Nuova settimana, nuova serie di verdetti inappellabili. Visto che l’odiosissimo spezzatino continua a negarci il piacere di poter parlare di tutte le squadre, toccherà concentrarsi su quanto si è visto nel fine settimana. Per fortuna, la Serie A ci regala sorprese su sorprese, tanto per tenerci sulle spine. Le deluse della prima giornata hanno reagito in maniera che più diversa non si può: il Napoli ha massacrato il Bologna, l’Inter ha sbrigato la pratica Lecce mentre il Milan è sprofondato in un abisso profondissimo. Non ci siamo fatti mancare niente: le costose amnesie di Lazio ed Atalanta, l’incredibile orgoglio del Toro ma anche la prova inqualificabile della Roma di De Rossi, uccellata da un Empoli corsaro. Vi raccontiamo tutto, come al solito, nel nostro pagellone del lunedì della Serie A ma, mi raccomando, non infierite troppo su chi ha steccato. Se tanto mi dà tanto, i passi falsi diventeranno la normalità anche quando il calciomercato avrà chiuso i battenti.
Il Napoli si riscopre grande (7,5)
Proprio quando i tanti critici avevano già schierato il plotone d’esecuzione, il Napoli di Antonio Conte si getta dietro le spalle il pesantissimo tonfo del Bentegodi e procede ad asfaltare una squadra niente affatto banale come il Bologna. A chiunque abbia avuto la sventura di assistere al debutto veronese, questo sembra un Napoli del tutto diverso, tornato miracolosamente spietato proprio come nella cavalcata spallettiana verso il terzo scudetto. A parte pochissime steccature, nello specifico Rrahmani ed Olivera, il resto funziona alla grandissima, mettendo una prestazione corale da applausi a scena aperta. Una volta che ha Buongiorno a dargli una mano, Di Lorenzo ritrova la sicurezza persa con l’addio di Kim e torna implacabile, al limite della perfezione.
Il Napoli è irriconoscibile, specialmente a centrocampo: la catena Politano-Mazzocchi è devastante, con l’azzurro a fare il bello e il cattivo tempo ma anche la mediana torna quella di una volta, con un Anguissa che corre ed un Lobotka che ringhia come pochi. Trasfigurato è poi Kvaratskhelia, che saluta il nuovo figlio mettendo una prestazione quasi perfetta: segna, fa segnare, ti spunta ovunque e combina alla grande con tutti i compagni di reparto. A riprova che stasera tutto gira c’è il fatto che sia Raspadori che Simeone tornano determinanti, concedendo pure un debutto da sogno per David Neres, che ci mette quattro minuti quattro per fornire il suo primo assist. Il Napoli fa spompare il Bologna per punirlo in contropiede, proprio come previsto: se il gruppo risponde così al metodo Conte, sotto il Vesuvio ci sarà parecchio da divertirsi.
Il Torino ritrova l’orgoglio (7)
Battere una squadra sempre ostica come l’Atalanta è già una bella impresa: farlo proprio dopo l’oceanica protesta della tifoseria granata rende il tutto ancora più incredibile. Dopo che i sei minuti di black-out nel finale avevano fatto dimenticare a tutti che il Toro di Vanoli aveva fatto fare una pessima figura al Milan, i granata arrivano all’Olimpico Grande Torino con una piazza in subbuglio e la voglia di dimostrare a tutti che il cuore Toro non è solo un modo di dire. Al triplice fischio andrebbe tributata una standing ovation a questo tecnico e a questo gruppo, che sta giocando in maniera davvero eccellente contro squadre sulla carta superiori. Farlo proprio quando il talismano Zapata si prende una mezza giornata off rende il tutto quasi incredibile.
Non tutto ha funzionato: Tameze fatica parecchio con Retegui ma per fortuna Vanja Milinkovic-Savic è in versione paratutto, incluso il rigore tirato maluccio da Pasalic. Coco conferma quanto di buono visto a San Siro mentre Masina e Ricci recuperano palloni su palloni: meno male, visto che Linetty e Lazaro sono parecchio pasticcioni. A portare i tre punti alla causa granata sono due giocatori che hanno già attirato le attenzioni di diverse grandi: l’incursore Ilic fa un golazo e una serie di passaggi al bacio mentre lo scozzese Che Adams fa assist, prende tanti falli, tesse geometrie precise e si conferma pure efficace in area di rigore. L’avevamo già detto dopo la gara del Meazza: non sottovalutate questo Torino, potreste pentirvene amaramente.
Inter, un compitino vincente (6)
Da cosa si distinguono le grandi squadre? Da come reagiscono ad un passo falso. Se il Milan si è squagliato in quel di Parma, affondato dalla propria insipienza, i cugini nerazzurri non si sono lasciati sfuggire l’occasione di approfittarne. Non è che l’Inter abbia avuto bisogno di chissà quali miracoli per portare a casa i tre punti contro il Lecce ma è stata comunque una prova all’insegna della massima attenzione, cosa mai scontata a fine agosto. Simone Inzaghi ritrova un Calhanoglu cecchino dagli undici metri e molto più concreto ma anche un Darmian sopra le righe che si supera in entrambe le fasi. In realtà è un po’ tutta l’ossatura base dell’Inter a non tradire il tecnico, regalando una prestazione solida ma ogni tanto un po’ troppo scolastica.
