C'è un'azienda che può licenziare i propri dipendenti senza avere timore di scioperi, occupazioni, sit-in davanti ai cancelli, furibonde reazione dei sindacati, questi ultimi praticamente inesistenti? Ebbene sì, è il calcio, con tutti i suoi miliardi di debiti il sistema, quello italiano come il resto d'Europa, se ne infischia. Il Sassuolo è la sesta società ad avere licenziato l'allenatore, Dionisi, prima si erano esibite Napoli, Salernitana, Udinese, Roma, Empoli, per un totale di 15 tecnici a libro paga. Otto gli esoneri nella Liga spagnola, 6 nel campionato francese (Grosso e Gattuso disoccupati), 4 in Bundesliga e in Premier League, un turn over ridicolo, una compagnia di giro tra privilegi e privilegiati, un epilogo prevedibile dal momento che non si possono liquidare i calciatori e non risulta che mai un presidente abbia rassegnato le dimissioni, se non per forma. Prosegue, dunque, l'allegria di naufragi, dove i superstiti non sono lupi di mare ma volpi astute pronte ad approfittare delle disgrazie altrui.
È un mondo viziato, impaziente, ignorante e anche furbo, perché oltre al licenziato viene liquidata mezza dozzina dei suoi collaboratori. Perfetto l'aforisma del comico americano Milton Berle, sul dialogo tra dipendente e principale: «Io qui faccio il lavoro per tre», «Dammi il nome degli altri due che li licenzio».
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