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I punti chiave
Nonostante siamo già arrivati a metà di febbraio, la Serie A si conferma come il campionato più imperscrutabile del mondo. Ogni fine settimana ti aspetti sempre il colpo decisivo, l’allungo che potrebbe far pendere la bilancia da una parte ma non c’è niente da fare: questa stagione rimane all’insegna del massimo equilibrio. Proprio quando la lotta per lo scudetto sembrava mettersi bene per il trio di testa, ecco tre battute d’arresto inaspettate.
Appena l’Atalanta viene bloccata in casa dal Cagliari, il Napoli si fa rimontare da una pugnace Lazio, spalancando un’autostrada ai campioni d’Italia. Invece del sorpasso, l’Inter fa seguire un ottimo primo tempo ad una ripresa imbarazzante, venendo battuta allo Stadium dalla migliore Juve della stagione. Il resto? Due vittorie più o meno convincenti di Roma e Milan, un trionfo in rimonta del Bologna ed il pesantissimo tonfo della Fiorentina. Vi raccontiamo tutto, come sempre, nel nostro pagellone del lunedì. Buon divertimento.
La migliore Juve della stagione (7,5)
La Juve targata Thiago Motta ha fatto passare una stagione da incubo ai suoi sostenitori. Tra alti, bassi e troppi pareggi, il mirabolante gioco promesso dall’ex tecnico del Bologna continuava a rimanere assente ingiustificato. Perso forse definitivamente il treno scudetto, rimane l’orgoglio, la Champions da proseguire e un percorso di crescita da completare. Doverlo fare a pochi giorni dal cruciale ritorno col Psv e nel derby d’Italia aveva fatto fare ogni sorta di scongiuri ai tifosi. Il primo tempo, nel quale il povero Savona soffre come un matto con Dumfries e l’Inter sfiora più volte il gol sembra il preludio all’ennesima delusione ma qualcosa è cambiato in questa Juve. Weah terzino funziona mentre Gatti e Veiga contengono senza troppi patemi la coppia Lautaro-Taremi.
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La strigliata all’intervallo trasforma la Juve, che ha tutto un altro piglio e azzanna le caviglie dell’Inter. Koopmeiners e Thuram sembrano in netta crescita, McKennie pressa altissimo e anche Nico Gonzales è molto più utile anche in fase di ripiegamento. L’ingresso di Cambiaso limita le proiezioni offensive di Dumfries ma è la coppia Kolo Muani-Conceição a garantire i tre punti ai bianconeri. Il francese sbaglia un po’ troppo in appoggio ed è francobollato da Acerbi ma lotta bene spalle alla porta, trovando lo spiraglio giusto per il giovane portoghese, che non si fa ripetere due volte l’invito. Il bel gioco c’è solo a tratti ma, dopo tre vittorie consecutive, la Juve è al quarto posto dopo la miglior prova da inizio stagione. A molti juventini può andar bene anche così.
Bologna, grinta da vendere (7)
Giocare nel poco amato slot del venerdì sera rende quasi certo il fatto che pochi parleranno di quanto ha fatto il Bologna di Italiano nel complicato anticipo contro il Torino. Le scorie della corsa Champions sono sempre presenti, come il rischio di incappare in battute d’arresto pesanti, specialmente quando le cose non vanno secondo i piani. Eppure, nonostante il gran gol di Elmas sembri condannare i rossoblu ad uno stop inaspettato, la banda Italiano si ricompone, riuscendo nel finale a ribaltare la partita e rimanere agganciata al treno per l’Europa che conta. Questi tre punti sono ancora più importanti, visto che arrivano dopo una prova da dimenticare per la coppia Beukema-Lucumì che tanto bene aveva fatto finora contro lo scatenato Chè Adams.
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Per fortuna di Italiano, Holm e Miranda fanno più che discretamente mentre l’inedita coppia Freuler-Moro se la cava benissimo sulla mediana. A salvare i felsinei ci pensa l’attacco, trascinato da uno Ndoye finalmente concreto e dall’ex Pobega, che si guadagna il rigore del momentaneo pari. Non tutto funziona al meglio: il guizzante Benjamin Dominguez fa il fenomeno nel primo tempo ma finisce presto la benzina mentre Santiago Castro ci mette tanta garra ma poca lucidità. L’argentino ha però l’enorme merito di provarci fino alla fine, quando il suo rasoterra a centro area trova la deviazione sfortunata di Biraghi. Alla fine anche il Toro è costretto ad arrendersi ad una squadra tosta e grintosa come poche, che si batterà coltello tra i denti fino alla ultima giornata.
