
Marko Arnautovic arrivò all’Inter che aveva 20 anni e Josè Mourinho lo battezzò subito: “Lui e Balotelli insieme fanno un neuronio”. Era l’Inter del triplete, in tutto quel tempo si segnalò per 3 presenze e nessun gol, con un ruolo maggiore come cerimoniere della curva. Giocò perfino una volta titolare, e Mou lo spiegò così in conferenza stampa: “Arnautovic arriva sempre in ritardo: l’allenamento comincia alle 9 del mattino e lui non arriva mai prima delle 9 e mezza. Domani però lo metto in campo perché finalmente è arrivato in anticipo: come sempre si è presentato alle 9.30, ma oggi avevo dato appuntamento a tutti alle 15 e lui non aveva capito. Mi ha fatto ridere…”.
Capirete che quando Arnautovic, tanti anni e una carriera dopo (ha giocato in Germania, Inghilterra, perfino Cina), si è rimesso la maglia nerazzurra tutti abbiamo pensato che fosse un ripiego. Lui, invece, si è messo al lavoro: è tornato a fare il cerimoniere della curva, ma in realtà – se sentite i suoi compagni, ma soprattutto se lo vedete anche quando è in panchina – è stato determinante in spogliatoio.
Presenze poche, gol pure (sono più che quelli che ha sbagliato), ma la squadra lo ama, l’allenatore pure, ed in effetti nello scudetto della seconda stella c’è molto di Arna, anche se qualcuno insiste a non accorgersene.
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