Le liberalizzazioni, in economia, di per sé sono un bene. Bisogna vedere se il governo che le promuove, oltre a fare questo, fa o farà anche il resto che è necessario perché l’economia italiana sia favorita nel suo sviluppo.
Quando si liberalizzano settori dell’economia questo tende a fare aumentare la torta della ricchezza. La libertà, in economia, è una specie di lievito che fa crescere la torta perché ce ne sia di più per tutti. Per i ricchi e per i poveri, per gli imprenditori e per i consumatori. Fin qui la ricetta del cuoco Pierluigi Bersani.
In questo governo, però, di cuochi ce n’è anche un altro che si chiama Vincenzo Visco. Questo secondo più che esperto di lievito, è un esperto a tagliarla la torta perché pensa che la torta vada divisa. È più interessato a questo che a farla crescere: in altri termini, ritiene che la ricchezza vada redistribuita e che questo sia più importante che crearla. L’Unità di venerdì, in prima pagina recava un titolo che la dice lunga. Riferendosi alla manovrina varata dal governo (dopo inutili settimane di terrorismo psicologico) scriveva «Pagheranno i ricchi». Si notava un certo tono di soddisfazione così come lo si è notato spesso nelle parole del ministro Visco quando fa ciò che gli riesce meglio: un elenco di tasse da aumentare per punire i ricchi. Come si fa a mettere insieme questi due cuochi: il problema non è il carattere dei due, sono le ricette che messe insieme potrebbero far impazzire qualsiasi crema. Chiamiamola così.
Ma torniamo un attimo alle liberalizzazioni. Il governo le ha annunciate senza concertare alcunché dopo una intera campagna elettorale e anni di predica sulla necessità del ritorno alla concertazione. I sindacati usciti dal primo incontro col governo hanno detto che finalmente si tornava a concertare. Peccato che i sindacati stessi abbiano immediatamente proclamato un fermo nazionale dei taxi per l’11 luglio per protestare contro la liberalizzazione delle licenze. Non ci interessa discutere il merito, in questo momento, ci interessa di più notare la assoluta demagogia che regna in quello che i sindacati dicono e l’assoluta incoerenza che regna in ciò che fanno. Come andrà a finire non si sa. Vedremo.
Dunque dopo giorni e giorni nei quali Tommaso Padoa-Schioppa ha detto, insieme a Prodi, che la situazione dei conti pubblici era al disastro e che andava aggiustata, ha proposto un aggiustamento di 1,1 miliardi di euro. Un’inezia. Figuriamoci un percorso che metta insieme tutte queste cose. Prima il grido di dolore sui conti. Poi, come abbiamo detto, una manovra irrisoria, poi il pacchetto delle liberalizzazioni deciso con piglio decisionista non concertato e subito rigettato dal sindacato, per lo meno per le licenze dei taxi. Ancora prima gli annunci sugli aumenti delle tasse. Dov’è la logica di tutto questo? Come si mettono insieme le liberalizzazioni che dovrebbero favorire la circolazione della ricchezza e l’annuncio di nuove tasse che, comunque, qualsiasi fascia di reddito interessino, tendono a penalizzarla la ricchezza? Tommaso Padoa-Schioppa e compagni devono rispondere a vari soggetti e devono pagare qualche cambialuccia. Con le liberalizzazioni e con la manovrina pagano quella agli ex colleghi del ministro dell’Economia e a vari organismi economici internazionali che da tempo le chiedono.
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