L'operazione si ripete una volta al mese: tecnici ed archeologi si danno appuntamento nella palazzina al centro di Bolzano che ospitava un tempo la Banca nazionale austro-ungarica e oggi è sede del Museo Archeologico.
Bardati come chirurghi impegnati in un intervento ad alta quota, entrano nella cellula frigorifera che ospita Ötzi, e, con la circospezione che si dedica alle porcellane più fragili, lo cospargono di acqua distillata. La temperatura costante è di 6 gradi sotto zero, l'umidità del 97/98%. I parametri vengono visualizzati su uno schermo e tenuti sempre sotto controllo, in modo che sul corpo dell'uomo del Similaun si formi uno strato di ghiaccio trasparente, destinato a durare fino al mese successivo. «È considerato il miglior metodo di conservazione e in qualche modo ripete il microclima del ghiacciaio che l'ha preservato per più di 5mila anni», spiega Günther Kaufmann, archeologo del Museo.
IL CORPO E GLI EQUIVOCI
Ötzi, la mummia più coccolata e studiata della storia, compie in questi giorni 30 anni della sua nuova vita. Risalgono al settembre e all'ottobre del 1991 la scoperta, ai margini del ghiacciaio del monte Similaun, sul passo che divide la Val Senales e la Ötztal, e i primi incerti studi, che fecero intuire la portata del ritrovamento. Nel frattempo Ötzi (il nomignolo si deve a un giornalista austriaco) si è trasformato in un'icona nota in tutto il mondo e in un'attrazione turistica: prima del Covid viaggiava a una media non lontana dai 300mila visitatori l'anno. Gli studi effettuati sul suo corpo hanno dato uno scossone a tutte le conoscenze che si consideravano acquisite in campo archeologico, spostando tra l'altro indietro di almeno mille anni l'inizio dell'età del rame.
Eppure, almeno all'inizio, la fortuna del ritrovamento si sposò all'assoluta incomprensione del suo significato. Era il 19 settembre quando due turisti tedeschi di Norimberga si avventurarono a 3200 metri di quota, in una zona poco battuta dagli escursionisti. L'estate era stata molto calda, i ghiacci si erano ritirati più del solito. Anche per questo, una volta trovato il corpo, si pensò a un alpinista disperso o addirittura a qualche soldato della Prima guerra mondiale. Nulla che andasse molto oltre l'ordinaria amministrazione.
Secondo la cronaca passata agli annali, almeno quella dei giornali di lingua tedesca, le autorità italiane non sembrarono particolarmente ansiose di occuparsi di quella che pareva una «grana» come tante altre. Così, anche se il corpo era al di qua del confine, a intervenire furono gli austriaci. I quali peccarono, al contrario, per eccesso di entusiasmo: visto che il maltempo incombeva, con il ritorno della neve e del freddo, e che il corpo era per metà ancora imprigionato in uno strato di ghiaccio impenetrabile, qualcuno pensò di risolvere il problema con un martello pneumatico. Il risultato fu che alla preziosissima mummia, una mummia umida, che ha permesso di studiare tessuti come fossero ancora viventi, fu maciullato un fianco. Anche dopo il trasferimento del corpo a Innsbruck la comprensione in un primo tempo non migliorò: la prima ipotesi fu quella di fare una normale autopsia, come quella che si fa nei casi di omicidio o per gli incidenti stradali.
SCIENZIATI IN GARA
Solo un po' alla volta si capì chi ci si trovava di fronte e nell'estate del 1992 sul ghiacciaio andarono gli archeologi che riuscirono a recuperare buona parte del corredo (armi e vestiti, una gerla da trasporto) della mummia.
Da lì in poi fu un'apoteosi mediatica e una gara tra i team di scienziati desiderosi di mettere le mani sull'unico uomo preistorico sopravvissuto praticamente intatto fino a noi.
