Il professor Vincenzo Visco non tradisce mai. È una certezza: come lo vedi arrivare, poco prima o poco dopo spuntano le tasse. È successo anche ieri. Il viceministro con delega (purtroppo) alle entrate (le tasse, appunto) ieri mattina - a giudicare da quanto ha detto poi detto qualche ora più tardi - si deve essere alzato bello euforico e - si sa - quando uno è euforico si lascia andare e dice quello che ha in testa, le prime cose che gli vengono, quelle che gli sono più familiari. Per il professore tutto questo è rappresentato, appunto, da tasse, imposte, accise e affini. È più forte di lui perché, aristotelicamente, fa parte della sua stessa sostanza. Forse Visco stesso è una tassa: quella che l'Italia deve pagare.
Riferendosi alla cosiddetta tassazione delle rendite (tasse sui risparmi magari di una vita) e alla tassazione sulle successioni (soldi o beni anchessi messi - magari da parte con tanto lavoro e tanti sacrifici) ha detto: «Chi prima, chi dopo, verranno fatte entrambe» e ha aggiunto «Vedremo poi lo strumento tecnico» con cui attuarle. Questo lo riportava, sempre ieri, al mattino, un'agenzia. Sempre in mattinata aveva disegnato un quadro terrificante dei conti pubblici italiani per sostenere, ovviamente, «non si tratta di fare una campagna di Russia contro gli evasori. Semplicemente la gente deve pagare le tasse. Non ci saranno più condoni». E neanche il concordato fiscale: «A noi non piace».
Essendo scoppiato, giustamente, il pandemonio, e superata l'euforia della mattinata, il professor Visco è tornato indietro. Alle ore 15.30 in un'altra agenzia leggevamo così: «Il Governo non aumenterà le tasse, ma cercherà di abbassarle». Era lo stesso Visco del mattino. Passata l'euforia, aveva preso paura. Ma come, avrà detto fra sé e sé, parlo di tasse e tutti mi danno contro? Che c'è di male? Lo capiamo, è fatto così.
C'è di male che gli italiani hanno bisogno di pagare meno tasse, non più tasse. E nessuna tassa in più: non alcune piuttosto che altre. Ma lui e Prodi non la pensano così: per loro la diminuzione della pressione fiscale non è una priorità. Anzi, si può anche aumentare.
Sarebbe consigliabile, essendo finita la campagna elettorale, ed in attesa della campagna di Russia contro i contribuenti, non continuare a sostenere che l'Italia è al disastro perché, come ha ricordato l'ex vice ministro dell'Economia, Giuseppe Vegas, Visco «dovrebbe essere molto cauto quando parla di questi argomenti perché i mercati sono attenti e guardano». Lo abbiamo sempre detto, anche negli anni del Governo Berlusconi che era ingiusto sparlare dell'Italia all'estero. Ora che al governo c'è il centrosinistra la musica non cambia, per noi. Ma, purtroppo, non cambia neanche per Prodi e compagni. Il mondo internazionale e, in particolare i mercati, guardano all'Italia e questo tipo di dichiarazioni non fanno bene a nessuno.
Tra l'altro, sempre nella giornata di ieri l'Ocse ha fatto notare che, pur in presenza di segnali di ripresa dell'economia, preoccupa «la limitata maggioranza parlamentare e la frammentazione che caratterizza la coalizione di governo che mettono a rischio quelle riforme strutturali di cui l'Italia ha bisogno per tornare a crescere». È, più o meno, forse più, quanto hanno detto il centrodestra e Silvio Berlusconi durante tutta la campagna elettorale.
Non occorre, viceministro Visco, drammatizzare la situazione per imporre nuove tasse. Guardi che nessuno si aspetta cose diverse da Lei. Se vuole tartassare gli italiani almeno abbia il buon gusto di lasciar stare l'Italia.
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