Landini, doppiopesismo su Elkann e Marchionne

Il segretario Cgil zitto sul presidente di Stellantis. Le critiche all'allora top manager di Fiat-Chrysler

Landini, doppiopesismo su Elkann e Marchionne
00:00 00:00

C'era una volta un lupo che è diventato un agnello. Ma se nella favola di Esopo i protagonisti sono due, nella realtà chiamata Italia convivono nella stessa persona: Maurizio Landini. Già, perché quando era ancora il capo della Fiom non c'era giorno in cui non sciorinasse stilettate nei confronti di Sergio Marchionne. Basta spulciare l'archivio per accorgersene: dal 2010 al 2016 è tutto un profluvio di bordate. «Il suo metodo distrugge le persone». «Dice cose inesatte e balle». «Ci chiede a quale albero impiccarci». «Paghi le tasse in Italia e non in Svizzera». «Ricatta il Paese». «Prende solo soldi pubblici». «Basta autoritarismo». «È sulla buona strada per l'inferno». «Promette e non mantiene». «Da lui solo fabbriche fantasma». Queste solo alcune delle invettive - molte delle quali sulle colonne di Repubblica o della Stampa - del capo delle tute blu contro l'allora ad di Fiat-Chrysler e poi di Fca. E fin qui qualcuno potrebbe quasi dire che tutto sommato Landini altro non faceva che il suo mestiere, cioè quello del sindacalista. Anche quelli erano tempi complicati, scanditi da un referendum su Mirafiori, dagli accordi di Pomigliano e Melfi e da cambiamenti sul modello organizzativo delle fabbriche. Poco a che vedere però con la cassa integrazione di oggi, col rischio chiusura degli stabilimenti italiani, con la crisi delle vendite, i blocchi della produzione e la cieca accettazione del paradigma del green deel. Che fine ha fatto il lupo Landini negli ultimi anni? Non pervenuto. Anzi, analizzando lo stesso archivio, emerge una inspiegabile metamorfosi camaleontica. Sapete fino a oggi quante dichiarazioni di Landini si possono trovare su Elkann? Nessuna. Il coraggioso e vulcanico leader della Cgil non ha mai osato rivolgere neppur un pensiero, figuriamoci un dissenso, nei confronti del presidente di Fca e di Stellantis poi, nonché editore dei quotidiani Repubblica e Stampa.

Basti pensare che un mese fa, quando Elkann si rifiutò di presentarsi in audizione in Parlamento per parlare del presente e del futuro di Stellantis, Landini fu l'unica voce afona, financo il Pd mosse una critica, seppur moderata, ma dal segretario Cgil invece nulla. Neppure un fiato. E la solfa non cambia tanto se la ricerca si sposta su Tavares. Dal 2020, anno di insediamento del portoghese come ad di Stellantis, si trova soltanto una sua dichiarazione nei confronti dell'oggi dimissionario. Era il 4 marzo 2021 e più che un attacco era un invito al governo affinché parlasse con lui per discutere del piano industriale. «Spero che Tavares metta al centro le persone sapendo che gli stabilimenti italiani sono sottoutilizzati e che sta cambiando la concezione e il contenuto stesso del prodotto.

Ma in un processo di questa natura, se vogliamo mettere al centro le persone, bisogna che il governo italiano, come hanno fatto altri, cominci a interloquire con Tavares rispetto al piano e al progetto che è sostanzialmente in grado di mettere in campo il più grande gruppo europeo venuto fuori dalla fusione». Insomma, un vagito da agnellino più che un ringhio di lupo. Dal 2021 ai giorni d'oggi poi soltanto il silenzio.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica