Il bimbo sta male e papà Morrone smette di giocare

Il derby emiliano, uno dei due o trecento derby emiliani, finisce tutto in zero, senza gol e senza gemme da ricordare. Eppure questa tristissima Bologna-Parma passerà alla storia come partita clamorosamente emozionante, perchè introduce nel mondo del calcio, troppe volte segnato da aridità e cinismo, una grande innovazione: l’umanità.
Nell’intervallo il momento migliore del match. Mentre le squadre bevono il tè, i dirigenti del Parma apprendono che a casa di Morrone, il capitano, stanno vivendo momenti di autentico terrore. Il figlio più piccolo, sei mesi appena, diventa improvvisamente cianotico. Più o meno tutti sappiamo quale livello di spavento si raggiunga quando un neonato non respira più. Una poppata di traverso, un oggetto ingoiato: basta una svista o un sfortunata circostanza e la situazione più banale può trasformarsi in un incubo, non resta che correre all’ospedale, sperando di fare in tempo...
Mentre la moglie di Morrone vive i minuti più lunghi della sua vita, la notizia arriva allo stadio di Bologna. Il direttore generale Leonardi ne parla con il tecnico Donadoni. In casi come questo, altre volte il mondo dello sport - non solo del calcio, bisogna dirlo - ha brillato per la sua inossidabile ottusità: al grido the show must go on, difficile trovare il coraggio e la sensibilità per far prevalere i richiami dolorosi della vita vera. Si ricordano gare e partite proseguite come se niente fosse, mentre a bordocampo o a bordopista si consumavano tragedie. Un altro classico del settore è “lasciare tranquillo l’atleta“, tenendolo all’oscuro delle notizie più nere fino al termine della competizione, “per non turbarlo inutilmente“.
Follie. Ipocrite follie. Ci sono momenti in cui qualunque manifestazione, per quanto importante, torna al suo livello più infimo di insignificante gioco, se confrontata con certe dolorose vicissitudini personali. Nello spogliatoio del Parma lo colgono subito. Leonardi e Donadoni non esitano: il bambino di Morrone prima di tutto. Prendono da parte il capitano e delicatamente lo avvertono di quanto sta accadendo a casa. Cambiati, corri a Parma, accanto alla tua famiglia. Spiegherà poi Donadoni: «Mi è sembrata la cosa più opportuna: la moglie del giocatore era molto preoccupata e impaurita, credo che avere al fianco il marito fosse per lei la cosa più giusta».
E’ un ragionamento normalissimo, ma in certe situazioni e in certi ambienti suona eccezionalmente ricco di significati. Improvvisamente, per l’angoscia familiare di un giocatore, il calcio dà il suo sentito benvenuto alla pietà e alla compassione. Poi, per fortuna, arriva anche il giusto premio: ricoverato in terapia intensiva, il piccolo Morrone, questa ignara creatura che ha già saputo insegnare qualcosa al mondo dei grandi, si riprende e fa tirare a tutti il fatidico sospiro di sollievo (il suo, fisicamente, è il più bello di tutti).


Ci sarà pure qualcuno, nell’ambiente dei duri, che stamattina commenterà secondo i canoni del machismo ortodosso: quante storie per un rigurgito, se tutti dovessimo abbandonare le partite ad ogni singhiozzo di bimbo... A loro, agli inguaribili, l’indifferenza che si meritano. Al Parma l’applauso di tutte le curve: la sua azione negli spogliatoi cancella lo zero del campo. Umanità batte cinismo di goleada.

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