«Henry John Woodcock? È uno che un po' come me ama apparire»: parola di Fabrizio Corona, intervistato dalle Iene venerdì scorso. L’intervista, durata parecchio e ridotta a 14 minuti, è andata in onda ieri sera su Italia 1. Poche ore prima di venire arrestato Corona dice di sé e della bufera che lo ha travolto: «Sono diventato un personaggio, l’inchiesta mi ha portato fino adesso solo vantaggi, ho prodotto una linea di abbigliamento e una di intimo, ho fatto un libro che ha venduto più di 300mila copie, il mio giro d’affari è aumentato del 40 per cento». E quantifica anche il business della Coronas, la sua società: «4 o 5 milioni non mi ricordo». Alla domanda: Che confini morali ti dai? Risponde: «Pochi» e definisce così i criteri del suo lavoro: «Il fine giustifica i mezzi. Io quando porto a casa uno scoop e poi lo vedo pubblicato sui giornali provo dei brividi». I progetti? «Metto un po’ di soldi da parte, perché adesso il mercato è florido. Poi mi trasferisco in America e apro un ristorante che chiamo il Siciliano».
Siamo tra coloro che, in tempi recenti, hanno avuto il privilegio di vedere Fabrizio Corona da vicino. Senza essere inquadrati, per fortuna, dal suo obbiettivo. L’abbiamo visto in azione, scarpe pitonate a punta, gessato modello don Vito Corleone, anche se il fisico e l’appeal ci perdoni, non era proprio quello del Marlon Brando di 34 anni fa, nel film di Coppola. Accadeva il 23 gennaio, lungo le strade sterrate di Zaghouan, villaggio tunisino dove si celebrava, con risse, spintoni e insulti tra fotografi e cameraman, il pietoso rito della sepoltura delle vittime della strage di Erba. La notte prima era successo un fatto increscioso: qualcuno aveva sollevato le tapparelle della casa paterna di Azouz, il marito di Raffaella, durante la blindatissima veglia funebre islamica, permettendo così a uno degli emissari di Corona di scattare immagini a ripetizione. Naturale che il giorno dopo gli animi fossero tesi visto che nel corteo funebre serpeggiava anche una cifra: 15mila euro, dati da Corona non si sa bene a chi per la macabra esclusiva. Ma lo scoop venne disinnescato in extremis perché la famiglia Castagna, che avrebbe tanto voluto rompere il suo aplomb e prendere a calci l’intruso, lasciò la Tunisia con un comunicato in cui si «diffidava, pena azioni legali, l’agenzia di Corona dal diffondere fotografie che li ritraevano in una situazione così privata».
Soltanto una battuta d’arresto, scusate l’ironia, per questo giovanotto di anni 32, marito di Nina Moric da cui ha avuto un figlio, Carlos, di 4 anni e che, quattro anni fa, ha fondato la «Coronas». Piccola agenzia fotografica cresciuta così in fretta da contendere il mercato del gossip a veri colossi del settore. Il segreto? «Noi lo produciamo il gossip, non lo aspettiamo. Abbiamo le nostre talpe, le nostre soffiate. A volte è lo stesso artista che ci dice cosa fare e dove andare». Del resto Corona ha sempre girato col piede sull’acceleratore del rischio e della provocazione: anche l’arresto di ieri segna un primato: è il secondo in meno di una settimana, visto che mercoledì 7, era già stato ammanettato dopo che, per un’infrazione stradale, aveva insultato e aggredito due carabinieri. Si era lasciato andare: «Non mi rompete i coglioni, carabinieri di merda. Andate a fermare altre persone».
Solo 24 ore dopo quel piccolo guaio giudiziario Corona è stato sorpreso nuovamente a guidare, nonostante la sua patente fosse sospesa a tempo indeterminato, e così la sua lussuosa Bentley era stata portata via dalla Polizia Municipale.
In compenso al processo per direttissima, aveva avuto un atteggiamento molto rilassato: si era tolto giacca e camicia, rimanendo a torso nudo davanti a magistrati e avvocati e infilando subito dopo una t-shirt bianca con il marchio della sua agenzia fotografica. Stupiti? Lo spiega lui stesso alle Iene: «Se fossi moralmente una persona a posto non farei questo lavoro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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