I punti chiave
Ora che ci siamo messi alle spalle il giorno più triste dell’anno, il cosiddetto Blue Monday, per tutti il pensiero corre all’estate sempre più vicina. Alcuni non possono permettersi di sognare le pennichelle sulla spiaggia, specialmente i campioni della Serie A, che dovranno faticare parecchio prima di potersi godere un po’ di riposo. Il weekend del massimo campionato italiano ci ha riservato tantissime storie interessanti ma, soprattutto, una serie di vittorie in rimonta davvero inconsuete negli ultimi anni. A parte l’Inter, che ha letteralmente demolito il Lecce, le altre protagoniste sono riuscite a portarsi a casa i tre punti con estrema difficoltà.
Non tutti i risultati sono uguali, però: se il secondo tempo del Napoli è stato da applausi, come quello dell’Atalanta, il Milan ha beffato il Parma in pieno recupero mentre la Roma ha avuto bisogno di due rigori. Se la Lazio è stata sorpresa in casa da una Fiorentina corsara, a margine della partita dei rossoneri c’è stato pure spazio per uno scazzo molto pubblico tra il tecnico e il capitano. Vi raccontiamo tutto come al solito nel nostro pagellone del lunedì. Buon divertimento.
Un Napoli dannatamente contiano (8)
Tenere il passo forsennato dei campioni d’Italia non è semplice per nessuno, anche se non si giocano le coppe ma al Napoli di Conte riesce con una facilità impressionante. Non tutto è perfetto al Maradona, specialmente nel primo tempo, quando una Juve aggressiva annulla Lobotka, anima e cuore di questa squadra, limitando le scorribande di David Neres. I partenopei, però, non si scompongono nemmeno quando Kolo Muani gonfia la rete e tornano in campo con la bava alla bocca, pronti a sbranare tutto e tutti. La Juve facilita non poco il compito evaporando dal campo ma il Napoli è riuscito ad annichilire gli avversari nonostante dovesse fare a meno di Olivera e del talismano Kvaradona, sostituito egregiamente da un Politano che si riscopre trascinatore.
Il lavoro di Conte si vede in ogni piccolo dettaglio, dalla forza mentale di Anguissa, che si getta alle spalle l’errore sul gol di Kolo Muani e fa fare una pessima figura alla mediana bianconera, alla forma ritrovata di uno Spinazzola che sembra tornato quello degli Europei. È grazie anche a loro che Lobotka e McTominay si ritrovano e mettono il carico, risultando decisivi, specialmente con la furbata dello scozzese su Locatelli che manda Lukaku sul dischetto. Il belga è però l’immagine migliore di questo Napoli: sembra che non ci sia in campo ma spunta sempre al momento giusto, prima si vendica della paratona di Di Gregorio lanciando McTominay ed aggiungendo la Juve alla lista di big uccellate. Dopo sette vittorie di fila, ormai la parola scudetto non è più un tabù.
Inter, una fame pazzesca (7,5)
Solo chi non ne sa niente di sport competitivi può sottovalutare l’estrema pressione sulle spalle dell’Inter quando è scesa in campo al Via del Mare. Va bene che il Lecce non sta vivendo un momento ideale ma la pressione di dover vincere a tutti i costi per evitare che il Napoli prendesse il largo era enorme. Sono bastati, invece, pochi minuti per far capire a tutti che, anche stasera, non ce ne sarebbe stato per nessuno. Ad impressionare è la ferrea determinazione dell’Inter a non lasciar per strada neanche un punto, specialmente contro le cosiddette “piccole”. Parte è dovuto al fatto che il Napoli stia filando come un treno ma buona parte si deve anche al lavoro del tecnico piacentino per catechizzare a dovere tutto il gruppo, dai titolari fissi alle riserve.
A spaventare le rivali dovrebbe essere il fatto che Inzaghi ha talmente tanta fiducia nei suoi da potersi permettere di far riposare pezzi da novanta come Barella. D’altro canto, quando in panchina hai uno come Frattesi, che parte sparato segnando due gol in pochi minuti per poi conquistarsi un rigore, il turnover viene più facile. Pazzesco, poi, lo stato di forma di Dumfries, uno che, come l’azzurro, sembrava pronto a salutare la compagnia ma anche i passi avanti di Zielinski. Le prime pagine se le prenderà il golazo del fenomeno Lautaro ma il primo tempo di Thuram non è meno spettacolare. Il mistero è però come Inzaghi sia riuscito a trasmettere una fame ed una grinta del genere ai suoi. Se tanto mi dà tanto, questa corsa scudetto potrebbe essere davvero memorabile.
