"Cantiere Odissea". Un viaggio teatrale con giovani eroi

La rassegna teatrale si è tenuta a Milano ed è stata molto speciale

"Cantiere Odissea". Un viaggio teatrale con giovani eroi
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Si è appena conclusa a Milano una rassegna teatrale speciale, originale e spericolata: Cantiere Odissea. I mezzi d'informazione ne hanno dato notizia solo quando vi partecipavano personaggi famosi (Giacomino Poretti, Gioele Dix), ma il senso dell'iniziativa sta essenzialmente in quello che non è stato raccontato. A partire dal fatto che Cantiere Odissea è stato pensato e realizzato da un gruppo di ragazzi tra i ventitré e i ventinove anni.

Nella grande parte dei casi, i ragazzi sono presentati oggi come un «problema» (violenza, mini-bande, neet e così via) oppure come eccellenze da esportare. Quelli di cui parlo sono, invece, ragazzi normali. Non sono eroi, ma potrebbero esserlo, ed è questa percezione, l'idea di un eroismo possibile, che mi induce a scrivere queste righe. Si chiamano Gianmarco, Francesca, Giacomo, Mattia, Benedetta, Sebastiano, Giovanni, Giulia e ancora Giulia, Silvia, Letizia, Damiano, Bianca, Matteo, e altri ancora. Per la più parte, sono studenti o ex-studenti della Statale di Milano, ma altri se ne sono aggiunti via via.

Insieme con Giacomino Poretti del Trio e Gabriele Allevi qualche anno fa fondai un teatro (Il Teatro Oscar) nella periferia milanese, zona 4. Volevamo provare a dire qualcosa di nuovo in un mondo culturale ricco e vario, ma che non ci scaldava il cuore. Così, alla soglia dei sessantacinque anni, ci siamo gettati nell'impresa. Alcuni ragazzi ci hanno seguito, hanno cominciato a produrre idee in proprio - eventi, spettacoli, incontri - e noi vecchi abbiamo capito che era importante seguirli a nostra volta. Cantiere Odissea è stato il primo frutto maturo del loro lavoro. L'idea, proposta a inizio anno da Gianmarco Bizzarri, era quella di realizzare per luglio una serie di spettacoli sul territorio della Zona 4 di Milano, che comprende quartieri eleganti e vivaci ma anche punti di forte emergenza sociale, come la casa di accoglienza Nocetum e il tristemente famoso «bosco di Rogoredo».

Guidati da uno dei migliori e pluripremiati drammaturghi italiani, Angela Demattè, alcuni giovanissimi scrittori hanno prodotto testi legati ai luoghi visitati e alle persone incontrate. Gli spettacoli sono stati realizzati tutti, o quasi, nei luoghi dai quali hanno tratto ispirazione, come Circe di Bianca Montanaro, dove la maga omerica assume il volto mortale della tossicodipendenza - lo stesso tema toccato in modo straziante da Argo di Silvia Guerriero. La vita borderline di certi quartieri dell'estrema periferia è stata il tema del brillante dialogo Telemaco di Giacomo Fausti, la crisi dei genitori di fronte alla libertà dei figli ha prodotto La madre di Ulisse di Matteo Bonfiglioli, un piccolo capolavoro. Giulia Villa ha dato voce a una nutrice di cui fu scoperta la tomba nella chiesetta del Nocetum, sulla via di Chiaravalle, e la poetessa Giulia Asselta (già vincitrice del premio Testori) ha tratteggiato la figura di Alma, in bilico fra una grigia vita da impiegata e il fascino buio, erotico ed esistenziale, di un mondo che sta fuori e ci guarda.

Questa esperienza mi ha fatto comprendere meglio in cosa consiste un vero percorso formativo: nell'incontro con persone grandi e generose. Non basta la trasmissione di conoscenze tecniche: le nostre università sfornano fin troppi specialisti, ma spesso mancano gli uomini di cultura. La differenza tra gli uni e gli altri non sta nelle conoscenze ma nelle domande che un uomo si pone e nell'onestà con cui cerca le risposte. Sono queste le persone che un ragazzo ha bisogno di incontrare.

Ora, una magnifica generazione di giovani si sta affacciando alla scena del mondo, ed è necessario che noi «vecchi» non ci sottraiamo al rapporto con loro: non per ammaestrarli e men che meno per blandirli, ma perché loro hanno bisogno di noi e noi di loro, dal primo all'ultimo respiro.

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