Cameron Diaz e "Faust" Quanti sbadigli in sala

Bad Teacher e l'opera-mattone di Sokurov sono dei bidoni che però la critica esalta. Come l'ultimo Olmi e Terraferma

Cameron Diaz e "Faust" Quanti sbadigli in sala

I film più brutti del 2011. Sco­varne dieci è un’impresa. Per­ché sono pochi? No, perché sono troppi. Un aiutone lo offre la critica colta. Dove spuntano tante stellette, quasi sempre alligna la boiata. Contare per credere. Ora basta chiacchiere e giù, ma pro­prio giù, con la classifica, in ordi­ne alfabetico, per non far torto ad alcun bidone.

BADTEACHER Nell’Illinois la sgua­iata prof delle medie Cameron Diaz pensa solo a rifarsi le tette per accalappiare un marito ricco. Par­la come uno scaricatore senza tro­vare una battuta decente. Però che scuola all’avanguardia:lei si li­cenzia in giugno, in luglio ci ripen­sa e in agosto le ridanno la catte­dra.

FAUST Formidabile mattone in co­stume, ambientato nella Germa­nia di fine Settecento. Un cupo viaggio del venerato russo Alek­sandr Sokurov, che rimodella da par suo il tormentato drammone di Goethe. Un capolavoro per i giu­rati di Venezia (puntuale Leone d’oro). Due ore e dieci estenuanti sbadigli per il popolino.

MELANCHOLIA Bislacco apologo del profeta di sventure Lars von Trier, nuovo alfiere dell’incomu­nicabilità, che racconta una dop­pia storia d’infelicità. Scene da un manicomio, per dirla col maestro Bergman. Indimenticabile la gara con i fagioli in un vaso. Chissà che invidia la Carrà.

LA PELLE CHE ABITO Ingegnoso, elegante, folle e perverso pastic­cio di don Pedro Almodóvar. Pron­to a mescolare, con supremo sprezzo del ridicolo, ardite speri­mentazioni scientifiche e atroci vendette private. Qual è il numero del neurodeliri di Madrid?

LA POLVERE DEL TEMPO Psico­dramma socialfamiliare destina­to ai solutori più che abili. Il guru greco Theo Angelopoulos ci tra­sporta, tra mille flashack, dal­l’Unione Sovietica del ’ 53 alla Pari­gi di oggi. Come soffrono anche i personaggi: se Iréne Jacob s’ad­dormenta, Bruno Ganz s’annega.

I SOLITI IDIOTI Pazza, scorrettissi­ma commedia surreale italiana, spremuta da una fortunata serie tv. Una girandola di nonsense con­dita di trivialità e romanesco. To­gliendo le parolacce durerebbe sì e no venti minuti. Dove comun­que non si ride mai .

TERRAFERMA Nobile negli inten­ti, ma demagogico oltre ogni sop­portazione dramma sull’immigra­zione, diretto dal pompatissimo Emanuele Crialese. L’odissea di una famiglia siciliana, stretta pa­rente dei Malavoglia, si snoda in gran parte in dialetto, sorretto da misericordiosi sottotitoli. Che piz­za. Eppure puntava all’Oscar. Mah.

THIS MUST BE THE PLACE È un pre­tenzioso e astruso melodramma il primo film americano di Paolo Sorrentino. Accompagnato da una splendida colonna sonora percorre in largo gli States incoc­ciando nei personaggi più stram­bi, quasi sempre inutili. Il peggio­re in campo è Sean Penn, talmen­te pittato da sembrare la sorella isterica di Luxuria.

THE TREE OF LIFE Crudele ritratto di famiglia, quinto film di Terren­ce Malick, autore che viaggia alla sbalorditiva media di un’opera ogni sei anni e mezzo. Riuscendo a rovinare il suo melò d’epoca (an­ni Cinquanta in Texas) con due in­terminabili sermoni sulla nascita del mondo e il senso della vita. Me­glio Piero Angela e Bonolis.

IL VILLAGGIO DI CARTONE Predica­torio dramma del vecchio poeta Ermanno Olmi: una calda esorta­zione all’accoglienza

dei più debo­li. Guai a voi, che ve la prendete con gli immigrati. Ma il pubblico s’indigna come il maestro,che pu­re aveva (sper)giurato: «Cento­chiodi sarà il mio ultimo film?». Sì, per aver buttato via un’ora e venti.

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