La Roma? Soulé e poco altro (6,5)
Come fare ad affrontare una trasferta mai semplice come quella al Tardini a soli quattro giorni dalla gara che vale un’intera stagione? Il dilemma di dover gestire le forze di un gruppo che ha speso molto nella rimonta in campionato è ben presente nella mente di Ranieri, che sembra aver dato un ordine chiaro ai suoi: vincete ma senza strafare. Il messaggio giunge chiaro ai giallorossi, che per lunghi tratti sembrano giocare col freno a mano tirato, anche quando sono in superiorità numerica. Il Parma è pericoloso solo nella ripresa, quando la Roma va ben al di sotto del limite della decenza, giocando 45 minuti di un piattume quasi imbarazzante. Eppure, nonostante tutto, bastano i lampi di un Soulé in palla e la solidità di Koné per consentire ai capitolini di tornare a casa coi tre punti.
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I meriti di questa vittoria vanno ad uno dei talenti più attesi del calcio italiano, quel Matias Soulé che, dopo lo splendido gol su punizione, si trasforma e fa il diavolo a quattro in campo. L’ex juventino è al settimo cielo ma è aiutato molto da un altro protagonista mancato, quello Shomurodov che si rivela preziosissimo quando gioca per la squadra. Il resto? A parte alcuni lampi di Baldanzi e le corse di Salah-Eddine, una serie di giocatori svogliati, leziosi, quasi irritanti. In questo momento serviva vincere e la Roma continua la rincorsa all’Europa mettendo il nono risultato utile consecutivo. Va bene che l’incrocio col Porto è d’importanza assoluta ma per fare l’ultimo salto di qualità e guadagnarsi un posto in Europa servirà giocare molto meglio.
Lazio, due punti persi (6)
Che il peso specifico di questa partita fosse altissimo si è capito fin dal calcio d’inizio, quando la Lazio è partita sparata senza il minimo timore reverenziale. Il coraggio della banda Baroni è lodevole ma le Aquile vengono colpite e quasi affondate in due occasioni proprio nel loro momento migliore. Quando Provedel conferma il suo momento non ideale, regalando il pari a Raspadori e Marusic completa una gara da dimenticare con un autorete goffa come poche, il tonfo dei capitolini sembra cosa fatta. Mentre molti analisti già iniziavano a parlare della fortuna del Napoli di Conte, Dia si inventa la rete che evita la beffa, mantenendo vive le speranze della Lazio. La sensazione, però, è che questi punti persi peseranno tantissimo alla fine del campionato.
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Cosa si salva di questo big match? La ritrovata verve di Nuno Tavares, un Isaksen che, appena vede le maglie azzurre, diventa decisivo ma anche un Zaccagni lucido come pochi, cui viene negato uno splendido gol in rovesciata dal fuorigioco. L’azzurro si rifa lanciando alla grande un buon Dia ma non è tutto oro quel che luccica. Rovella non brilla, Guendouzi un po’ disordinato, Pedro si accende solo a tratti mentre in attacco le cose vanno anche peggio. Castellanos viene annullato da Juan Jesus prima dell’infortunio mentre Noslin è stranamente avulso dal gioco dei biancocelesti. Alla fine, la Lazio non accorcia sul gruppo di testa e viene superata dalla Juve dopo la vittoria nel derby d’Italia. Niente è ancora perduto ma sprecare occasioni del genere è criminale.
