Blitz del sindaco di Prato, oscurate le insegne cinesi

Blitz del sindaco di Prato, oscurate le insegne cinesi

RomaScale a pioli, teli neri, rotoli di scotch e via: centinaia di insegne cinesi impacchettate, oscurate, spente. Prato, provincia di Beijing. Lui, Roberto Cenni, neosindaco del Pdl di Prato, l’aveva promesso in campagna elettorale: tolleranza zero contro l’illegalità, tutta l’illegalità. Ma siccome qui, terra di ribollita e Chianti, da anni predominano le zaffate di soia e di riso cantonese, il braccio di ferro si fa contro gli occhi a mandorla. Plato, più che Prato: la più grande Chinatown d’Italia è qui anche se i numeri traballano. Quanti siano i cinesi nessuno lo sa, forse 20mila, forse anche di più. Ma di certo gli italiani si sentono stranieri in casa loro. Dallo Zhejiang, regione a vocazione tessile, sono piombati qui e hanno colonizzato tutto: case, uffici, capannoni. I pratesi a vendere i loro appartamenti, i cinesi a comprare a suon di dollari, rigorosamente cash. E poi negozi, botteghe, insegne e luminarie: Chikako, Harukichi, Mayako al posto di tintoria, alimentari, cartoleria e via ideogrammando. Così, Cenni ha ripescato un regolamento comunale ed è partito con i blitz. Prima i controlli in quel formicaio di negozi cinesi, poi le multe, infine l’imbustamento. D’altronde la legge parla chiaro: le insegne devono essere scritte anche in italiano. I commercianti hanno dieci giorni per mettersi in regola traducendo i loro cartelloni altrimenti sarà rimozione. I numeri parlano di oltre 250 sanzioni e multe per un ammontare di 72mila euro.
E la sinistra che fa? Il militante arriccia il naso e si sfoga principalmente sui blog, un po’ per partito preso visto che il sindaco è di centrodestra: «Soluzione idiota e razzista. E adesso che facciamo? Oscuriamo pure le scritte Bed&Breakfast, Outlet, Pc Store o McDonald’s?». Questa la base. I vertici, invece, per lo più tacciono imbarazzati. Già, perché quel regolamento che tanto fa inorridire i pratesi piddini è figlio delle giunte precedenti, tutte di sinistra. Nello specifico, nel testo approvato lo scorso aprile dal governo della città guidato da Marco Romagnoli (Pci-Pds-Ds-Pd) un articolo parla chiaro: tutte le insegne devono essere tradotte e l’italiano deve essere la lingua prevalente negli spazi e nelle dimensioni del messaggio pubblicitario. Non solo. In prima linea a combattere la battaglia della legalità c’è l’assessore alla sicurezza urbana Aldo Milone: l’unico amministratore transitato dalla giunta di centrosinistra a quella di centrodestra. Ex poliziotto, ex funzionario Sisde, è sempre stato l’uomo dal pugno di ferro contro illegalità e immigrazione. E ora esulta: «La legge è la legge».
E l’esperienza di Prato piace a Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio che annuncia al Giornale: «Avanzerò la proposta sia a livello governativo che parlamentare affinché la norma sia estesa a tutto il territorio nazionale.

Giustamente nei nostri ospedali ci sono scritte in italiano, in inglese e in arabo; mentre esistono interi quartieri dove non si trovano scritte nella nostra lingua: è un problema di mancata integrazione ma anche di sicurezza».

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