Addio a Luisito Suarez, leggendario regista della Grande Inter di Herrera

Giocatore dalla classe cristallina, simbolo della Grande Inter: è scomparso all'età di 88 anni. Sul tetto d'Europa e del mondo con i nerazzurri, vinse il Pallone d'Oro nel 1960

Addio a Luisito Suarez, leggendario regista della Grande Inter di Herrera
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All'età di 88 anni, si è spento Luis Suarez, per tutti semplicemente Luisito. Se ne va un’altra stella della Grande Inter, quella che a metà degli anni '60, guidata dal Mago Herrera, dominò il calcio in Europa e nel mondo. Di quella squadra Luisito fu il cervello e il regista, ma soprattutto la fionda, in grado di lanciare in porta gli attaccanti (da Mazzola a Jair a Peirò) grazie ai suoi lunghi lanci millimetrici. Una qualità che rendeva efficacissimo il contropiede nerazzurro.

"Il giocatore perfetto che, attraverso il suo talento, ha ispirato generazioni. Ciao Luis", scrive l'Inter in un post su Instagram. "Un talento unico e un grandissimo interista. Il numero 10 della Grande Inter che portò i nostri colori sul tetto d'Italia, d'Europa, del Mondo. 'Se non sapete cosa fare, date palla a Suarez'. Ciao Luisito" è la dedica del club nerazzurro su Twitter.

Conquista il Pallone d'Oro

Centrocampista classe 1935, era nato in Spagna, a La Coruna, e con il Deportivo aveva iniziato la carriera. Con la maglia galiziana si mette subito in mostra ad appena 18 anni compiuti. Notato dal Barcellona approda in Catalogna nel 1954. Lì incontra il suo più grande maestro, il tecnico Helenio Herrera. Grazie al Barcellona conquista uno dei titoli più prestigiosi in assoluto per un singolo calciatore, vale a dire il Pallone d’Oro nell’edizione del 1960. Unico calciatore spagnolo a riuscire in questa impresa. L’apice di una carriera destinata a regalargli ulteriori soddisfazioni.

I trionfi con l'Inter

Helenio Herrera, nel frattempo divenuto nuovo allenatore dell’Inter a partire dal 1961, pone come condizione imprescindibile l’acquisto di Suarez. I nerazzurri sborsano così una cifra record per l’epoca (300 milioni di lire). Difficile dire a oggi quanto ammonterebbe ma probabilmente sarebbe anche a 2 zeri. Di euro, però. Da quel momento in poi per tutti diverrà Luisito. Al debutto segna contro l’Atalanta ed è già il nuovo idolo di San Siro. Una svolta in carriera dettata anche dal cambiamento tattico che gli impone il Mago, che lo schiererà sempre e solo a centrocampo nei panni di regista.

La Grande Inter funziona grazie, anche e soprattutto, alle capacità balistiche e di partenza dell’azione del giocatore spagnolo. Negli anni ’60 quella squadra domina in lungo e largo tra Italia ed Europa. In totale i titoli conquistati sono 7 tra i 3 campionati di Serie A, le 2 Coppe dei Campioni e le 2 Coppe intercontinentali. Gli unici dispiaceri sorgono in concomitanza con la sconfitta in finale di Coppa dei Campioni del 1967 contro il Celtic e lo Scudetto perso qualche anno prima nello spareggio finale contro il Bologna. Per lui in maglia nerazzurra 333 presenze con ben 55 reti totali messe a segno. Chiude la carriera giocando per tre stagioni nella Sampdoria, ma è l'Inter a restargli per sempre nel cuore.

Con la maglia della Spagna

Luisito è un vero proprio mito in Spagna. Uno di quelli che ha contribuito in maniera determinante, con la sua classe ed incisività, a portare la Spagna sul tetto d’Europa. È lui il protagonista della vittoria agli Europei del 1964 vinti e che rappresentano l’apice raggiunto dalle Furie Rosse fino agli anni 2000. Ha indossato la maglia della nazionale spagnola per 15 anni, dal 1957 al 1972. Partecipa ai Mondiali del ’62 e del ’66, ma senza lasciare il segno più di tanto. Per lui 32 presenze con 14 reti messe a segno.

Suarez da allenatore

In veste di allenatore ripete, in tono minore, l’exploit con la Spagna Under-21(in finale, ai rigori, contro l’Italia di Zenga, Vialli e Mancini) mentre ai Mondiali '90 non va oltre gli ottavi di finale. Vive due momenti diversi da allenatore della sua Inter: la prima volta nella stagione 1974/75, chiusa con un mesto nono posto. La seconda volta ci ritorna sempre in un momento difficile nel 1992, sotto la presidenza Pellegrini, in sostituzione dell'esonerato Corrado Orrico.

Sei mesi in cui non riesce a risollevare i nerazzurri, chiudendo di fatto la sua esperienza in panchina (a parte una breve parentesi di 3 partite, da traghettatore, nel 1995) e iniziando quella da dirigente, con Massimo Moratti presidente che lo volle al suo fianco.

Indimenticabili infine le sue apparizioni in tv: arguto, ironico, con la battuta sempre pronta e la competenza del grande intenditore. Con la scomparsa di Suarez, il calcio perde uno dei più grandi giocatori del 20° secolo.

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