Le buone notizie arrivano da ogni reparto: se Sommer vive una serata di tutto riposo, Pavard torna e si riprende la difesa, Acerbi non sbaglia niente, come peraltro fanno sia Bastoni che Dumfries. Molto più importante il fatto che la mediana torni ai livelli dell’anno scorso: Barella torna a pungere mentre Mkhitaryan e Dimarco ci mettono volontà ed abnegazione ma non molto altro. Ancora più importante il fatto che l’attacco riesca a fare a meno dell’infortunato Lautaro Martinez: Thuram si muove tanto come al solito ma lavora più per i compagni di reparto, incluso il debuttante Taremi che ha la personalità di cercare una rovesciata da applausi. Lo stesso Arnautovic approfitta del quarto d’ora che gli concede Inzaghi per rendersi pericoloso. Tre punti servivano, tre punti sono arrivati: sarà un compitino ma per ora basta e avanza.
Atalanta, non è sempre domenica (5,5)
Uno dei rischi più gravi dello stravolgere il mondo del calcio è di credere a quello che scrivono su di te. Dopo aver asfaltato il Lecce ed aver fatto sudare per un tempo e mezzo il galattico Real di Ancelotti, la banda del Gasp si presentava a Torino sicura che, di riffa o di raffa, i tre punti sarebbero ancora arrivati. Stavolta, però, il sortilegio della Dea non funziona ed i bergamaschi, pur senza combinare disastri, tornano a casa con zero punti e parecchi rimpianti. La cosa più strana è che i singoli hanno risposto presente: a tradire Gasperini, stranamente, è stato il collettivo e quella proverbiale intensità che diamo quasi per scontata dalle sue squadre. I tanti movimenti di mercato e gli infortuni non hanno aiutato ma forse è stata solo una giornata storta.
De Roon e Zappacosta non riescono a compensare alla gara mediocre di due sicurezze assolute come Hien e Djimsiti ma è la mediana a deludere quasi in pieno: Ederson e Ruggeri combinano pochino, Brescianini è annullato dalla difesa granata mentre Pasalic non ne imbrocca una neanche per sbaglio. Samardzic avrà bisogno di tempo per inserirsi in squadra mentre le risposte migliori arrivano dall’attacco: De Ketelaere lavora sempre per i compagni mentre Mateo Retegui conferma di essere perfettamente in grado di non far rimpiangere l’infortunato Scamacca. Zaniolo è parecchio nervoso ma dimostra comunque di non aver dimenticato come si gioca a calcio. L’amaro in bocca rimane ma una cosa è certa: chi vorrà vincere lo scudetto dovrà vedersela con la banda del Gasp.
Bologna, serve più cattiveria (5)
È davvero possibile perdere 3-0 senza commettere disastri? Almeno a giudicare dal risultato della gara del Maradona, non solo è possibile, ma è anche inevitabile. L’undici di Italiano non solo non fa una pessima figura ma gioca pure più che discretamente, dominando nel possesso palla e confermando che le fondamenta dei rossoblu sono a prova di bomba. Il problema è che, nonostante il Bologna crei occasioni su occasioni, non ha la grinta e la determinazione necessaria per mettere a rischio la porta di Meret. Col tempo il Napoli ha ringraziato sentitamente, trasformando gli spazi concessi dal Bologna in una prestazione maiuscola ma i felsinei sono rimasti comunque compatti, mancando solo in alcuni elementi, che sono costati una sconfitta pesante.
La retroguardia soffre le pene dell’inferno contro un Kvaratskhelia scatenato ma lascia troppo spazio anche al resto della compagnia, che infierisce su Lykogiannis. Le cose migliorano sulla mediana, dove la premiata ditta elvetica Aebischer-Freuler mette la solita prestazione granitica: decisamente meno convincente Orsolini, che fatica a superare la guardia di un attento Buongiorno mentre Ndoye e Castro si muovono tantissimo ma senza trovare mai la zampata vincente. Aggiungi le prestazioni mediocri di Odgaard e Karlsson e la frittata è fatta. Quali lezioni può trarre Italiano da questo passo falso? Che talvolta giocare bene non basta: per portare a casa punti bisogna metterci tanta cattiveria, specialmente davanti alla porta.
Lazio, amnesie costosissime (5)
Nel calcio è proprio vero che l’unica cosa che conta è l’ultimo risultato. Se n’è accorto subito il buon Marco Baroni: la rimonta tignosa messa contro il Venezia è stata subito dimenticata per aprire il campo alle inevitabili polemiche. La Lazio paga carissimo il fatto di brillare solo a sprazzi, rendendo molto più semplice il compito della coraggiosa Udinese di Runjaic, illuminata da un Thauvin in serata di grazia. La vittoria al debutto ha forse fatto dimenticare come la Lazio abbia cambiato parecchio e che abbia ancora bisogno di tempo per metabolizzare le lezioni di Baroni. Le chiacchiere, però, stanno a zero: nonostante quasi mezz’ora in superiorità numerica, i capitolini tornano a Roma senza punti e con tantissime recriminazioni.
