
Il bello del calcio è che, talvolta, riesce ad offrire emozioni e storie che profumano di buono. Nonostante un calendario da pazzi e stipendi fuori controllo, ogni tanto succede qualcosa che ricorda a tutti perché sia proprio questo lo sport più amato al mondo. Guardate, ad esempio, l’annata memorabile del Bologna di Vincenzo Italiano, riuscito nell’impresa quasi impossibile di ripetere quanto fatto dal “professore” Thiago Motta nonostante la dipartita di due campioni come Calafiori e Zirkzee.
A fine aprile i rossoblu sono i favoriti per la conquista della seconda Champions consecutiva e tornano in finale di Coppa Italia dopo 51 anni, rispettando una promessa fatta la scorsa estate. Eppure non si è trattato di un “miracolo” ma del risultato di una serie di scelte azzeccate, di un approccio intelligente e di un presidente ricco ma che non si è mai lasciato prendere la mano. Vediamo quindi il perché di questa nuova cavalcata che sta facendo sognare Bologna.
Italiano, coraggio e convinzione
Al di fuori dell’asse Verona-Padova, dove ha passato gran parte della sua carriera, non molti ricorderanno come giocava Vincenzo Italiano, nato a Karlsruhe ma cresciuto nella cittadina di Ribera, vicino Agrigento. Il suo ex allenatore all’Hellas Verona, Alberto Malesani, un altro di quei “geni di provincia” che ogni tanto sforna il calcio italiano, è tra i pochi che non è stato sorpreso dal suo cammino. Intervistato dall’edizione bolognese de La Repubblica, dipinge il profilo di un predestinato: “Un mediano intelligente ed elegante, più Pirlo che Gattuso. Era allenatore fin da giocatore, si vedeva dalle doti tattiche e da quanto fosse interessato, molto interessato, a quello che facevamo. Ora è tra i migliori tecnici italiani e anche stranieri. Si vede sempre la sua mano ovunque vada, si è evoluto e anche estremizzato, ma finché funziona bravo lui”.

Claudio Prandelli, che ai tempi del Verona fu il primo ad intuire le sue potenzialità, preferisce concentrarsi sui passi avanti rispetto a quanto mostrato a La Spezia e Firenze: “È maturato. Ora bada più al sodo, pressing che stordisce gli avversari, meno ricami e grande sostanza. A Firenze ha fatto grandi cose, poi le finali si perdono ma conta giocarle. Da ragazzino mi colpì la verticalità che metteva nel giocare davanti alla difesa, la stessa che mette ora nel suo gioco da allenatore”. La dirigenza rossoblu, che sta già facendo carte false per estendere il contratto che lo lega alla capitale emiliana, non lesina i complimenti nei suoi confronti. Marco Di Vaio si concentra sul lato psicologico, fondamentale nel calcio di oggi: “Il suo grande pregio è l’intensità, anche nel modo di comunicare alla squadra. Fuori dal campo è un uomo sereno, capace di ascoltare, ma dentro trasmette una ferocia sportiva che si riflette nella mentalità, nel gioco, nell’emozione collettiva. Poi è preparatissimo e il suo staff è molto più incentrato sulla sua figura, rispetto a quello di Thiago: ascolta tutti, ma decide lui, è lui la locomotiva di tutto”. Dopo l’addio choc di Thiago Motta, un risultato che pochi a Bologna si sarebbero davvero aspettati.
Una società coi piedi per terra
I tifosi rossoblu ricordano come fu un altro tecnico sanguigno, scarpe grosse e cervello fino come Carlo Mazzone a portare il Bologna di Signori in semifinale di Coppa Uefa nel lontano 1999 e perdonano ad Italiano le intemperanze in panchina, come quella che gli è costata con l’Inter la prima espulsione da allenatore. Non male per uno che sembrava arrivato per caso su quella che qualche tempo fa ebbe a definire “la panchina più scomoda della Serie A” ed avrebbe onestamente preferito trasferirsi sotto il Vesuvio. L’ad Fenucci conferma come il tecnico siciliano abbia superato le aspettative del club: “La sorpresa è che abbia confermato tutto questo sul campo, e non era facile entrare nella testa di una squadra che veniva da una stagione straordinaria e non doveva riscattarsi: ha convinto i calciatori invece con la qualità del lavoro a cambiare totalmente ed è stato questo il fattore vincente”.

