Camus, Orwell e Arendt fuori dal coro

Camus, Orwell e Arendt fuori dal coro
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Pierluigi Battista ha scritto un libro bellissimo. Si intitola I miei eroi. Hannah Arendt, Albert Camus e George Orwell. È un testo pieno di passione e di racconto. Non si tratta di tre piatte biografie. Anzi la storia dei suoi eroi sono in realtà una scusa: il sottotesto è l'approccio non convenzionale d Battista alle cose del mondo. C'è poco di scontato in ciò che scrive, e soprattutto usa la penna magnificamente. «I miei tre eroi culturali hanno capito subito che tra la costruzione cruenta di un'umanità redenta e il filo spinato di un lager la distanza era minima. Non erano individui miti e inoffensivi. Semplicemente auspicavano una società, questa sì, più mite e inoffensiva, giusta, civile, pluralista, vitalmente piena di contraddizioni e soprattutto libera. Camus sosteneva che è meglio sbagliare senza assassinare nessuno e lasciando parlare gli alti che avere ragione in mezzo al silenzio dei cadaveri». Ce l'ha Camus, e soprattutto Battista, con gli intellettuali celebrati dell'epoca, con i Sartre, con i Brecht, con tutti coloro che «hanno preposto l'idea dell'uomo a quella dell'umanità».

I tre eroi di Battista non sono John Galt, l'uomo che non c'è di Ayn Rand, ma sono carne e ossa. Come l'attrazione fatale della Arendt per il suo maestro Heidegger, nazista e senza scrupoli. Ma è la stessa Arendh che scrolla le spalle alle critiche ferocissime e ingiuste ricevute per la sua Banalità del male; e che proprio in virtù della sua vecchia (e rispolverata) amicizia con l'intellettuale caduto nei vortici dell'idealismo nazista è addirittura considerata una collaborazionista.

Nel libro c'è poi occasione di raccontare anche le comparse eroiche dei nostri tre attori. Sono stupende le note sul dimenticato, ahinoi, Nicola Chiaromonte, morto solitario in un ascensore della Rai sperando in qualche collaborazione. L'intellettuale liberale, antifascista e anche anticomunista (cosa che non gli fu perdonata) e amico degli amici di Battista. Chi dei lettori di questa rubrica ricorda (eppure si può ancora vedere su youtube) il garbato scontro tra Chiaromonte e il grande Italo Calvino.

Calvino «dal suo piedistallo ostentava disprezzo per la decisione inopportuna e provocatoria di insignire con il premio Nobel l'autore del Dottor Zivago: il rischio, sosteneva, era quello di inasrpire la reazione del potere sovietico».

Ma è «assurdo, assurdo» continuava ad obiettare impacciato Chiaromonte. Prendete in mano il libro di Battista e divoratelo come ha fatto questa rubrichetta liberale.

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