatti sua, è una sua decisione».
Dentro la storia di Greg, tra una rapina e l'altra, tra un'avventura e un rosicamento, c'è tutta una visione del mondo tragicomica, in un romanesco abborracciato, perché Sorciosecco si sforza di parlare italiano. Non ci riesce benissimo ma ci prova, in uno slang romano tutto suo. Inoltre, pur frequentando una combriccola di animali criminali, a Sorciosecco non vanno a genio tutti, e i molti modi di leggere questo libro c'è anche un esilarante bestiario sparso per le pagine.
I cani, per esempio, pensano sempre le stesse cose: alla cacca e a mangiare. «Nun ti dico che devi da parlare dei massimi sistemi, ma un minimo di salotto nun è che mi dispiace. Invece i cani continuano 'mperterriti pe' la loro strada: Quanno se magna? Devo fare la cacca! A che ora è la pappa? Mo' faccio la cacca! E poi abbaiano sempre! È proprio 'no stress quando ce parli! No, no, nun fa per me». A Sorcisecco invece piacciono i gatti, perché dormono sempre, e se non dormono «magari, se je gira, se fanno 'n giretto smangiucchiano qualcosa se strusciano addosso a' n'parafango e se fanno du' chiacchiere de' filosofia co' n'altro gatto». I gabbiani? Sono stupidi. «Cioè, ar mare è 'n conto, ce ponno pure stare, tanto un ar mare ce va quanno è estate e se je va. Ma 'città nun servene proprio a gnente».
Gli insetti, non ne parliamo, nella filosofia etologica di Sorciosecco occupano l'ultimo posto: «So' spropositati e viveno una vita tutta loro, storti, accartocciati, strani, pieni zeppi di zampette, antenne, peli e alucce. Te sembrano tutti tosti e corazzati, ma li spiacchichi come gnente». E poi le zanzare, «che poi, fosse solo pe' la puntura, vabbeh, manco le senti. No, le zanzare te vogliono fa' sapere che te stanno pe' puncicare. Te vengono vicino all'orecchio e te fanno zz-zz-zz, così te sveji e ar bujo nun sai quanno te puncicheranno. Inutili e rompicojoni!».
Non prendetelo per un libro per bambini, sebbene potrebbe anche esserlo, potreste leggerlo ai vostri figli e riderne anche voi. Piccolo retroscena editoriale, perché l'ho vissuto di persona: il testo è stato rifiutato da Bompiani perché non abbastanza commerciale (e cosa sarebbe commerciale? Casomai è un commerciale intelligente). Altro paradosso: l'autore non gradiva essere pubblicato per Mondadori perché sarebbe parso troppo commerciale, a lui piacciono le nicchie raffinate. Chi ci si è fiondata subito? Elisabetta Sgarbi.
Di certo è difficile staccarsi da Sorciosecco, io fossi Elisabetta Sgarbi lo candiderei al Premio Strega per sbaragliare quei morti di sonno che solo a sentire i titoli sbadigli: c'è più profondità in Sorciosecco che in chi fa il profondo di carriera, in venti centimetri di pozzanghera del Ninfeo per potersi bere davanti agli zombi un liquore che non beve nessuno se non lì, il simbolo della medietà, della mediocrità letteraria.
Io lo candiderei non solo perché il romanzo è strepitoso, ironico, esilarante, ma anche perché Greg non è un comico come altri, è un artista unico nel suo genere, fumettista, musicista, attore di cinema e di teatro, e qui, come scrittore, ha sfornato un piccolo pasticciaccio gaddiano scritto da un topo. Mica poco.
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