"Non sono io quella persona lì". La scissione da se stesso apre l'intervista-monologo di Cesare Battisti. Quella che va in onda sulla televisione brasiliana Folha si avvicina molto a un'apologia del personaggio. Quel personaggio cui è stato concesso asilo politico in Brasile, dopo essere stato condannato in Italia all'ergastolo per quattro omicidi. L'ex terrorista dei Pac parla del passato, di quel periodo degli anni '70 in cui "un movimento rivoluzionario, fatto di milioni di persone, lottava con le armi o senza armi contro i regimi".
Lo scrittore prova a spiegare quello che pensa con una similitudine: "E' come se da un formicaio si prendesse una formica e le si desse la colpa di quello che è successo". In una parola sola: capro espiatorio. E' questo che si sente Battisti, una vittima. E se in quei famigerati anni '70 ha sbagliato, è pronto a fornire anche la giustificazione: "Sarebbe ipocrita e stupido negare le evidenze e i fatti di quegli anni. Io ero molto giovane e credevo di poter cambiare il mondo con le armi. Ma calma lì. Non siamo stati noi a prendere le armi per primi".
E chi furono secondo Battisti? "I regimi degli Stati che cominciarono a uccidere e quindi i movimenti rivoluzionari hanno accettato la provocazione e hanno risposto con le armi. I regimi non avevano la possibilità di distruggere i movimenti culturali ricchissimi di quell'epoca se non con la provocazione delle armi". Poco male comunque. Perché come dice Battisti in Italia c’era "quasi una guerra civile. Se me l’avessero ordinato, avrei ucciso. Per fortuna ciò non è mai successo, e non ho mai pensato fosse una via d’uscita".
Poi ecco che inizia il capitolo del vittimismo. "Io prima non ero nessuno, come mai dal 2000 l'interesse è piombato su di me e sono diventato il responsabile di tutto quello che è successo negli anni '70 in Italia?", si chiede lo scrittore. Arriva il momento della redenzione: "La mia principale attività adesso è uscire dal Battisti terrorista, ex terrorista. Non sono mai stato un terrorista, nessuno mi ha condannato per questo. La rivoluzione oggi è uno scherzo. Avevo 16 anni quando sono entrato nella militanza, non sono più la stessa persona. Se oggi continuassi ad essere un rivoluzionario sarei un’idiota. Ora voglio solo sistemarmi, avere una casa, perché oggi non sono in condizione di pagarmene una. Gruppi di appoggio di altri Paesi hanno fatto una colletta per me".
Per concludere, rispettando la regola cinematografica che vuole il lieto fine, Battisti parla del suo processo e della decisione brasiliana che ha negato l'estradizione in Italia: "Ogni volta che un ministro votava in mio favore, scoppiava l'ala. E' stato molto bello". Primo piano sugli occhi lucidi, mani poggiate sulle guance e il ritratto buono di Battisti è cosa fatta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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