Fiorentina, quanto è mancato Beltran (7)
Gli equilibri di una squadra di calcio sono una delle componenti che rendono davvero affascinante il gioco del calcio. Dopo una serie di risultati talmente disastrosi da far addirittura traballare la panchina di Palladino, approdare all’Olimpico per incrociare le spade con la Lazio sembrava l’ennesimo scherzo del destino cinico e baro. La Viola, invece, si presenta in campo con una voglia e una determinazione mostruosa e schianta i biancocelesti, rimasti nello spogliatoio. Questo non può però oscurare la prestazione dei toscani, che a tratti sono apparsi irresistibili ed avrebbero potuto benissimo chiudere i conti con la rovesciata di un rinato Gudmundsson che però si stampa sul palo. I pericoli arrivano principalmente dalle fasce, dove Dodò e Gosens spadroneggiano.
Nel primo tempo funziona tutto, da Pongracic-Ranieri in difesa, al figliol prodigo Folorunsho, alla coppia Mandragora-Adli, che rovina un’ottima partita beccandosi un rosso dopo la sostituzione ad un Kean che, pur non segnando, s’inventa una bella sponda per il 2-0. Le copertine, però, se le prende tutte Lucas Beltran, che fa una partita quasi perfetta, imbucando per Gosens nell’azione dell’1-0, segnando il raddoppio oltre al tanto lavoro sporco che l’ex River Plate fa sempre. Se l’apporto del “Vichingo” è fondamentale, i cambi tardivi ed una buona dose di “braccino” rischiano di rovinare tutto: ci vuole un paratone di De Gea al 95’ per evitare la beffa. Comunque l’importante è che la Viola, con le spalle al muro, sia tornata a correre. Il resto conta poco o niente.
Roma, un passo dietro l’altro (6,5)
Quando riassumeremo in futuro questa strana stagione di Serie A, una delle storie più belle sarà sicuramente la favola di Claudio Ranieri sulla panchina della Roma. Senza dichiarazioni roboanti, con scelte azzeccate e tanto lavoro sporco, il tecnico romano e romanista è riuscito a mettersi dietro la crisi nerissima e riportare i giallorossi nel gruppo delle inseguitrici. Farlo su un campo come l’ex Friuli e prendersi la prima vittoria in trasferta stagionale è importantissimo. D’accordo, anche l’arbitro ha dato una mano ai capitolini, ma il cambio di rotta sembra evidente. Ranieri ha il coraggio di gettare nella mischia il nuovo arrivato Rensch e la scelta paga subito, considerato anche la giornata mediocre della linea difensiva ed il fatto che Koné sia in debito d’ossigeno.
La notizia migliore, però, è come questa Roma sia stata in grado di mettere tre punti in cascina nonostante l’assenza del talismano Dybala ed il fatto che Pisilli e Baldanzi ci mettono tanta voglia ma pochissima concretezza. Ranieri, dopo la pesante sconfitta ad Alkmaar, rivoluziona la squadra ed ha il merito di aver dato un’altra chance a Pellegrini ma la vera differenza la fanno i cambi. El Shaarawy si guadagna il rigore del sorpasso mentre l’ingresso di Shomurodov è un toccasana per Dovbyk, disperatamente solo nel primo tempo. Alla fine, però, la vittoria è arrivata, con la botta di autostima che potrebbe essere decisiva giovedì, quando all’Olimpico arriverà l’Eintracht Francoforte. Passo dopo passo, questa stagione potrebbe riservare ancora soddisfazioni importanti.
Atalanta, con questo Retegui si può tutto (6)
Il gennaio della Dea è iniziato male e continuato peggio, rischiando di gettare alle ortiche il gran lavoro fatto dagli orobici nel girone d’andata. Dopo la manita al Club Bruges, scontato che l’impatto con il tosto Como di Fabregas sia complicato ma, quando i nerazzurri incassano il golazo del talentino Nico Paz, la barca traballa in maniera pesante. Scalvini impreciso, Cuadrado e Zappacosta inefficaci, Lookman impalpabile, si salvano solo Djimsiti e Kolasinac ma all’intervallo c’è parecchio su cui riflettere. Come succede spesso e volentieri, Gasperini è costretto a metter mano alla squadra e lo fa trovando, poco alla volta, le mosse giuste, a partire dall’inserimento di De Ketelaere e Bellanova. È il loro dinamismo e tecnica a mandare in tilt il piano tattico dei lariani.
La svolta, però, arriva al 56’, quando l’ingresso di Brescianini riesce a mettere in discesa una partita che si era complicata assai. In neanche un quarto d’ora confeziona due assist due che trovano il terminale offensivo ideale in area, un Mateo Retegui che, fino a quel momento, aveva combinato poco o niente. L’avanti italo-argentino è una vera e propria sentenza, dimostrando come avere un attaccante vero in squadra sia fondamentale, specialmente quando la squadra non gira come si deve. Il Como non demorde ed avrebbe meritato il pareggio ma, alla fine, l’Atalanta torna a correre e mettere pressione alle capoliste. Sette punti sono tanti ma, se alcuni giocatori chiave recuperassero brillantezza, la Dea potrebbe ancora dire la sua. Il campionato è lungo, tutto è ancora possibile.
