Torino, l’altro ieri sera, verso le dieci e mezzo. Nel silenzio di via Tollegno, nel quartiere Barriera di Milano, periferia nord est della città. Un ordigno esplode di fronte a una chiesa: la deflagrazione non compromette la struttura dell’edificio, né i fabbricati adiacenti, ma il boato è sufficientemente forte da danneggiare la facciata esterna e far scoppiare le vetrate del luogo di culto; una pioggia di migliaia di frammenti di vetro si riversa in strada mentre i primi volti atterriti degli abitanti della zona appaiono alle finestre.
Per alcune ore l’attività febbrile degli agenti della sezione volanti si muove a 360 gradi. Si prendono i rilievi, si ascoltano testimoni, si spulcia l’elenco dei casi analoghi precedenti, si verifica, con l’appoggio dei vigili del fuoco, che non sia stata una fuga di gas. Poi, dopo la visione dei filmati delle telecamere di sicurezza della stessa chiesa e di un’industria vicina, una dopo l’altra le ipotesi investigative più inquietanti cadono: non è stato un avvertimento, non è stata una vendetta; non è opera di terroristi, non c’è dietro la mano della criminalità organizzata. La Torino che sabato notte è andata a dormire con la paura di essere diventata bersaglio di qualche pazzo dinamitardo si risveglia domenica mattina e scopre di essere, e da quasi trent’anni, dimora di assurdi balordi.
«Volevamo fare solo uno scherzo, per divertirci un po’, non pensavamo di certo di fare danni gravi né di essere arrestati». Questa, tra stupore e pentimento, la paradossale difesa dei quattro giovani finiti in manette per l’esplosione di fronte alla chiesa della parrocchia Gesù Operaio. Esplosione generata da una bomba carta, che i quattro hanno autonomamente assemblato con la polvere da sparso recuperata da alcuni petardi comprati al mercato cittadino di Porta Palazzo. Una bravata. Una bravata che ha gettato nel panico il parroco della chiesa, don Alberto, e le centinaia di famiglie che vivono nei pressi della chiesa. Una bravata già di per sé imperdonabile a dei ragazzini, inconcepibile se operata da adulti fra i 24 e i 30 anni; quattro adolescenti a scoppio ritardato che ora devono affrontare le accuse di danneggiamento aggravato (perché fatto ai danni di un edificio di culto), detenzione di esplosivi ed esplosioni pericolose. Un bel carico di accuse per studenti o lavoratori incensurati, che per ravvivare il sabato sera hanno pensato bene di «divertirsi un po’» con la polvere da sparo; e che dopo lo scoppio sono saliti allegri sul pullman privato affittato, con altri 30 giovani, per andare in discoteca, liberi di alzare il gomito senza dover poi preoccuparsi di mettersi alla guida da alticci. Prudenti da un lato, incredibilmente immaturi e incoscienti dall’altro.
«Le persone che ho incontrato erano molto scosse per quanto è accaduto - ha dichiarato don Alberto Chiadò, che ha dovuto spostare in sistemazioni di fortuna le funzioni di ieri mattina
-. La gente è stufa di chi, pensando di divertirsi un po’, procura allarme e causa problemi. Questa volta i danni sono stati soltanto materiali, in tanti altri casi i gesti scriteriati portano conseguenze alle persone».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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