I punti chiave
La speranza di tutti i tifosi è che il fine settimana della Serie A ci porti tante belle partite, emozioni, gol spettacolari e argomenti di cui discutere attorno alla macchinetta del caffè in ufficio al lunedì. Una volta tanto ho il piacere di dirvi che il weekend della quinta giornata del massimo campionato italiano ha risposto in pieno alle aspettative, con un finale che avrà fatto esplodere di gioia i sofferenti tifosi rossoneri.
A parte un derby della Madonnina scoppiettante, si sono viste tante altre cose interessanti, dalla inaudita sterilità offensiva della Juve al passo avanti del Napoli di Conte, dalla vittoria polemica della Fiorentina fino al debutto col botto di Juric in un Olimpico squassato dalle polemiche. Vi raccontiamo tutto, come al solito, nel nostro pagellone del lunedì. Buon divertimento.
Fonseca fa rinascere il Milan (7,5)
Una delle leggi del calcio recita che le squadre blasonate sono più pericolose dopo esser state umiliate. Dopo esser stato sbranato dal Liverpool, chi segue l’universo rossonero sembrava dare per scontata la cacciata di Fonseca, dividendosi tra i sostenitori di Sarri e del figliol prodigo Allegri. Il tecnico lusitano era pure stato preso per pazzo quando si è capito che avrebbe giocato con Abraham punta e Morata a supporto. Sulla carta si trattava di un azzardo mica da ridere; a chi verrebbe in mente di schierare una formazione super-offensiva dopo sei derby persi di fila? Alla fine, invece, a ridere è proprio lui, visto il secondo tempo da applausi messo dai rossoneri in casa di quei cugini che si erano lasciati andare ad ironie sardoniche alla vigilia della stracittadina.
Il Milan approfitta dell’approccio soft dell’Inter per passare con il solito Pulisic ma poi subisce il ritorno dei nerazzurri ed il pareggio di Dimarco: al contrario di quanto successo coi Reds, però, il Diavolo rimane corto, compatto e gioca con una cattiveria non usuale, dominando la ripresa e creando almeno cinque palle gol nitide, incluso il cabezazo del cuore rossonero Gabbia. Reijnders sulla mediana fa il bello e cattivo tempo, Capitan America maramaldeggia sulla fascia mentre Morata ed Abraham lottano come leoni, impegnando pure Sommer in parate non banali. Nonostante Theo e Leao non siano straripanti, a fare la differenza ci sono Maignan e un Gabbia ispirato. Era la partita della vita e Fonseca ha vinto su tutta la linea: complimenti e cento di questi giorni.
Zitto zitto il Toro di Vanoli c’è (7)
Con le prime pagine dei giornaloni occupate come al solito dalle grandi, non molti si saranno accorti del fatto che, zitti zitti, i granata stanno lentamente cambiando faccia e mettendo in cascina punti su punti. Va bene che siamo solo alla quinta giornata ma tornare in testa alla classifica da soli dopo 47 anni suonati è un risultato che meriterebbe di essere celebrato come si deve, visto il gran lavoro portato avanti da Vanoli. L’ex tecnico del Venezia approfitta al meglio dei 70 minuti di superiorità numerica ma il suo Toro gioca davvero bene, mettendo sotto una squadra scorbutica come l’Hellas, specialmente al Bentegodi. Riuscirci poi quando Vanja Milinkovic-Savic imbrocca una delle pochissime giornate storte è impresa non trascurabile.
Per capire quanto stia girando bene il Torino basti dire che solo Masina e Sosa sono sotto la sufficienza, con l’ex Empoli Walukiewicz e Lazaro che mettono qualità e quantità a profusione. Se la mediana fa bene il compitino, con Ricci ed Ilic a fornire creatività ed equilibrio, ancora una volta è l’attacco a tirare la carretta, grazie a due avanti in serata di grazia. Se Sanabria fa un bel gol ma prende un palo sul rigore, Adams e Zapata sono straripanti. In mezz’ora scarsa, l’ex Southampton mette strappi importanti, mandando in crisi Magnani sull’1-3 ma il protagonista rimane un Duvan Zapata pazzesco. Un gol, due assist, personalità e grinta, è il leader indiscusso di questo gruppo: fino a quando giocherà così, il Torino sarà una mina vagante. Estote parati.
Napoli, diavolo di un Conte (6,5)
Si diceva che si sarebbe capita la vera consistenza del nuovo Napoli solo quando avrebbe affrontato una grande. Ora che i partenopei tornano a casa strappando un punto pesante allo Stadium, difficile non ammettere che l’impatto di Conte è stato davvero importante. Per uno che ha scritto pagine indelebili della storia bianconera, tornare di fronte al pubblico che lo ha amato così tanto non sarebbe mai stato semplice. Il tecnico pugliese si mette dietro i fischi per crescere col passare del tempo e chiudere in avanti. Nonostante il forfait di Meret, sostituito bene da Caprile, Di Lorenzo e Rrahmani rischiano davvero poco e ci mettono una pezza quando Olivera si perde Nico Gonzales. Il tocco di Conte, però, si vede sulla mediana, dove il Napoli sbaglia poco o niente.