Lazio, solo stanchezza o c’è altro? (5)
Uno dei problemi che da sempre perseguitano la Lazio è il fatto che la sua rosa non sarebbe in grado di sostenere per tutta una stagione campionato e coppa. Baroni sembrava aver superato questa limitazione con un sapiente uso del turnover e alcune seconde linee di buon livello ma questa è più un arte che una scienza. Specialmente dopo l’impressionante corsa in Europa League, i blackout in campionato ogni tanto possono starci. Pochi, però, si aspettavano una partenza così fiacca in casa contro una Fiorentina che sembrava avvitarsi in una crisi infinita. Certo che quando ricevi un regalo di Natale in ritardo come quello confezionato da Marusic e Dele-Bashiru per Adli, chiunque non può far altro che ringraziare ed approfittarne per portarsi a casa il risultato.
Il montenegrino ha il merito non indifferente di farsi perdonare tutto prima piegando le mani di De Gea, poi sfiorando il pari al 95’ ma è il resto della squadra a non essere davvero in serata. Dopo aver regalato un tempo alla Viola, Baroni sostituisce Isaksen e Dele-Bashiru con Pedro e Rovella: la mossa funziona, confermando che il talento di Segrate è insostituibile sulla mediana. Guendouzi si smazza come pochi ma l’attacco vive una serata da bollino nero: Dia, Zaccagni e Castellanos non ne imbroccano una che sia una, condannando ad una dolorosa sconfitta le Aquile. L’insolito nervosismo di Baroni è comprensibile: niente è perduto ma Juve e Fiorentina fanno sentire il fiato sul collo. In una stagione come questa, ogni passo falso potrebbe costare davvero carissimo.
Milan, clonate Pavlovic subito (5)
Per mettersi alle spalle il disastroso secondo tempo dello Stadium, l’incrocio casalingo col Parma sembrava davvero l’occasione giusta per vendicare anche la figuraccia al Tardini all’andata. Al triplice fischio, invece, i tifosi rossoneri hanno perso 10 anni di vita, il tecnico ha uno scazzo pubblico con un senatore e l’unica cosa che si salva sono i tre punti. Il Milan rimane a portata dell’Europa che conta, l’unico obiettivo che importa alla proprietà ma il caos continua a regnare sovrano. Inutile provare a far passare la novellina che il cambio di Leão e Theo all’intervallo sia stato fatto in ottica Champions: stavano giocando la solita partita irritante e meritavano la panchina. Quando la vittoria arriva con due gol in extremis, non si può stappare lo champagne.
Se la sceneggiata di Calabria è indecorosa, strappare una vittoria quando Musah e Fofana giocano una partitaccia, è sicuramente una buona notizia. La vera sorpresa, però, è la gara di Strahinja Pavlovic, che approfitta al meglio della titolarità per trascinare il Diavolo per i capelli. Il 24enne serbo ha l’enorme merito di non arrendersi mai e, soprattutto, mostrare quel carattere che manca disperatamente al Milan. Se Reijnders è il deus ex machina del ribaltone, niente male l’impatto di Bartesaghi come l’opportunismo di Chukwueze, che trova la zampata giusta nel recupero. Con Pulisic a mezzo servizio e il solito, generoso Morata, difficile fare di meglio. La sensazione, però, è il Sergente avrebbe bisogno di più gente con la garra di Pavlovic. Al Milan serve come il pane.
Juventus, ora è allarme rosso (4)
Il fatto che non si sia trattato di una sconfitta come le altre si capisce da come i tifosi bianconeri abbiano reagito all’implosione del secondo tempo al Maradona. Il fatto che la Juventus abbia messo una serie impressionante di risultati positivi è dimenticato, come le disquisizioni sulla pareggite cronica che sembrava il male oscuro della Vecchia Signora. Chi ha visto la partita sa bene che, senza le parate di Di Gregorio, il passivo sarebbe potuto essere ben più pesante, spargendo sale sulle ferite di una tifoseria esasperata. Il problema vero è che, per l’ennesima volta, i bianconeri tornano a chiudersi a riccio una volta passati in vantaggio ma senza la forza di resistere agli assalti. Un malcostume non nuovo ma che si sperava di essersi messi alle spalle con la cacciata di Allegri.
La domanda che ci facciamo è sempre la stessa: come fa la squadra grintosa che, grazie al primo gol del nuovo arrivato Kolo Muani, sembrava aver trovato il modo di mandare in crisi la macchina da guerra di Conte a trasformarsi in quell’accozzaglia di giocatori impauriti dalla propria ombra che è stata triturata dai partenopei? Anche l’ex Psg, Cambiaso e Thuram, che nel primo tempo avevano fatto bene, non riescono a tenere a galla la barca, affossata dalle scelte di un Thiago Motta che non ne vuole sapere di cambiare rotta.
McKennie soffre tantissimo, Koopmeiners è un fantasma e Nico Gonzales non sfonda: visto che Conceição è stato il meno peggio, perché non farlo partire da titolare? Il tempo dei sofismi è passato: per salvare la stagione serve una scossa importante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.