Milan, Gimenez non basta (6-)
Prima del cruciale ritorno del playoff contro il Feyenoord, i rossoneri sono scesi in campo contro un Hellas in stato confusionale con la ferma intenzione di risparmiare le forze. Ancora una volta il primo tempo del Milan è al limite dell’indecenza, con solo la difesa che supera la sufficienza e Maignan che sfiora l’ennesima papera sul tiro di Duda. Se la prestazione mediocre di Sottil è giustificata dal fatto che conosca poco gli schemi del Milan, meno comprensibile il rigore a porta vuota scialacquato da Musah a fine primo tempo. Il problema è che né Theo né Walker riescono a spingere sulle fasce mentre Fofana ci prova solo dalla distanza. Si salva solo Reijnders, vero e proprio totem del Diavolo ma anche di un buon João Felix, che sta recuperando la forma migliore.
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Le cose cambiano quando Conceição getta nella mischia Jiménez e Leão, che ne approfittano per mettere sotto gli scaligeri. Se l’ex Real è sempre capace di giocate sopraffine, il portoghese manda in tilt la difesa veneta con le sue accelerazioni per poi inventarsi l’azione che consegna tre punti d’oro al Milan. Il protagonista, ovviamente, non può che essere Santiago Gimenez, che si sta sempre più prendendo in mano la squadra. A parte il gol nel primo tempo annullato per fuorigioco, il bello di Gimenez è che, come SuperPippo, spunta sempre al posto giusto al momento giusto. Il Bebote dà anche una mano ai compagni, lottando col fisico e mandando in confusione i difensori. Ai palati fini del Meazza non piacerà, ma sono queste le vittorie che salvano una stagione.
Atalanta, perché così fiacca? (5,5)
Chiunque abbia visto lo scandaloso finale del playoff di andata di Champions a Bruges sapeva che una delusione del genere avrebbe lasciato ruggini importanti sull’Atalanta. Pochi, però, avrebbero scommesso un solo centesimo su una prestazione così sconcertante. Davanti ai fedelissimi del Gewiss, la Dea scende in campo col serbatoio vuoto, quasi controvoglia, sprecando occasioni su occasioni per riavvicinarsi al duo di testa. Che la testa sia già allo scontro decisivo di martedì sera è evidente ma il fatto che una squadra ancora agganciata al treno scudetto metta una prova così fiacca avrà fatto imbufalire il Gasp. La cosa più preoccupante, forse, è come le seconde linee schierate titolari abbiano tradito le aspettative del tecnico, sprecando del tutto l’occasione.
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Vista l’inconsistenza del Cagliari, la difesa soffre poco o niente ma dalla cintola in su è un pianto quasi totale. Sulemana combina poco prima dell’infortunio, Ruggeri è incapace di farsi largo nelle fitte maglie della mediana sarda mentre né Samardzic né De Ketelaere trovano mai il guizzo giusto per creare la giocata determinante. Complicatissima, poi, la serata di Retegui, marcato stretto da Mina e servito poco e male dai compagni. Si salvano solo il preciso Pasalic, il solito Ederson ma anche il giovane Vanja Vlahovic, che nel finale sfiora il gol. Tra assenze e turnover Gasperini non vive un momento semplice ma una prova così loffia è quasi inspiegabile. La speranza è che martedì sera l’Atalanta ritrovi la grinta: in caso contrario potrebbe dire addio ai sogni di grandezza.
Questo Napoli non sa più vincere (5)
Presentarsi all’Olimpico con una rosa falcidiata da infortuni nelle posizioni chiave non sarebbe mai stato semplice ma il Napoli si è presentato con il piglio giusto. Dopo lo svantaggio, i partenopei non si sono scomposti più di tanto, approfittando al meglio degli errori dei capitolini per ribaltare il risultato grazie ad un Raspadori tornato cecchino e ad un Lukaku che lavora tanto per la squadra. Questo gruppo assomiglia sempre di più al suo tecnico, con Buongiorno che torna protagonista, Juan Jesus micidiale ed un Lobotka preciso pur se non brillante. Se la grinta ed attenzione è lodevole, sono alcuni dei protagonisti annunciati a tradire Conte, da un Meret disattento ad un Rrahmani che soffre tantissimo. Eppure, nonostante i tanti infortuni, il Napoli sfiora l’impresa.
