In Borsa il titolo della società d’investimenti ai massimi dell’anno: 3,87 euro. Cede, invece, il Lingotto. S&P: «Meglio le banche nel capitale torinese» Fiat, faro della Consob sul blitz dell’Ifil La commissione chiede informazioni a holding e Sapa

Marchionne: «Dalla famiglia un segnale forte che dà fiducia e incoraggia»

Pierluigi Bonora

da Milano

La Consob punta i fari sull’Ifil. L’organo di controllo della Borsa ha messo nel mirino la complessa operazione finanziaria con cui la holding si è assicurata il mantenimento del controllo della maggioranza del gruppo Fiat al 30,6% del capitale. Una richiesta di chiarimenti è partita in direzione di Ifil e Giovanni Agnelli & C, come integrazione della nota ufficiale diramata dalla holding l’altra notte. Sembra che in viale Matteotti siano pronti a fornire tutte le informazioni già da oggi stesso, in anticipo rispetto al termine di lunedì mattina posto dall’Autorità.
I dubbi della Consob riguarderebbero, in particolare, le date dell’operazione. L’autorità della Borsa intenderebbe fare luce sui movimenti del titolo Fiat negli ultimi mesi e sui tempi dell’operazione condotta con il contributo di Merrill Lynch. A storcere il naso sarebbero state alcune banche visto il prezzo (6,5 euro ad azione, per complessivi 535 milioni di euro) pagato da Ifil alla finanziaria lussemburghese Exor, decisamente inferiore a quello che devono sborsare gli istituti futuri azionisti (10,28 euro) in base a quanto previsto dal contratto di convertendo del settembre del 2002. La differenza di quasi 4 euro a titolo non sarebbe stata gradita da qualche istituto. Il segnale che viene dalla famiglia Agnelli, fanno comunque notare alcune fonti bancarie, è un segnale positivo: evidenzia che gli Agnelli puntano sul rilancio del Lingotto. Così le strategie delle banche che il 20 settembre entreranno nell’azionariato della Fiat seguiranno strade differenti.
All’indomani del consiglio di amministrazione che ha deciso di compensare gli effetti diluitivi del convertendo sulla quota in mano all’Ifil, il titolo del Lingotto ha chiuso con un ribasso del 3,29% a 7,475 euro e scambi elevati, pari a 46 milioni di pezzi (circa il 5,7% del capitale) contro una media giornaliera dell’ultimo mese di 16,2 milioni. In compenso, la holding guidata da Gianluigi Gabetti ha invece messo a segno un progresso del 2,07% a 3,77 euro, dopo aver toccato il nuovo massimo dell’anno a 3,87 euro. Sull’azione non ha pesato la notizia che Standard & Poor’s ha posto sotto osservazione con implicazioni negative il rating di A- sul debito a lungo. «Siamo preoccupati del fatto che, dopo l’investimento annunciato, la quota Fiat occuperà il 48% del portafoglio di partecipazioni di Ifil», ha commentato l’analista di S&P, Xavier Buffon, nel comunicato dell’agenzia. «Questo - ha aggiunto - incrementerebbe sia la concentrazione del portafoglio dell’Ifil sia l’esposizione verso il merito di credito di Fiat, riducendo allo stesso tempo la liquidità complessiva del portafoglio». Sempre S&P avrebbe visto con maggiore favore una presenza più forte delle banche nel capitale del Lingotto perché, come ha rilevato Nicolas Bauduin, «se per Fiat si presentasse un problema di liquidità sarebbe meglio avesse alle spalle dei soci bancari, dal momento che l’Ifil ha meno mezzi delle banche».
La mossa della holding, secondo l’agenzia, «non avrà implicazioni negative sul giudizio della Fiat».

Intanto la decisione degli Agnelli di non mollare la presa sul gruppo industriale è stata accolta positivamente dal presidente della Fiat, Luca di Montezemolo («l’operazione dimostra la vitalità e il senso di responsabilità del capitalismo familiare») e dall’amministratore delegato Sergio Marchionne («è un segnale forte e determinato che incoraggia e dà fiducia»).

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