Gigi Riva: "Quel gol a Vicenza in rovesciata. I silenzi con De André"

Bandiera del Cagliari e della Nazionale, uno dei più grandi talenti italiani, Gigi Riva racconta a ilGiornale.it alcuni passaggi più significativi della sua incredibile carriera. Un campione capace di oltrepassare ogni tempo, generazione e cambiamento

 Gigi Riva: "Quel gol a Vicenza in rovesciata. I silenzi con De André"

Luigi Riva, detto "Gigi", avvicinandosi alla soglia degli 80 anni rimane non solo un simbolo indiscusso del Cagliari Calcio che portò allo scudetto nella stagione 1969/1970, ma è considerato uno dei più forti giocatori di tutti i tempi, non solo nel panorama nazionale ma anche internazionale. Arrivando a conquistarsi la stima di un severo critico, dai gusti raffinatissimi, come Gianni Brera. 164 goal realizzati con il Cagliari, 35 con la Nazionale rispettivamente in 315 e 42 presenze, campione d’Italia e d’Europa, trascinatore e capocannoniere, schivo e riservato. Una vita di successi, dolori ed incontri - anche singolari -, da De André a Brera e Burgnich. La leggenda di Leggiuno (Varese) continua a osservare l’evoluzione di un calcio in cui "però non mi riconosco quasi più".

Come la devo chiamare?

"Mi chiami semplicemente Gigi. Niente formalismi".

La sua non è stata solo una vita di trionfi e glorie ma anche di enormi sofferenze...

"Ho avuto un’infanzia dolorosa e dura. La vita mi ha dato tanti dispiaceri. I miei genitori sono morti quando ero piccolo. Arrivai in Sardegna dalla Lombardia arrabbiatissimo con la vita".

Gigi Riva

La definiscono anche il “campione schivo”.

"A me non è mai piaciuto mettermi in mostra. È un fatto di carattere".

Si dice che il Cagliari senza Gigi Riva sarebbe stato come il Santos senza Pelé. Concorda?

"Fosse vero sarebbe bellissimo…".

Come nasce "Rombo di tuono"?

"C’è una storia dietro questa cosa. Gianni Brera era venuto una mattina accompagnato dai dirigenti del Cagliari a vedere l’allenamento. Io stavo provando delle punizioni dal limite dell’area, e lui rimase colpito dal fatto che sentiva come un rumore di tuono".

Gigi Riva in Nazionale

Aveva buoni rapporti con Brera?

"Sì. Una persona splendida, simpatica, divertente e di grande cultura".

In che modo approdò al Cagliari?

"Giocavo nel Legnano, vennero a vedermi alcuni dirigenti, tra cui Andrea Arrica, fecero una buona relazione e il Cagliari decise di prendermi. C’era anche l’interesse di Dall’Ara del Bologna".

Lei fu il trascinatore del Cagliari nella vittoria dell’unico e storico scudetto.

"Fu una soddisfazione immensa perché capivo che il mio inserimento era stato determinate. L’anno dopo non riuscì a difendere il titolo. Prima dell’infortunio avvenuto con la Nazionale vincemmo a Milano contro l’Inter per 3 a 1 dove segnai due gol. Ma la stagione fu compromessa".

Gigi Riva col sombrero

Cosa ha rappresentato nel 1969/1970 la vittoria dello scudetto di una squadra del Sud?

"La vittoria segnò una sorta di riscatto sociale per la Sardegna. Infatti è stata cancellata in tutti i suoi difetti ed è diventata la gioia dell’Italia".

Essendosi affermato come talento, campione e capocannoniere non ci fu da parte delle grandi squadre del Nord come Juventus o Inter, la corsa ad acquistarla?

"Non ci sono andato io. Mi hanno venduto due o tre volte, ma io mi rifiutai!".

È vero che in Sardegna ebbe modo di incontrare anche il bandito Mesina?

"Preferisco non dire niente a riguardo. So solo che veniva a vedere le nostre partite".

Gigi Riva

La passione per le canzoni di De André?

"Mi sono sempre piaciute. Ho avuto anche modo di conoscerlo grazie a un mio compagno di squadra. Quando ci incontravamo ricordo che lui parlava poco e io altrettanto. Però ci siamo trovati e bastava uno sguardo, un semplice contatto per confermare l’amicizia".

Il gol più bello che ha realizzato?

"Penso a Vicenza, una rovesciata in area di rigore, molto difficile perché il pallone arrivava dalla parte opposta".

Con l’Italia ha vinto anche l’Europeo del 1968.

"Mi ricordo che avevamo giocato la finale a Roma e dopo la partita i giocatori sono rientrati in albergo, io no perché dovevo partire in aereo il giorno dopo e allora ho passato tutta la notte a camminare verso l’aeroporto in mezzo alla folla ed è stato bellissimo".

Gigi Riva con Pelè

Tra i compagni di avventura all’Europeo c’erano campioni come Facchetti, Zoff, Rivera, Mazzola... insomma il gotha del calcio italiano.

"Sì. Era una buona squadra… Rivera e Mazzola erano degli autentici trascinatori anche dal punto di vista caratteriale. Se stavi tranquillo, bravo e ti impegnavi ti davano la possibilità di fare goal in tutti i novanta minuti".

Lei ha visto giocare sia Pelé sia Maradona. L’eterno conflitto sul primato di chi è stato il più forte. Si fece un’idea?

"Non si possono fare paragoni. Erano due più forti di tutti".

Ha lasciato eredi nel calcio italiano?

"Non so, sta agli altri dirlo".

Segue ancora il calcio con la passione di un tempo?

"Sì, anche se non sono d’accordo sull’ingresso di così tanti stranieri nel nostro campionato. Ci sono squadre che non hanno nemmeno un giocatore italiano".

Il difensore più “duro” che ha incontrato?

"Tarcisio Burgnich dell’Inter. Definito da Armando Picchi 'la roccia'. Purtroppo se ne è andato anche lui due anni fa".

Una gioia e un rimpianto nella sua lunga carriera?

"La vittoria dello scudetto e l’impossibilità di difenderlo a causa del mio infortunio".

Gigi Riva

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