Il capolavoro di Putin, si fa nominare premier

Il futuro presidente Medvedev: "È l’unico che può guidare il governo: il suo contributo è cruciale per il nostro Paese". Appena ricevuta l’investitura a candidato per le elezioni del 2008 il delfino dello zar restituisce il favore al suo padrino

Il capolavoro di Putin,  
si fa nominare premier

Aveva iniziato la carriera politica come primo ministro e Vladimir Putin il prossimo marzo premier tornerà; come scritto nel copione annunciato lo scorso mese di ottobre e che negli ultimi tempi sembrava decaduto. Ma è bastata una notte per resuscitarlo e far tornare la concordia nelle stanze del Cremlino.

Ad annunciare un epilogo ormai scontato è stato l'erede designato, il 42enne Dmitri Medvedev, attuale numero uno di Gazprom e che il prossimo 2 marzo verrà eletto trionfalmente presidente della Russia. Ieri ha ricevuto i quattro partiti che lo hanno candidato e naturalmente ha confermato la propria disponibilità, ma a condizione «che a guidare il governo sia Putin». Perché «il suo contributo è cruciale per il Paese» e non può essere perso, come hanno indicato gli stessi cittadini «facendo trionfare il partito Russia Unita alle elezioni legislative di dicembre». Ma soprattutto perché «è fondamentale mantenere l'efficienza del team da lui formato in questi anni». Una frase che, tradotta, significa: conservare il potere e gli equilibri tra le fazioni del clan del presidente. Già, il clan: fino a due giorni fa era dilaniato da una guerra violentissima condotta secondo regole mafiose: arresti di alti funzionari e di un vicepremier; incredibili scoop sugli arricchimenti illeciti dell'alter ego di Putin, il potentissimo Igor Secin; voci di purghe ai vertici. Un clima tanto teso e indecifrabile, da indurre uno capi dei servizi di sicurezza, a pubblicare una lettera in cui invitava i suoi pari «a non farsi del male».

Ieri invece, uno dei candidati alla presidenza, l'ex ministro della Difesa e attuale vice premier, Serghei Ivanov ha salutato l'investitura di Medvedev, precisando «di averla saputa in anticipo» e «di conoscere non solo le sue qualità lavorative, ma anche le sue caratteristiche personali». Come dire: la scelta è consensuale. E dunque il successore designato non potrà essere «che un grande presidente».

La guerra è finita, ma Medvedev non c'entra. Il garante della pace, è Putin, l'unico in grado di mettere d'accordo i due gruppi più potenti, quello di Ivanov e quello di Secin, che fanno capo a due ali rivali di servizi di sicurezza dell'Fsb. Roba da ex Kgb, che solo un ex agente poteva sbrogliare. Vladimir, appunto, che si appresta a ricoprire il ruolo, inedito nella storia russa, di leader che conserva il potere accettando una posizione gerarchicamente inferiore. Un zar senza corona. C'è chi dice: più per necessità che per scelta. Fosse per lui si sarebbe ritirato. Funzionerà?

E mentre la Chiesa ortodossa gli ha già detto si Medvedev, comincia a preparare la campagna elettorale. È un oligarca, ma dovrà farlo dimenticare ai cittadini, che non hanno mai amato i super ricchi come lui. «Il corso scelto dal popolo, ovvero quello di Putin», non di discute; ma ora sono necessari dei correttivi, «per convertire in conquiste sociali i successi economici degli ultimi otto anni».

E allora si profila un programma liberal-sociale: sì al capitalismo e al contempo più assistenza e una più equa distribuzione della ricchezza nazionale. Le solite promesse, la solita propaganda.
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