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L’emergenza costringe Conte a spostare Mazzocchi su una fascia non sua e la mossa non sembra pagare. Anguissa, invece, ci mette un tempo per iniziare ad ingranare ma è meno incisivo del solito, seguendo il percorso di Di Lorenzo, che si esprime bene solo nel secondo tempo. McTominay, invece, è quello che si sbatte più di tutti, lottando come un leone, recuperando palloni su palloni. Aggiungi Politano che inventa e si sacrifica come pochi e la ricetta per la vittoria sembra quella giusta. Le cose, invece, vanno in maniera ben diversa e la capolista vede punito uno dei rari errori difensivi. La sensazione è che questo sia un effetto di una malattia più grave: la pareggite acuta. Il nervosismo di Conte nel post-partita è prova provata che i problemi stanno venendo al pettine.
Inter, un crollo inspiegabile (5)
Ancora una volta, quando deve rispondere presente sul palcoscenico più importante, l’Inter di Inzaghi incappa in una dolorosa battuta d’arresto. Dopo il pari del Napoli, l’occasione era di quelle che non puoi proprio perdere ed i nerazzurri scendono in campo allo Stadium con la solita fame e cattiveria. In un primo tempo ben sopra alla sufficienza, però, la difesa concede troppe occasioni alla Juve mentre un Lautaro insolitamente svagato spreca occasioni in avanti. A difendere lo 0-0 ci pensano Sommer e un buon Pavard ma Bastoni soffre le sgommate di Conceição mentre Weah vince il duello con Dimarco, riducendo la spinta sulla fascia. Nonostante tutto, grazie ad una mediana tonica e un Dumfries che spadroneggia, l’Inter avrebbe meritato il vantaggio.
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Il problema è che i campioni d’Italia quasi rimangono nello spogliatoio e patiscono come matti l’aggressività dei bianconeri. Barella cala, Calhanoglu è passivo, Mkhitaryan rincorre senza sosta i rivali mentre Taremi si divora un’eccellente occasione facendosi riprendere da Weah. Inzaghi prova a dare la scossa ma lo fa in maniera sconsiderata: se Zalewski ha un buon impatto, Thuram non sta bene mentre il cambio Bastoni-Carlos Augusto è disastroso, visto che è proprio l’ex Monza a perdersi Conceição sull’azione del gol. Al triplice fischio l’Inter perde un’occasione d’oro per scavalcare il Napoli, steccando ancora contro una big. I punti li puoi recuperare ma sconfitte così fanno più male all’autostima che alla classifica. Per evitare guai, servirà un riscatto immediato.
Fiorentina, un tonfo pesante (4)
Per una tifoseria non c’è cosa peggiore di veder confermate sul campo le proprie peggiori previsioni. Proprio quando la Viola sembrava esser riuscita ad uscire dal tunnel nel quale si era infilata ad inizio anno, la brutta sconfitta al Meazza contro l’Inter aveva avuto l’effetto di una doccia gelata sull’ambiente. Pochi al Franchi, però, si aspettavano di vedere una Fiorentina presa a pallonate dall’eclettico Como di Fabregas. I lariani giocano il loro solito bel calcio ma, stavolta, trovano anche le reti e tornano a casa con tre punti preziosi in chiave salvezza. I toscani mettono una delle prove peggiori degli ultimi mesi, venendo affondati da un Nico Paz stellare e perdendo punti nei confronti delle rivali per la lotta all’Europa. Un tonfo davvero pesantissimo.
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A tradire Palladino, più di qualche singolo, è il gruppo, assente ingiustificato ed ampiamente al di sotto della sufficienza. Si fa più in fretta a dire chi si sia salvato, ovvero l’incolpevole De Gea, i pugnaci Gosens e Folorunsho ma anche gli scampoli di partita di Richardson e Ndour. Il resto è un pianto totale: Dodò e Ranieri disastrosi, Cataldi scherzato da Diao, Fagioli e Beltran non pervenuti, come il fantasma Colpani. Particolarmente disastrosa la prestazione di Zaniolo ma anche i pochi minuti di Gudmundsson che, dopo una serie di errori marchiani, esce per l’ennesimo infortunio.
Alla fine, la Viola si scopre Kean-dipendente e totalmente incapace di fare a meno dell’ex bianconero. Una prestazione davvero orribile che rischia di rovinare la stagione della Fiorentina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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