Capitale della libertà: Berlino celebra la morte del comunismo

I leader del mondo festeggiano la fine della Guerra Fredda. La Merkel: «È stato il momento più bello della mia vita»

Capitale della libertà: Berlino celebra la morte del comunismo

La «ragazza dell’Est» saluta e sorride. Oggi è la «cancelliera di ferro» della Germania unita ma quella marcia al fianco della Storia ieri le ha restituito un’aria spensierata, il volto del cambiamento. Come quella sera di vent’anni fa, quando attraversò il ponte della Bornholmer Strasse per inseguire i suoi sogni di libertà - compreso quello di «comprare una camicetta gialla, introvabile nella Ddr» -, allo stesso modo Angela Merkel ieri ha attraversato il Boesenbrucke, il primo dei sette passaggi di confine tra l’Est e l’Ovest di Berlino a essere riaperto quel 9 novembre.

Lo ha fatto circondata dai protagonisti della svolta: il fondatore del primo sindacato indipendente dal blocco sovietico, il leader polacco di Solidarnosc Lech Walesa, l’ex segretario del Partito comunista sovietivo Mikhail Gorbaciov e centinaia di dissidenti. Quella marcia nella città spaccata in due «è stata il risultato di una lunga storia di oppressione e della lotta contro questa oppressione», ha ricordato la Merkel. «Quel giorno ha cambiato la vita di molta gente, compresa la mia».
Pioveva insistentemente ieri a Berlino, ma era come se tirasse vento, lo stesso «wind of change» che in quel mitico 1989 fece da spartiacque tra il vecchio e il nuovo mondo, lo stesso vento di democrazia e libertà che dopo quarant’anni di paure e contrapposizioni, di corsa agli armamenti e di cortine invalicabili, portò all’abbattimento del Muro. «La storia è la causa della divisione della Germania e sarà la storia a porvi rimedio», ricorda di aver detto Gorbaciov nei suoi incontri con l’ex cancelliere Helmut Kohl. Allora la fine della Guerra Fredda sembrava ancora un miraggio. Perciò il momento più commovente e al tempo stesso entusiasmante delle celebrazioni del ventennale è arrivato quando Walesa ha fatto cadere il primo pezzo di un muro lungo un chilometro e mezzo - mille parallelepipedi giganti dipinti da artisti e studenti - con un effetto domino trascinante lungo il percorso in cui un tempo correva il Muro vero, quello di filo spinato e cemento, tra Potsdamer Platz e il Reichstag, passando per la Porta di Brandeburgo.

«Oggi non è solo un giorno di celebrazioni per la Germania, ma per tutta l’Europa», ha ricordato l’ex «ragazza dell’Est». E infatti Berlino si è trasformata per ventiquattr’ore in capitale del mondo libero, con i leader di ogni parte del pianeta - unico grande assente Barack Obama - a ricordare e festeggiare. Da Dmitry Medvedev a Nicolas Sarkozy, da Hillary Clinton a Silvio Berlusconi, i capi di Stato e di governo non hanno voluto mancare all’appuntamento.
Ma l’evento è diventato un’occasione per ricordare che il processo verso la piena riunificazione della Germania «è ancora incompiuto» ed è anche costellato di «occasioni mancate». Lo ha ammesso proprio la Merkel in un’intervista alla televisione pubblica Ard, ricordando che «c’è ancora strada da fare per cancellare le differenze strutturali tra l’Est e l’Ovest del Paese», compresa la disoccupazione nelle regioni dell’ex Repubblica democratica, che ancora oggi è il doppio rispetto all’Ovest. In serata, poi, la rievocazione dei momenti più belli. «Una frontiera che sembrava insormontabile è stata aperta così, in pochi minuti. Quel momento ha riunificato la Germania, l’Europa e tutto il mondo. L’unità è iniziata. L’epoca del diritto e della libertà è iniziata. È questo che rende il 9 novembre il giorno della gioia», ha detto la Merkel, rivolta alle migliaia di persone che hanno partecipato in serata, sotto la pioggia battente, alla «festa della libertà» alla porta di Brandeburgo.

«Gli individui non devono soffrire per sempre senza una speranza», ha detto il premier inglese Brown. «Voi avete il coraggio e avete dimostrato che non c’è nulla che non si possa riuscire a fare», ha aggiunto. «La storia è iniziata quel giorno, ma dobbiamo ricordare che questo è un richiamo all’azione. Ci sono parti del mondo che sono ancora divise», ha dichiarato Hillary Clinton prima di introdurre il videomessaggio di Obama. «Il destino umano non è nient’altro che quello che vogliamo fare», dice il presidente.

«Tutti devono avere diritto alla libertà. La libertà non si può dividere, come disse Kennedy». Ma le persone che vivono nei muri della tirannia sono ancora tante, ricorda Obama. E questo giorno è anche per loro. «I muri possono cadere».

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