Boss e insospettabili, 160 arresti Le mani delle cosche sugli affari

Interessi della criminalità su tutte le partite edilizie più importanti della città Expo, City Life, Portello ma anche cantieri di tribunale e polizia municipale

Boss e insospettabili, 160 arresti 
Le mani delle cosche sugli affari

Ci sono molti modi per fare affari. Ma ce n’è uno più sicuro degli altri. E a spiegarlo sono loro, i calabresi. La Lombardia è una torta gigantesca. Che non va divisa. "Perché se oggi non c’è più nessuno che ti rompe i coglioni - se la raccontano al cellulare - c’è un motivo, no? Non è perché sei bello, ricco e famoso". No. Se la concorrenza è azzerata, e perché la ’ndrangheta ormai è parte integrante del sistema. È, per usare le parole del gip Giuseppe Gennari, «un fenomeno socio-culturale prima che criminale». Ed è per questo che le cosche hanno allungato i tentacoli ovunque ci fosse profumo di affari. I grandi cantieri, le tangenziali, Expo. Ecco, il 2015 è la fetta più grande su cui il mandamento del Nord ha messo gli occhi. Da tempo.
Il boss Salvatore Strangio, arrestato ieri, lo dice apertamente al telefono in una conversazione del 25 aprile del 2009. «Il primo lavoro dell’Expo al novantanove per cento lo prende la Perego». Ossia, l’impresa Perego General Contractor, riconducibile alla cosca Strangio. Una società che - direttamente o indirettamente - mantiene 150 famiglie calabresi. E quello che emerge dalla maxi operazione di ieri - che ha portato alla luce qualcosa come 500 persone affiliate alla ’ndrangheta in Lombardia, organizzate in 15 raggruppamenti distributiti su tutto il territorio - è che gli appetiti della criminalità organizzata puntano ai milioni di euro che le grandi opere della regione mettono sul banco. È Ivano Perego che spiega di essere appoggiato bene politicamente e di aver fatto una cena anche con molti industriali di Milano per organizzare l’Expo. «E ora - commenta il procuratore aggiunto Ilda Boccassini - vedremo come si comporterà la classe imprenditoriale nella gestione delle imprese».
Ma gli affari delle cosche spaziavano su tutto il territorio lombardo. La Perego, infatti, era presente nei cantieri per City Life, del Portello, per la realizzazione di un nuovo centro industriale a Orsenigo, per il Quartiere Mazzini, per l’area ex Ansaldo. Ancora, ha lavorato alla realizzazione del nuovo edificio da adibire a struttura giudiziaria, proprio alle spalle del tribunale, del deposito automobilistico Atm e persino della Polizia municipale. I boss, poi, avevano puntato al tunnel sulla tangenziale di Rho. Un maxi-progetto da 2 miliardi di euro per realizzare una galleria di 14,8 chilometri destinata a collegare due zone opposte di Milano. "La Perego - commentano due affiliati - deve fare il collegamento di Rho. È un lavoro grosso. Noi non ci perdiamo".
E poi, ovviamente, c’è lo smaltimento dei rifiuti e delle terre dei cantieri. Là dove tutto è iniziato. Il controllo del movimento terra da parte della ’ndrangheta in Lombardia è pressoché totale. Un dominio acquisito grazie a metodi di intimidazione mafiosa, e a prezzi fuori mercato. Con enormi costi ambientali. Qualsiasi norma sulla sicurezza ambientale viene violata.

I materiali di demolizione non vengono selezionati e smaltiti secondo quanto previsto dalla legge. Amianto, idrocarburi, sostanze chimiche. Tutto mescolato e nascosto sotto il tappeto di un territorio di cui le cosche si sentivano padrone.

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