I dubbi della tifoseria, ancora ebbra dei festeggiamenti per l’approdo in Champions dopo 60 anni d’attesa, erano tantissimi ma il direttore tecnico Giovanni Sartori, che aveva fatto benissimo sia a Bergamo che a Verona sponda Chievo, aveva convinto tutti, anche un gruppo che aveva accolto l’ex tecnico viola con una certa diffidenza. In realtà, questa non è che l’ultima scelta oculata di una società che, nonostante un patron miliardario come Joey Saputo, che ha più che raddoppiato il giro d’affari del suo gigante dei latticini tra Canada, Australia e Argentina, rimane coi piedi piantati per terra. Anche quando molti chiedevano a gran voce la cacciata di Italiano, ha tenuto dritta la barra, senza farsi prendere dal panico e sprecare soldi. Il club felsineo è sobrio, serio, preferisce puntare su bilanci in ordine e strutture all’avanguardia: dopo la doccia gelata del “tradimento” di Motta, Saputo ha scommesso su un tecnico in grado di conquistare la tifoseria con un calcio spettacolare ed innovativo. Alla fine, a ridere saranno anche i conti: a parte gli incassi della Supercoppa e, forse, della Champions, le quotazioni di Castro, Odgaard, Ndoye e soprattutto Orsolini sono esplose.
Comunque vada, sarà un successo
Italiano approda quindi alla quarta finale dal 2023, la sfida contro il Milan del prossimo 14 maggio con l’obiettivo dichiarato di alzare al cielo un trofeo dopo le tre, cocenti, delusioni a Firenze. Il tecnico bolognese si schermisce, dicendo che “il Milan è favorito” ma il campionato racconta tutta un’altra storia. Basta dare un’occhiata al calendario per capire come questo finale di stagione riservi parecchie insidie: dopo la trasferta di lunedì ad Udine, infatti, toccherà a Juve, Milan, Fiorentina e Genoa, un tour de force da far tremare i polsi a chiunque. Il sogno della società sarebbe di alzare al cielo la Coppa Italia, obiettivo dichiarato ad inizio stagione proprio da Fenucci, magari senza arrivare ai rigori come successe col Palermo nel 1974 ma prima di tutto bisognerà staccare il biglietto per la seconda Champions, fondamentale per trattenere i propri giovani talenti.

Sullo sfondo, nel frattempo, le voci che parlano di un rinnovato interesse del Napoli nel caso i rapporti con Conte dovessero deteriorarsi ulteriormente. Il tecnico giura e spergiura che vuole rimanere a Bologna a tempo indeterminato ma sono cose che si dicono quando si è circondati dall’entusiasmo di una tifoseria che ha voglia di sognare. Nel calcio tutto è possibile, anche che la macchina perfetta dei rossoblu si inceppi sul più bello: d’altro canto, dal quarto all’ottavo posto ci sono solo quattro punti di differenza. In fondo, però, il percorso è più importante del risultato finale: come ha detto Italiano giovedì scorso, dopo la vittoria con l’Empoli, “la finale con il Milan è un traguardo fantastico, dedicato alla gente rossoblù. Adesso verranno con noi a Roma, in trentamila. Bologna se lo merita.
Manca ancora un passo, ma siamo nella storia”. Dopo decenni di anonimato, caos societario e dolorose retrocessioni, Bologna è tornata protagonista nel calcio che conta. Comunque vada il finale di stagione, insomma, sarà comunque un successo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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