Il cane miglior amico dell’uomo: è scritto nel suo codice genetico

Scienziati Usa: il Dna di Fido è il più simile a quello umano

Nino Materi

Chiunque viva con un cane lo sa, anzi lo «sente»: quell’animale è «simile» a noi. Nel senso che lui «capisce» noi e noi «capiamo» lui. Un’intesa sensoriale che non può non essere il riflesso di un’affinità che affonda le radici nel labirinto della mappa genetica. E per trovarne conferma basta che il padrone guardi fisso negli occhi il proprio cane, anche se per gli scienziati questa non può certo rappresentare una prova.
La prova - per gli scienziati - è invece arrivata da una serie di studi condotti nei laboratori dell’Institute for Genomic Research; test basati sul confronto del Dna di varie razze di cani domestici e selvatici e che hanno portato a una conclusione fondamentale: il patrimonio genetico del cane presenta «sorprendenti somiglianze» con quello dell’uomo. Rispetto ai 46 cromosomi presenti in ogni cellula umana, il cane ne possiede 78, ma ogni set codifica essenzialmente la stessa quantità di informazioni.
I risultati degli esperimenti dei ricercatori americani sono stati pubblicati sulle riviste Genome Research e Nature, illustrando «la prima mappa genetica ad alta risoluzione del cane», in particolare di un esemplare della razza boxer.
Dalle analisi del Broad Institute of Harvard Boston e del Massachusetts Institute of Technology sono emersi 2,5 milioni di specifiche differenze genetiche tra le diverse razze. Ma l’elemento destinato a fare notizia è un altro: la «marcata analogia» col Dna umano, una «similitudine» ben più marcata di quella col topo, finora considerato l’animale più geneticamente assimilabile alla nostra razza. Enormi le ricadute della «mappatura» sul piano scientifico, a cominciare dall’utilità di studiare la genetica dei cani per capire e curare molte gravi malattie dell’uomo nel campo neurologico, cardiovascolare e muscoloscheletrico.
Gli esperti hanno inizialmente ottenuto la sequenza di 2,4 miliardi di singole lettere di codice genetico del Dna di un boxer femmina, Tasha, fornendo una versione più precisa della mappa genetica già presentata per la prima volta nel 2004. Poi i genetisti hanno confrontato le sequenze genetiche di altre razze di cani trovando complessivamente 2,5 milioni di differenze genetiche basate sulla sostituzione di una singola letterina (Snp). Le razze confrontate sono dieci: il levriero italiano, il barboncino, il boxer, il pastore tedesco, il Labrador da riporto, il beagle, il bedlington terrier, il bracco italiano, l’husky, il rottweiler, oltre a cinque specie di cani selvatici, lupi e coyote.
Dallo studio sono emerse preziose informazioni che possono essere usate per scoprire le basi delle differenze fisiche e di comportamento, per esempio, fra bracchetti, come il celebre Snoopy, e alani come l'eroe dei cartoon Scooby-Doo, ma possono far luce anche sui «puntelli» genetici di malattie comuni al cane domestico e all’uomo.
«Degli oltre 5.500 mammiferi viventi, i cani sono i più complessi - sostiene il ricercatore Eric Lander, direttore del Broad Institute e docente di biologia al Mit e all'Harvard Medical School -. L'incredibile diversità fisica e comportamentale fra i vari cani, dal piccolo chihuahua al grande alano, è codificata nel loro genoma. Da questo lavoro può arrivare un aiuto unico per comprendere meglio lo sviluppo embrionale, la neurobiologia, ma anche le malattie umane e le basi dell'evoluzione».
Addomesticati 100mila anni fa, ma selezionati in diverse razze soprattutto negli ultimi secoli, i cani moderni sono una testimonianza vivente della diversità biologica. A partire dalle dimensioni, ma anche per quanto riguarda l'iperattività (Jack Russel e bassetthounds), l'istinto di guida del pastore scozzese e la protettività dei dalmata. Inoltre, poiché lo sviluppo di nuove razze è avvenuto per incrocio tra cani legati da parentela e quindi geneticamente molto simili, sono state create razze predisposte a malattie di vario tipo o malformazioni della struttura muscolo-scheletrica.
Gli scienziati di tutto il mondo dispongono adesso degli strumenti per identificare con estrema facilità, concentrando l'attenzione su questa o quell'altra razza, i geni responsabili di patologie come cancro, cataratta, cecità, epilessia e molte altre. La «suscettibilità genetica» verso certe malattie è infatti molto più difficile da studiare nell'uomo dove il riassortimento genetico è molto più esteso perché gli incroci sono del tutto casuali.


«Le informazioni fornite da queste ricerche - ha concluso il professor Lindblad-Toh - rappresentano un passo avanti significativo nella comprensione della radice genetica delle malattie sia nei cani sia negli esseri umani». A conferma di un misterioso legame ancestrale che la natura continuerà a serbare gelosamente.

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