Botteghe etniche e negozi rari: ecco come rinasce via Padova

GLI IMMIGRATI «Ci alziamo alle sei di mattina per lavorare, qui non ci sono mostri»

C'è del bello in via Padova. Certo non è un paradiso. Ma neppure quella casbah periodicamente descritta dalla cronaca nera. Anzi, lungo i suoi tremila e 800 metri, da piazzale Loreto all'intersezione con il canale Martesana, sembra di essere in un paesone multietnico dove coabitano mestieri e artigiani milanesissimi che, oltretutto, praticano prezzi popolari per rimanere «in concorrenza» coi soliti cinesi. Sul suo asse si affacciano il parco Trotter, il parco Martesana e numerose realtà per il tempo libero come bocciofile, associazioni culturali, la sede della banda di Crescenzago.
A dare un colpo di scopa a tanti pregiudizi è il comitato Vivere in zona 2, che ha fornito dati strabilianti: su un totale di 438 attività commerciali, solo 101 sono gestite da immigrati, meno di una su quattro. A percorrerla di giorno è una strada viva (di notte è un'altra cosa, ma droga e prostituzione sono uguali qui come altrove). Non ci sono solo i Kebab. E i phone center, che tanto infastidiscono i milanesi per i capannelli di stranieri che si formano nelle loro adiacenze, sono diminuiti passando da 35 a 11. Moltissime le agenzie immobiliari (26) e di viaggi, le banche, le gioiellerie, le vetrine di ottica e di computer. Nell’abbigliamento non ci sono solo i cinesi con le loro mercanzie da pochi soldi, ma anche bei negozi made in Italy. I tanto vituperati parrucchieri etnici, con le loro tariffe stracciate, non «rubano» proprio nulla: attirano semmai quella fascia di anziane signore che comunque non entrerebbe in un salone italiano e pagare 30-40 euro per una permanente.
Numerosi i negozi di cucine, mobili, tendaggi, tappeti e complementi di arredo (14 punti vendita). In via Padova non mancano neppure le eccellenze. Al civico 12 c'è l'insegna Fiati e Percussioni. Un negozio per patiti di strumenti etnici. Al civico 74 spicca l'insolita insegna Elicotteri - Vendita-Ricambi-Assistenza: è un centro per aeromodellisti esigentissimi. Invece per maniacali cultori di hobbystica, giardinaggio e di utensileria c'è dal 1960 Labras Lattanzi. Al civico 77 si incontra un negozio di giardinaggio che, oltre a fiori e bulbi, espone piantine di insalata, radicchio e fragoline, pronte per essere trapiantate nell'orto. Invece ci si può perdere nel Supermercato della carta dei fratelli Merli, al civico 89, o nelle delizie della piccola gelateria Babagel di Giovanni Agostinelli. E dunque? Per il sociologo di turno il grosso problema di via Padova starebbe soprattutto nei racconti fatti a gente non del quartiere da persone anziane o a limitata scolarizzazione che mal sopportano la convivenza con gli stranieri. E loro, gli stranieri? Houssein, marocchino, muratore residente in zona, parla di una situazione «abbastanza tranquilla». «Qui non ci sono mostri - dice -, ma una grande parte della ricchezza di questa città: venite alle sei di mattina e vedrete quanti immigrati escono di casa per andare al lavoro». La presenza massiccia di extracomunitari si concentra più che altro nella prima parte della via, dal civico 20 fino al numero 100 che coincide con il ponte della ferrovia. E c'è un perché. In questo tratto sorgono immobili di tre, quattro piani che risalgono agli inizi del Novecento, alcuni dei quali molto malandati. Non mancano residenti italiani che trovano l'intera via Padova affascinante. «Vivo qui da cinque anni - dice Giuseppe, 36 anni, impiegato - e non ci trovo nulla di brutto. Anzi, la via è bella proprio per il suo carattere multietnico».

Gli fa eco Maria, 29 anni, grafica editoriale: «Mi piace salutare il commerciante cinese e informarmi sull'essenza di rose da usare per cucinare le pere cotte. Mentre aspetto il mio kebab, mi piace chiedere all'Internet point indiano quale sia la scheda più conveniente per chiamare quel tale amico che ho conosciuto a Dehli».

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