Cosa non ha funzionato? Casale, Patric e Marusic vengono ridicolizzati da Thauvin mentre Lazzari e Romagnoli fanno l’impossibile per evitare il tracollo. A centrocampo un Vecino in buono spolvero non riesce a compensare la serataccia di Dele-Bashiru e di un Guendouzi meno devastante rispetto al solito. Se Noslin non era nemmeno troppo male, la mezz’ora di Isaksen è davvero convincente, tanto da far sperare di strappare almeno un punto. Il problema è che Zaccagni sceglie la serata sbagliata per prendersi una pausa mentre la garra del Taty Castellanos non è sufficiente per completare la rimonta. Importante, però, che l’argentino abbia la personalità di lottare fino alla fine: la sua cattiveria agonistica servirà come il pane a questa Lazio.
Roma, ora basta sceneggiate (4,5)
Rovinare così una favola è un crimine e questo, forse, è quello che il pubblico che aveva riempito l’Olimpico non riesce a digerire. Paulo Dybala è stato festeggiato, scendendo in campo dal primo minuto ma la Roma non è riuscita a dargli una mano, affondando di fronte ad un Empoli non solo cinico ma che ha pure mostrato alcuni giocatori estremamente interessanti, Fazzini in testa. Stavolta sul banco degli imputati non può che esserci anche Daniele De Rossi, anche solo per il fatto che in campo parecchi giocatori sembravano gravitare attorno alla solita zolla di campo. Scelta coraggiosa mettere in campo il duo fantasia dietro a Dovbyk ma forse servirà qualche altro giorno perché Soulé eviti di pestare i piedi ogni cinque minuti alla Joya. Ogni volta che per poco non sbattevano l’uno contro l’altro, partiva un’accidente di quelli pesanti.
Ancora una volta, a tradire i giallorossi è un primo tempo del tutto dimenticabile, che viene a malapena salvato dal forsennato forcing finale, nel quale la Roma è andata più volte vicina al pari. Se Celik e Zalewski sono meno che mediocri, Angelino e Cristante fanno una fatica immane nel reggere alla dinamicità di Gyasi e Fazzini: il vero fallimento, però, è la gara di Paredes, che, oltre al rigore regalato all’Empoli, ne combina di tutti i colori. Soulé e Pellegrini sono raramente pericolosi mentre Dybala e Dovbyk sono ingabbiati bene dalla difesa toscana. L’unica buona notizia? Le buone prestazioni dei rimpiazzi, da Le Fee a Baldanzi ma soprattutto al redivivo Shomurodov, che per poco non riprende il pareggio da solo. La speranza è che, una volta finite le telenovele, la Roma ritrovi la cattiveria necessaria per questa Serie A. La pazienza è già finita.
Milan, passeggiando sul baratro (3)
Alzi la mano chi si sarebbe aspettato che, dopo gli orribili 85 minuti del debutto col Toro, i rossoneri avrebbero fatto addirittura diversi passi indietro. La prestazione vista al Tardini è stata talmente ignominiosa da aver fatto scattare i fin troppo prevedibili leoni da tastiera ed i loro #FonsecaOut. Intendiamoci, il tecnico lusitano ha parecchie colpe sulle spalle ed ha la buona creanza di non cercare scuse ma, francamente, ci vuole parecchia creatività per trovare la luce alla fine del tunnel. Il Milan caracolla in campo, è privo di idee, con giocatori che vagano senza sapere bene cosa fare e vengono presi a pallonate da un Parma cui basta approfittare cinicamente delle praterie concesse da una retroguardia rossonera ben oltre l’indecenza. La cosa che fa davvero perdere la pazienza è che questo Milan continua a fare i soliti errori.
Ormai è noto che Calabria va in crisi se non ha uno come Saelemaekers che gli dà una mano in copertura ma fare entrare un Emerson Royal imballato che si fa scherzare da Almqvist è tafazziano. Le cose non girano anche a sinistra, dove Coulibaly annulla Theo e Leao fino a quando non finisce la benzina. A dare una mano ad un Tomori non perfetto arriva il debutto da applausi di Pavlovic ma in avanti funzionano solo Reijnders e Pulisic. Il problema è che Musah non trova mai nessuno a dargli una mano, Loftus-Cheek è marcato stretto mentre Okafor è disperatamente solo.
Sapete perché i fedelissimi rossoneri sono furibondi? Perché il risultato è bugiardo: il Diavolo avrebbe potuto prenderne cinque o sei. Sabato con la Lazio Fonseca, tanto per cambiare, si gioca già la panchina. Ditemi voi se una grande può comportarsi così, che gli insulti li ho finiti da un pezzo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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