Anguissa e Lobotka dominano in lungo e in largo mentre Politano e McTominay alle volte sono incontenibili, causando più di un grattacapo ai bianconeri: non male, poi, le accelerazioni di David Neres, che costringe Bremer ad un intervento non banale in pieno recupero. A tradire il tecnico, invece, è la coppia di avanti, insolitamente sterili davanti alla porta: i guizzi di Kvaratskhelia si infrangono sulla rocciosa difesa della Juve mentre Lukaku conferma la sua allergia per i big match, tornando inconsistente. Nel finale Conte prova a sparigliare le carte ma i rimpiazzi a sua disposizione non sono ancora pronti: se Simeone fatica a trovare spazi, Folorunsho sembra troppo ansioso. Considerato da dove partiva il Napoli, questo pari è un risultato non da poco.
Roma, vittoria non scacciacrisi (6+)
Solo a Roma si può pensare di giocare una partita in condizioni del genere: tifo organizzato in rivolta, subito dopo le dimissioni di una dirigente oggetto di minacce inqualificabili. Ci vuole uno come Juric, con un pelo sullo stomaco alto così, per far finta di niente e preparare la gara nonostante tutto e tutti. Molti faranno finta di dimenticarsene ma l’Udinese, finora, aveva fatto vedere i sorci verdi a tutti: il fatto che sia evaporata di fronte ai giallorossi non era scontato. Thauvin e Lucca sono annullati da Mancini ed Angelino ma, in generale, la prova della difesa è stata quasi perfetta. Curiosamente i due giocatori più bersagliati dai tifosi, Cristante e Pellegrini, fanno una partita con pochissime sbavature, agevolati non poco dal passo glaciale dei friulani.
Da quel che s’è visto in campo, di motivi per sorridere i tifosi della Magica dovrebbero averne parecchi: Pisilli gioca con sicurezza sovrannaturale, El Shaarawy s’inventa un assist pazzesco e sembra rinato mentre Baldanzi riesce finalmente a sbloccarsi, chiudendo la partita con un gol e collaborando al meglio con gli avanti. Ad apparire trasformati, però, sono Dybala e Dovbyk, a tratti incontenibili: la Joya nel secondo tempo è devastante mentre l’ucraino sembra tornato quello di Girona ed è il migliore in campo, segnando e facendo segnare. Eppure neanche questo 3-0 riuscirà a portare il sereno a Trigoria e dintorni: considerato il livello di acrimonia ed una situazione ormai fuori controllo, Dio solo cosa servirà per riportare un minimo di serenità attorno alla Roma.
Fiorentina, tre punti d’oro (6)
Cercare la prima vittoria in campionato contro una squadra spesso scorbutica come la Lazio non sarebbe certo stata una passeggiata di salute ma, di riffa o di raffa, l’undici di Palladino è riuscito finalmente a portare a casa i tre punti. Conoscendo un attimo la piazza, le polemiche e le grida stridule che chiedono a gran voce la cacciata dell’ex tecnico del Monza non si placheranno ma il passo avanti è sicuramente importante. La Viola è ancora a metà del guado ma il segnale positivo è che Palladino non ha paura di mettere mano al modulo quando le cose non vanno. Le mosse funzionano e, dopo un primo tempo nel quale la Lazio avrebbe potuto travolgere i toscani, la ripresa è decisamente migliore, con prove importanti da parte di alcuni giocatori chiave.
Se l’inossidabile De Gea riesce a coprire le troppe falle della difesa, con Comuzzo e Martinez Quarta imprecisi ed insicuri, Biraghi soffre maledettamente Isaksen mentre Dodò è in grado di fare la differenza, specialmente in avanti. Il centrocampo delude: Bove è a tratti smarrito, Cataldi è efficace solo in copertura mentre Mandragora non brilla nel ruolo di regista, risultando troppo prevedibile. Se Gosens non ha ancora la gamba dei tempi d’oro, Colpani è troppo incostante, pur risultando utile in interdizione. La partita la decidono gli ultimi arrivati: Kean lavora tantissimo per la squadra mentre Gudmundsson conferma che l’ex Genoa potrebbe essere l’acquisto della svolta al Franchi. Una volta tornato al top, la Viola cambierà sicuramente volto.
