A tre anni dalla morte di Diego Armando Maradona, i giudici della Cassazione hanno accolto il ricorso degli eredi contro una presunta evasione fiscale che si aggira sui 37 milioni di euro.
La vertenza è legata ai compensi versati dal Napoli al campione argentino nella seconda metà degli anni Ottanta: nei pagamenti dei diritti di immagine su conti esteri (in Liechtenstein) da parte di due società straniere si configurò un'evasione fiscale, all'epoca di 40 miliardi di lire, poi lievitata negli anni a 37 milioni di euro, più di metà dei quali in interessi di mora.
Ma ora la sezione tributaria della Cassazione ha accolto il ricorso discusso dall'avvocato Massimo Garzilli, che rappresenta Maradona con l'avvocato Angelo Pisani: la corte "accoglie il ricorso principale e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità". Insomma la Cassazione dà ragione a Maradona e rimanda tutto alla commissione tributaria regionale, che dovrà esprimersi nuovamente sulla vicenda. In caso di giudizio negativo definitivo, l'eventuale debito residuo in sospeso ricadrebbe sulle spalle degli eredi.
La ricostruzione
La vicenda risale agli anni Novanta, quando oltre a Maradona furono coinvolti anche due suoi compagni di squadra, i brasiliani Careca e Alemao. Il Napoli e i due giocatori fecero subito ricorso e furono condonati già nel 1994. Ma l'argentino, impelagato in altri problemi (era stato trovato positivo alla cocaina nel 1991 e aveva lasciato l'Italia, tentava faticosamente di riprendersi, rientrò nel Mondiale 1994 ma fu di nuovo pescato positivo all'antidoping) non impugnò nulla, e si ritrovò inseguito dal Fisco italiano.
A quel punto Maradona attivò gli avvocati, tra cui quelli che in un maxicollegio da cento legali lo difesero gratis a Napoli nel 2001. Ma il Fisco reclamava ancora il suo debito, dando vita a una lunga battaglia contro la leggenda argentina. A ogni suo ritorno in Italia, l'ex Pibe de Oro si trovava gli agenti della Tributaria alle calcagna. Una volta, nel 2005, gli sequestrarono il cachet da 3 milioni della sua partecipazione a "Ballando con le stelle", costringendolo al forfait in trasmissione. Un'altra, nel 2006, gli furono requisiti, appena atterrato a Napoli per giocare una partita di beneficenza, due Rolex d'oro del valore di 11mila euro ( li ricomprarono alcuni amici di Diego). Infine, durante una vacanza a Merano, ci fu il sequestro di un paio di orecchini da 4mila euro. (uno lo comprò Miccoli per 25 mila euro).
Negli anni successivi i legali di Maradona invocarono l'autotutela, chiedendo che fosse esteso anche a lui il condono di cui, per la stessa vicenda, aveva beneficiato il Napoli. Le commissioni tributarie provinciale e regionale rigettarono i ricorsi. Di qui la scelta di andare in Cassazione.
Del resto già l'11 marzo 2021, la Cassazione aveva stabilito che l'argentino avrebbe potuto beneficiare del condono e che i giudici di merito avrebbero dovuto valutare la sua posizione tributaria solo per il debito eventualmente residuo nei confronti dell'Agenzia delle Entrate. Come è stato confermato anche nell'ultimo pronunciamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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