Borse del Golfo, il crollo colpisce al cuore

Il marzo nero dei listini ha provocato una serie di attacchi cardiaci e infarti

da Milano

L’ira di Allah si abbatte sulle Borse di Arabia Saudita e Kuwait e si materializza attraverso quel «profondo riaggiustamento» - più semplicemente un «marzo nero» - che ha scatenato il panico tra gli investitori. Risultato: una serie impressionante di attacchi cardiaci e, in molti casi, veri e propri infarti. Sembra che a Riad e dintorni non ci sia un letto libero nelle varie unità coronariche...
In Kuwait sono state addirittura organizzate manifestazioni per costringere il governo a intervenire a sostegno della Borsa, aumentando i pacchetti controllati dalla Kuwait Investment Authority in diversi fondi d’investimento.
E sulla crisi della Borsa scoppiano dibattiti, con relativi scambi di «luttuose» esperienze personali, anche nelle «chat-rooms» saudite. In particolare un’investitrice, Shaida Mohamed, a dispetto delle fragili coronarie degli investori, ha raccontato di aver perso in Borsa la scorsa settimana 5 milioni di riyal (oltre un milione di euro), aggiungendo però di non essersi fatta prendere dal panico: avida quanto basta, di cuore ce n’è uno solo...
Sempre via Internet, si fa largo il «profeta» sotto le spoglie di un tale Nawaf, pronto a sentenziare che «l’avidità è contraria ai precetti dell’Islam. Gli investitori devono essere pazienti e agire secondo la volontà di Dio».
Sulla rete Tv satellitare Al-Arabiya sono inoltre andati in onda programmi e notiziari per discutere delle ripercussioni del «crollo» della Borsa sulla società saudita.
Blair Look, responsabile della gestione patrimoniale nella società d’investimenti Al Mal Capital, ha spiegato che «alti e bassi nei mercati finanziari regionali sono una combinazione di fattori quantitativi e qualitativi, entrambi irrazionali.

Alcune compagnie e investitori vendono i loro titoli senza ragione, oppure per comprare nuovi titoli in nuove società appena quotate, provocando contraccolpi. Sembra che ci siano molti speculatori che stanno cercando di costringere i piccoli risparmiatori a svendere le loro azioni».

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