Nel 1998 Ötzi fu trasferito a Bolzano, nel 2001 le analisi radiologiche consentirono di individuare la punta di freccia nella spalla sinistra, fino a quel momento non individuata, che aveva reciso un'arteria e che al massimo in un paio d'ore dovrebbe averne procurato la morte. Dieci anni dopo è stato isolato il suo patrimonio genetico e vari studi hanno poi consentito di fare luce sul suo stato di salute e sulle sue ultime ore (vedi anche il grafico in queste pagine; ndr). Si è scoperto che aveva tra i 45 e i 50 anni (analisi ancora più precise si spingono ad affermare che ne aveva 46), una bella età per un uomo preistorico; che aveva parecchi malanni, ma anche una muscolatura agile e ben sviluppata. Sulla base di tutti gli studi effettuati, alcuni specialisti olandesi hanno realizzato una ricostruzione il più possibile realistica dell'aspetto di Ötzi (è quella che figura nella pagina precedente).
«In generale, dal punto di vista scientifico uno dei maggiori portati delle ricerche è una nuova prospettiva sul rapporto tra eredità ed ambiente», spiega Albert Zink, direttore dell'Istituto per lo studio delle mummie di Bolzano e docente di Antropologia biomolecolare all'Università di Monaco, uno degli uomini che più ha studiato la mummia. «L'uomo dei ghiacci aveva una dieta sana ed equilibrata e una vita di movimento, eppure aveva per esempio segni vistosi di calcificazioni arteriose. La consideravamo una degenerazione propria degli ultimi 150 anni».
LE PROSPETTIVE FUTURE
In tutti i casi l'uomo del Similaun ha ancora, secondo Zink, molto da dire: «Le tecniche si evolvono e offrono sempre nuove possibilità. In questo momento alcuni dei nostri ricercatori stanno studiando il microbioma di Ötzi, l'insieme dei microorganismi, dai funghi ai batteri, che convivevano in simbiosi con il suo corpo. In linea di massima abbiamo riscontrato una maggiore varietà rispetto alla situazione attuale. Bisogna capire quali sono le conseguenze sulla salute umana di questa evoluzione».
Un apporto importante alla ricerca l'ha dato anche il materiale, dalle armi ai vestiti, trovati con Ötzi. L'ascia per esempio, aveva una lama di rame (legata al manico da tendini animali e da pece). Si pensava che il metallo arrivasse da una zona tra i Monti Lessini e il lago di Garda. E invece analisi più approfondite hanno dimostrato che arrivava dal sud della Toscana. Anche questa una scoperta che ha fatto riesaminare tutto quello che si riteneva di sapere su mobilità e commerci in epoca preistorica.
Sempre l'ascia è uno degli indizi più studiati per cercare di capire perché Ötzi sia morto e perché si trovasse a una quota così alta. Per la tecnologia del tempo era una specie di super-arma. Ma l'assassino o gli assassini non si sono preoccupati (o non sono riusciti) a recuperarla. Altrettanto significativa la ferita alle dita della mano destra di un paio di giorni prima della morte. In base alle ricerche effettuate l'uomo del Similaun viveva in val Venosta o addirittura in val Senales, non lontano da dove è stato ritrovato. Con tutta probabilità ha avuto uno scontro fisico con uno o più avversari a fondo valle e poi è stato costretto a darsi alla fuga. Tutto il resto, le ipotesi, le congetture, fa parte della fascinazione che circonda l'uomo dei ghiacci, ma è destinato, salvo clamorose sorprese, a rimanere un mistero.
BUSINESS IN ARRIVO
Anche questo contribuisce a mantenere vivo l'interesse intorno alla sua figura. Di cui, in tempi recenti, si è iniziato a parlare anche in termini di business. La premessa è che il Museo dove Ötzi è ospitato è ormai insufficiente, sia quanto a spazi espositivi, sia quanto a capacità di accogliere i turisti. La provincia di Bolzano ha iniziato a fare ipotesi su una nuova sistemazione avviando uno studio sulle possibili alternative, terminato qualche mese fa, e su cui ora bisogna prendere una decisione.
Nel frattempo nella partita ha gettato tutto il suo peso il miliardario René Benko, nato a Innsbruck, il più importante immobiliarista d'Austria nonché re dei grandi magazzini tedeschi (ha la maggioranza della catena Karstadt).
Ha proposto di costruire sul Virgolo, la collina che guarda Bolzano, una sorta di parco divertimenti con Museo Archeologico, Auditorium, centro commerciale e ristoranti. Il complesso sarebbe collegato al centro città da una nuova funivia. E al centro di tutto ci sarebbe lui, Ötzi.
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