Bottiglie e bastoni contro la polizia Ma niente carcere

Patteggiano tre anarchici arrestati il Primo Maggio Pene fino a un anno e 10 mesi. Da scontare a casa

Bottiglie e bastoni contro la polizia Ma niente carcere

Non torneranno più in carcere. Tre dei cinque antagonisti arrestati mentre lanciavano bottiglie e un grosso masso di cemento contro gli agenti di polizia nel corteo «No Expo» del primo maggio scorso escono da quella brutta pagina di cronaca cittadina con condanne inferiori a due anni.

Un anno e dieci mesi per la 33enne Anita Garola e per Davide Pasquale, 32enne di Tortona; un anno e due mesi per Heidi Panzetta, 42 anni, di origine tedesca: queste le pene concordate dai loro avvocati con il pubblico ministero Piero Basilone e ratificate ieri dal giudice per l'udienza preliminare Roberta Nunnari. Davide Pasquale è l'unico dei tre che ha ottenuto la sospensione condizionale della pena, perché è il solo a non avere precedenti penali. «Lanciò un bullone trovato a terra», è stata la difesa del suo avvocato. Le due donne sconteranno invece la pena ai domiciliari.

Quel giorno in cui il centro di Milano fu messo a ferro e fuoco altri due manifestanti vennero arrestati in flagranza di reato: Mirko Leone, 27enne di Lodi per cui il processo, con giudizio immediato, è cominciato all'inizio del mese; e Jacopo Piva, quello che, secondo il suo legale, indossava la mascherina «per ripararsi dallo smog andando in bicicletta», che ha scelto di essere processato con rito abbreviato (garantendosi così lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna).

L'accusa, per tutti, è di resistenza a pubblico ufficiale aggravata dall'uso di oggetti atti a offendere. Cioè mazze, bastoni e pietre, gli stessi strumenti che, nella furia della protesta contro l'inaugurazione dell'Esposizione universale, furono usati anche per spaccare le vetrine dei negozi e sfasciare le auto parcheggiate nella zona tra via De Amicis, via Carducci, piazza Resistenza Partigiana e la stazione di Cadorna. Dal corteo partito alle 15 in piazza XXIV Maggio ci fu una parte dei manifestanti che si separò dal resto: casco in testa e sciarpa davanti alla bocca imbrattarono i muri (quelli che poi commercianti e cittadini civili andarono a pulire nei giorni dopo), lanciarono fumogeni, molotov e bombe carta. Portarono la guerriglia urbana in pieno centro, sotto case private dai cui balconi ci fu anche chi urlò: «vergognatevi» proprio all'indirizzo di quei blackblock. Milano così non si era mai vista, se non forse negli anni di piombo. Dopo le 17 dalla polizia partì una carica nei confronti del gruppo dei più violenti, che poi se la diede a gambe abbandonando sull'asfalto una lunga distesa di felpe nere, mazze, maschere antigas e caschi. Il travestimento.

Il sindaco Giuliano Pisapia in quelle ore concitate disse prontamente che bisognava «isolare, individuare, punire senza se e senza ma i delinquenti che stanno devastando Milano».

Twitter @giulianadevivo

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