Il segno della croce poi il gol, ma in Arabia è bufera su Ronaldo: cosa gli può succedere

L'esultanza del campione portoghese ha creato grandi polemiche, visto che l'espressione pubblica della fede cristiana è proibita nel Paese del Medio Oriente

Il segno della croce poi il gol, ma in Arabia è bufera su Ronaldo: cosa gli può succedere
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Cristiano Ronaldo finisce nella bufera dopo aver trascinato il suo Al Nassr in finale della Champions League araba.

Un rigore decisivo quello realizzato dal fuoriclasse portoghese nella partita contro l'Al Shorta. Dopo aver segnato dagli undici metri, Ronaldo ha esultato col suo classico 'Siuuu', ma prima ha fatto qualcosa di vietato nel Paese del Medio Oriente: si è fatto il segno della croce. Un gesto vietato spontaneo e non certo provocatorio, che è stato notato e ha avuto diffusione virale sui social network, scatenando numerose polemiche intorno a questa vicenda.

Cosa rischia Ronaldo

In Arabia Saudita l'espressione pubblica della fede cristiana è vietata. I non musulmani non solo non sono autorizzati a pregare in pubblico, ma non possono promuovere la propria religione o mostrare oggetti legati al culto, come libri o altri simboli. Chi contravviene a queste disposizioni e fa uscire il proprio credo dalla sfera privata, può essere accusato di fare proselitismo della propria religione. Basti pensare che tra i 13 milioni di immigrati che vivono a Riad e dintorni almeno tre milioni sono cristiani costretti ad una vita quasi catacombale. Si tratta soprattutto di operai e domestici di provenienza asiatica che non possono manifestare in alcun modo il proprio credo.

Arresto, espulsione, pene finanziarie. Per sua fortuna il campione portoghese non rischia nulla di tutto questo. Cattolico, come tutta la sua famiglia, la sua grande fede è un aspetto noto della sua vita privata. E da campione strapagato oltre che ambasciatore del nuovo calcio saudita se la caverà con una semplice reprimenda. In sostanza gli verrà consigliato di non ripetere quell’esultanza. In fondo il vero obbiettivo dei sauditi è quello di vendere all’estero l’immagine di un Paese moderno in nome del pallone.

I precedenti in Arabia Saudita

Prima che la Saudi Pro League venisse conosciuta in tutto il mondo per le operazioni di mercato faraoniche dei club arabi, anche altri calciatori non musulmani sono passati da questo campionato, andando incontro a diverse problematiche. Juan Pablo Pino, colombiano, dieci anni fa fu arrestato in un centro commerciale perché la sua maglietta non nascondeva il tatuaggio di Gesù sulla spalla. Pino giocava proprio nell'Al Nassr. Il calciatore fu fermato insieme alla moglie incinta e portato in commissariato.

Ma non solo l'allora tecnico della squadra, l'argentino Gustavo Costas, aveva in precedenza spiegato come avesse dovuto cambiare radicalmente le proprie abitudini dopo essersi trasferito nella capitale saudita.

Se prima si faceva il segno della croce prima delle partite e portava il rosario al collo,"ora non lo posso fare in pubblico, lo faccio nello spogliatoio. Se mi facessi il segno della croce, qui mi ammazzerebbero, mi lapiderebbero". Insomma non si escludono nuovi "incidenti culturali".

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