Juve, quanto è solo Vlahovic (5,5)
Dalle parti dello Stadium sembra non esserci mai pace. Dopo la vittoria sonante nei confronti di uno sconsiderato Psv, tutti i problemi offensivi dei bianconeri sembravano ormai risolti. Il problema è che, una volta di fronte ad una difesa concentrata come quella partenopea, gli avanti juventini sembrano perdersi, chiudendo l’ennesima partita senza gonfiare la rete. Una sterilità offensiva del genere è davvero inconsueta da parte di una grande della Serie A ma la cosa più preoccupante è che Thiago Motta non ha ancora capito come risolvere questo pasticcio. Fin troppo facile prendersela con Dusan Vlahovic, poco mobile e spesso incapace di controllare passaggi semplici, ma con così pochi palloni giocabili, anche il centravanti più micidiale non può che andare in crisi.
Alla crisi dell’attacco fa da contraltare l’ennesima prestazione maiuscola della difesa, che si è messa alle spalle il gol preso dagli olandesi in Champions, tornando imbattibile grazie al solito Bremer e ad un Kalulu centrale che avrà fatto venire più di un rimpianto ai tifosi del Milan. Il problema dei problemi è che il centrocampo soffre non poco il confronto con il Napoli: Cambiaso e Locatelli imprecisi, McKennie e Gonzales pungono poco mentre Koopmeiners è efficace solo in copertura. Yildiz prova a caricarsi la squadra sulle spalle ma è troppo solo per fare la differenza mentre Weah non riesce ad inventarsi centravanti. Thiago Motta ha capito che alternative a Vlahovic non ci sono, ora avrà il compito non semplice di servirlo con più continuità.
Lazio, ci vuole un fisico bestiale (5)
La storia della stagione delle Aquile si potrebbe riassumere così: un passo avanti, due indietro. Il percorso di evoluzione del gruppo di Baroni finisce per assomigliare a montagne russe che i tifosi biancocelesti eviterebbero volentieri. Almeno per ora, la Lazio non riesce mai a mettere assieme due tempi di buon livello, finendo sempre per far rientrare in partita le rivali e buttare via punti pesanti. Il problema che si intuisce è che i capitolini riescono ad applicare al meglio i dettami di Baroni solo quando sono al massimo dal punto di vista fisico. Aggiungi il fatto che le seconde linee non riescono a tenere alto il livello e si spiegano i passi falsi della Lazio. Ancora presto per dare giudizi tranchant ma, almeno per ora, la soluzione del dilemma sembra lontana.
La Lazio ha sprecato troppo in un primo tempo dominato ma la prova dei capitolini non è stata tutta da buttare: buona la tenuta di Lazzari e Patric in difesa mentre Gila si conferma puntuale e pericoloso anche in attacco. La prestazione di Tavares assomiglia a quella dell’intera squadra: dominante fino a quando ha benzina nel serbatoio, sbadato nel finale, quando regala il rigore del vantaggio alla Viola. In generale, dalla cintola in su si salvano solo Isaksen e Dia, sostituiti in maniera non soddisfacente da Tchaouna e Pedro. Zaccagni e Noslin si sbattono come pochi ma, quando finiscono la benzina, diventano impalpabili: l’olandese, poi, conferma di non essere adatto al ruolo di punta, un problema dei tanti che deve affrontare Baroni.
Inter, stavolta è colpa di Inzaghi (4,5)
Spiegatemi voi come fa una squadra a far seguire la partitona contro il City di Guardiola una prestazione del genere che io non ci arrivo. Dopo una gara all’insegna della concentrazione assoluta, la stessa difesa che aveva annullato Erling Haaland si è fatta infilare da un Pulisic che sembra il Maradona dei tempi d’oro. L’Inter si sveglia e pareggia subito i conti grazie alla rasoiata mancina del solito Dimarco, schiacciando per una ventina di minuti un Diavolo frastornato. Il problema è che i rossoneri, invece di squagliarsi, rientrano in campo mordendo le caviglie ai nerazzurri, rimasti incredibilmente con la testa negli spogliatoi. Dopo le tante parate di un Sommer ai limiti della perfezione, alla fine la testata di Gabbia ha il sapore della rivincita di un Milan che è riuscito a riprendersi sull'orlo del baratro.
C’è chi punta il dito sulla prestazione di Acerbi o su alcune sbavature di Pavard ma il problema sta a monte: Inzaghi ci ha messo del suo in questa imbarcata. La partenza sparata del Milan lo coglie impreparato, come i continui movimenti delle punte ma a fare imbufalire i tifosi della Beneamata sono le assurde sostituzioni della ripresa. Anche se Calhanoglu e Mkhitaryan non stavano facendo la gara della vita ed erano ammoniti, sostituire in blocco la mediana è stato un rischio pazzesco.
Le seconde linee vanno subito in confusione, incluso Frattesi che si perde Gabbia sul 2-1 mentre la ThuLa stavolta non riesce a togliere le castagne dal fuoco ad Inzaghi. A parte la stanchezza, che può starci, la presunzione a questi livelli costa cara. Se non giochi al massimo, i derby li perdi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.