Bossi: no a patti con chi è contro il federalismo

da Roma

Aveva aperto la porta del dialogo, almeno uno spiraglio, la settimana scorsa: era «l’Umberto» tattico, «l’Umberto» di manovra. Per sondare il terreno, alla sua maniera. Qualunque fosse l’intenzione, e qualunque fosse la possibilità reale di dialogo, ieri Umberto Bossi ha abbassato la serranda: «Noi non possiamo fare accordi con quelli che sono contro il federalismo»: un messaggio chiaro, affidato ad una intervista pubblicata dal Quotidiano Nazionale. Questa volta il Senatùr dice chiaramente che non ritiene possibile dialogare con la sinistra su riforme e federalismo.
Alla domanda su cosa succederebbe se al referendum del 25 giugno vincesse il no, infatti, il leader del Carroccio ha replicato: «Il Nord la prenderebbe male, molto male. Ma noi andremmo avanti comunque, quella del federalismo è una battaglia che dovrò combattere fino in fondo». L'autrice dell'intervista chiede se sarebbe possibile cambiare alleati dalla Cdl all'Unione. E Bossi: «Io faccio quel che dice il movimento, io appartengo alla Lega. Pur riconoscendo molti meriti a Berlusconi, se il Consiglio federale mi desse un'indicazione diversa la seguirei». Altro atteggiamento classico del Bossi che contratta. Ma subito dopo, in perfetto stile cerchiobottista aggiunge una battuta, nel suo stile - un po’ freddina - su Massimo D'Alema.

Alla domanda se tra lui e il neo ministro degli Esteri ci sia un nuovo feeling, come nel '94-'95, risponde: «L'unico che non ha sentito parlare di questo sono io». E alla giornalista che insiste chiedendo se lui lo conosce bene, lo stima, si fida di lui Bossi replica: «L'ho sempre stimato. Fidarmi? Come può farlo un politico, sempre con la rivoltella carica in mano».

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