C'è una grande differenza fra la presenza a Padova di Giotto, ai primissimi anni del Trecento, e quella dell'altro grande artista che vi arriva un secolo e mezzo dopo, Donatello.
Giotto lascia opere di inaudita grandezza, ma non crea una bottega, un seguito locale di allievi (Guariento, Giusto de' Menabuoi e Altichiero sono artisti autonomi che si rifanno al suo esempio); Donatello, invece, istituisce a Padova una vera e propria scuola, diffonde un mestiere rinnovato e un gusto che si instaurano immediatamente nell'ambiente locale. Se per la lezione di Giotto valeva la discontinuità, per Donatello prevale la continuità: per circa un secolo, dall'epoca umanistica a quella manierista, Padova diventa una capitale della scultura italiana, punto di mediazione tra influenze toscane e lagunari. Il fatto che si tratti prevalentemente di sculture di dimensioni ridotte non intacca affatto il senso di questa valutazione, evidenziando anzi la particolarità specifica della produzione locale.
Se da un certo punto di vista può sembrare che Padova assuma una posizione conservatrice rispetto agli sviluppi conosciuti dalla scultura dopo l'affermazione di Michelangelo, dall'altra dimostra una grande modernità nella concezione della scultura come oggettistica, pratica da realizzare e da utilizzare, a basso costo rispetto alla scultura monumentale. Padova sarà la capitale dei bronzetti per una germinazione del mestiere di Donatello.
La rivelazione, dopo l'iniziale scoperta di Wilhelm Bode, della terracotta con il San Lorenzo è un'occasione importante per tornare a riflettere sul grande scultore dopo alcune meno ponderate attribuzioni recenti, di fronte a un'opera certa, concepita immediatamente prima del suo soggiorno padovano. Donatello manifesta qui un misurato classicismo, in evidente rapporto con l'irenico Luca della Robbia. Ma per avvertirne la potenza trattenuta è sufficiente osservare il disegno della bocca, che esprime pazienza e determinazione, un'energia che è calma, meditazione, preparazione, in difesa della fede per cui ha accettato il martirio. La forza di Lorenzo è interiore, è certezza della presenza di Dio. Il suo volto può essere accostato a quelli di San Ludovico da Tolosa, del Gattamelata, del Davide, per l'eroismo della testimonianza: un vero e proprio specchio di un'anima, documento di sensibilità religiosa, e di integrità spirituale. San Lorenzo è pronto al martirio, con serenità e certezza dei valori per i quali ha testimoniato.
Qui inizia la rinascita: il busto è la traduzione moderna di modelli antichi, che esprimono fermezza e virtù, in una sconcertante semplicità, senza pose, atteggiamenti impostati, proclami di fede. La verità di Dio è semplice, la sua forza è evidente, implacabile, calma. Non occorre neppure esibire l'attributo del martirio. San Lorenzo può affrontare qualunque umiliazione, qualunque sacrificio, mantenendo inalterata la sua fede.
Nel libro di Zvi Kolitz Yossl Rakover si rivolge a Dio troviamo una descrizione della fede in Dio, utile a capire lo spirito di chi crede contro ogni avversità: «Il mio rebbe era solito raccontare la storia di un ebreo che era sfuggito con la moglie e il figlio all'Inquisizione spagnola, e con una piccola barca, su un mare in tempesta, aveva raggiunto un'isoletta rocciosa. Cadde un fulmine e uccise sua moglie. Venne una tempesta e gettò suo figlio in mare. Solo e derelitto, nudo e scalzo, stremato dalle tempeste e atterrito dai tuoni e dai fulmini, con i capelli arruffati e le mani tese a Dio, l'ebreo proseguì il suo cammino sull'isola rocciosa e deserta, e si rivolse al suo Creatore con queste parole: Dio d'Israele, sono fuggito qui per poterti servire indisturbato, per obbedire ai Tuoi comandamenti e santificare il Tuo nome. Tu però fai di tutto perché io non creda in Te. Ma se con queste prove pensi di riuscire ad allontanarmi dalla giusta via, Ti avverto, Dio mio e Dio dei miei padri, che non Ti servirà a nulla. Mi puoi offendere, mi puoi colpire, mi puoi togliere ciò che di più prezioso e caro posseggo al mondo, mi puoi torturare a morte, io crederò sempre in Te. Sempre Ti amerò, sempre, sfidando la Tua stessa volontà!. E queste sono anche le mie ultime parole per Te, mio Dio colmo d'ira: Non ti servirà a nulla! Hai fatto di tutto perché non avessi più fiducia in Te, perché non credessi più in Te, io invece muoio così come sono vissuto, pervaso di un'incrollabile fede in Te. Sia lodato in eterno il Dio dei morti, il Dio della vendetta, della verità e della giustizia, che presto mostrerà di nuovo il suo volto al mondo, e ne scuoterà le fondamenta con la sua voce».
La storia esterna del busto è avventurosa. Esso è stato per secoli sul portale della chiesa parrocchiale, dedicata al santo, di Borgo San Lorenzo. Venutone a conoscenza, intorno al 1888, l'occhiuto antiquario Stefano Bardini riuscì abilmente ad acquistarlo, sostituendolo con una copia, tutt'ora in situ. Dello stesso busto una versione policroma, anch'essa visibilmente ottocentesca (quasi un premio di consolazione per la comunità defraudata, come in altre occasioni) è tutt'ora conservata in chiesa. Il Bardini, con il conforto del Bode, illustre studioso della scultura del Rinascimento italiano, dopo pochi mesi lo vendette al principe Giovanni II del Lichtenstein il quale lo tenne gelosamente, e in posizione dominante, nel palazzo di famiglia a Rossau presso Vienna, fino alla sua morte, nel 1929. Nel corso degli anni, per diverse vicissitudini, il busto del San Lorenzo sembrò perdere interesse e fu venduto dagli eredi del principe del Lichtenstein in un'asta ad Amsterdam nel 2003.
Acquistato, con intelligenza e acutezza, da Peter Silverman e Paolo Ponti, è stato sottoposto a un delicato restauro che ne ha liberato la potente forma plastica riconfermandone la indiscutibile autografia donatellesca, con pertinenti riferimenti alle opere dell'artista nel tempo immediatamente precedente il soggiorno padovano.
Sono evidenti infatti le affinità con il citato San Ludovico da Tolosa, con il Davide bronzeo e con il San Daniele proprio a Padova.
I caratteri fisionomici, la sintetica foggia dell'abito, le ciocche dei capelli, il movimento delle braccia si ritrovano in altre opere di Donatello, la cui maturità coincide con l'essenzialità e con la semplicità del busto di San Lorenzo.Per questo, in attesa di un ritorno a Firenze nei rinnovati ambienti del museo dell'Opera del Duomo, si è ritenuto di mostrarlo in anteprima mondiale nella Padova di Donatello, capitale del Rinascimento.
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