Estate 1995: Luis Figo è della Juve... ma anche del Parma!

Quel gran pasticcio combinato dall'asso portoghese 28 anni fa: prima firma per i ducali, poi per i bianconeri. Alla fine entrambe dovranno rinunciarci

Foto da You Tube
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Comunque ad Almada se n'era accorta un mucchio di gente. Quel ragazzino dal baricentro basso strapazzava i compagni fin da piccolo. Palla a lui e buonanotte. Finte, dribbling, palloni recapitati negli angoli più reconditi delle porte avversarie, sempre con disarmante naturalezza. Luis Filipe Madeira Caeiro Figo - è la formula completa - era semplicemente differente. Più forte degli altri per tecnica e acume calcistico. E, anche quando i suoi estimatori erano diventati di botto più di un modesto drappello - era l'estate 1989, era la casacca a righe orizzontali biancoverdi dello Sporting Lisbona - le cose non erano mica cambiate. Dalla strada al professionismo, lui continuava a svolazzare sulla fascia facendo apparire sbilenchi i tentativi di contendergli il pallone.

Lì, sull'erba del vecchio Alvalade, Figo aveva trascorso sei anni e centoventinove partite. Abbastanza per evolversi da promettente pagliuzza in gigantesca trave infilata dritta nelle pupille dei maggiori osservatori pallonari del vecchio continente. Nel 1995 il portoghese era già una delle ali più forti in circolazione. L'approdo ideale, l'empireo, poteva essere uno soltanto: Serie A. Lontano anni luce il dimesso clima odierno. Risibili le pretese della giovanissima Premier League. Figurarsi tutti quegli altri. No, il posto dei campioni era un paese appetitoso e scintillante come nessun altro. A pensarci oggi, nell'era del disfacimento putrescente indotto dalle vagonate di monete tintinnanti che piovono dall'inghilterra e dall'Arabia, serve pizzicarsi per crederci. Eppure, per quanto gracile, quella era l'epoca aurea italiana. E ti avrebbero commissionato un TSO se avessi vaticinato un futuro differente.

Fuoriclasse. Grande campionato. Manca una variabile almeno per eseguire l'equazione perfetta. Manca il top club. Nell'epoca fagocitante delle sette sorelle c'era soltanto da sfregarsi le mani. Andavi a Firenze e ti terrorizzavano Batistuta, Rui Costa, Toldo. Provavi a sfangarla nell'Olimpico biancoceleste, ma dovevi vedertela con Beppe Signori, Nesta, Boksic. Sull'altra sponda del Tevere spuntavano le sagome poco promettenti (per la tua squadra, ovvio) di Aldair, Giannini, Totti.

Ma su Figo piombano in particolare due italiane. La Juventus e l'ambizioso Parma di Calisto Tanzi. L'attempata dama ha solevato il tricolore appena l'anno precedente. I ducali sono arrivati terzi, ma vogliono competere con impeto crescente. In panca c'è Nevio Scala. Sul campo Buffon, Couto, Dino Baggio, Zola e Asprilla, solo per estrarne qualcuno dal mazzo. Roba che oggi ci vinceresti il campionato con venti punti di distacco, come l'ultimo Napoli. Certo non se la passa peggio Lippi, con i suoi Peruzzi, Ferrara, Paulo Sousa e il tridente Vialli, Ravanelli, Del Piero. Entrambe inseguono però un ulteriore salto di qualità. Entrambe vogliono Luis Figo.

Si muove per primo il Parma. Il ds Pastorello vola in Portogallo, tratta e conclude la missione. Il fantasista lusitano firma: è dei ducali. Fatta? Forse. Perché la Juventus si muove in parallelo. L'amico Paulo Sousa lo tempesta di chiamate per convincerlo a venire a dribblare sotto la Mole. Nel frattempo Luciano Moggi trova l'accordo con lo Sporting: 6 miliardi delle vecchie lire per vestire il bianconero. E Figo firma di nuovo, stavolta con la Juve. Bravo a servire caos come assist a quintali.

L'incidente molto poco diplomatico viene presto disvelato. Perché entrambe le squadre lo annunciano in simultanea. Figo è del Parma! Anzi no, è della Juve! Vacci a capire qualcosa. Il diretto interessato prova a fugare i dubbi. "Guardate, mi hanno fatto pressioni, io a Torino non vado". Stando a quello che riportano i suopi legali, avrebbe già spedito un atto notorio per comunicare il tutto alla Juventus. Moggi, Bettega e Giraudo però non ci stanno e annunciano una battaglia legale. La questione, sfuggita clamorosamente di mano, giunge fino alle damascate stanze della Lega Calcio. Che, salomonicamente, emette la sua sentenza: Figo non va più né alla Juve né al Parma. E in Italia non può mettere piede per minimo 2 anni.

Una sliding door che per lui significherà Barcellona, dove inciderà un quinquienno epico, prima di passare agli odiati rivali del Real, ricevendo in dote una testa di maiale dagli spalti. Ma questa è un'altra faccenda, così come il suo successivo trasferimento all'Inter, nel 2005.

Quel gran pasticcio collettivo di 28 anni fa privò la Serie A più luccicante di uno dei campioni più abbaglianti. Un allineamento astrale che possiamo adesso soltanto immaginare, complice la farsa e la zuffa di quell'assurda estate.

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