Carpenter, il regista-rockstar che sa "Cosa" terrorizza l'uomo

Un maestro del cinema horror e di fantascienza (e straordinario compositore di colonne sonore) Tra flop, capolavori e cult movie

Carpenter, il regista-rockstar che sa "Cosa" terrorizza l'uomo

Nessuno dei suoi grandi film fu un record di incassi all'uscita, né fece gridare i critici al capolavoro. Anzi. Ma, col tempo, molti sono diventati - come si dice - di culto, punti di riferimento del genere horror e fantascientifico per più di una generazione di cinema-goers...

Col tempo John Carpenter, da Carthage, villaggio di nulla e di dannati nello Stato di New York, è diventato un maestro del cinema, costruendo una carriera in cui di volta in volta, e spesso contemporaneamente, è stato regista, sceneggiatore, compositore, musicista, attore, produttore e montatore. Una vita sul set, iniziata prestissimo: figlio di un professore di musica, una passione per il cinema sbocciata a otto anni («Era il 1956: dopo aver visto Il pianeta proibito ho deciso di voler fare film»), studi abbandonati prima della laurea - University of Southern California -, Carpenter debutta nel mondo della celluloide collaborando alla sceneggiatura di The Resurrection of Broncho Billy, cortometraggio western diretto da James R. Rokos che nel 1971 vinse il Premio Oscar come Miglior Cortometraggio.

Da quel momento la strada fu tutta in salita.

Osteggiato da una critica spesso miope e poco incline a valorizzare le sue opere, Carpenter ha dovuto sfruttare tutto il suo talento, la sua creatività e la sua ostinazione per dare vita a lavori destinati a entrare nel canone mainstream. E ce l'ha fatta. Con i suoi film, molte volte in anticipo sui tempi, tanto che al momento dell'uscita nelle sale non furono capiti dal pubblico (l'esempio più corrosivo è Essi vivono, capolavoro anti-consumista dei consumistici anni Ottanta), il regista-leggenda adorato dalle leggende (tra i suoi fan: Tarantino, Guillermo del Toro, Paul Thomas Anderson e Robert Rodriguez) ha segnato immaginario e subconscio di generazioni di spettatori.

Ormai John Carpenter è da qualche tempo fuori dall'inquadratura. Anche se sembra vivere una seconda vita da musicista: autore, da autodidatta, delle colonne sonore di tutti i suoi film, ad eccezione de La cosa, per cui riuscì a coinvolgere Ennio Morricone, da anni gira in tournée col figlio Cody. È diventato una vera star della musica elettronica, mentre gli album con i suoi temi cinematografici continuano a essere ristampati con successo. Non a caso è tornato momentaneamente sui grandi schermi per comporre la colonna sonora di Halloween Kills, l'ennesimo sequel, firmato da David Gordon Green, del suo (im)mortale Halloween, pellicola horror-thriller - anno di altissimo cinema a bassissimo costo 1978 -, capofila del sottogenere slasher. Ma tutti vorremmo rivedere un'opera tutta sua.

Intanto, aspettando il ritorno (Carpenter ha promesso che finita la pandemia si rimetterà a girare), ecco la bio-bibliografia più originale uscita da tempo sul maestro: Guida ai film di fantascienza di John Carpenter (Italia Storica) firmata da Paolo Prevosto, super esperto di fantascienza e strepitoso collezionista di oggetti di scena provenienti dalle più famose produzioni cinematografiche degli universi sci-fi. Il libro è un magazzino di documenti (pagine di sceneggiatura, liste di effetti speciali richiesti per i film, programmi delle riprese), e poi di fotografie inedite regalate dal regista all'autore, polaroid, disegni di modellini, locandine, e soprattutto di molte interviste a produttori, attori, direttori della fotografia e maghi degli effetti speciali che hanno lavorato nei suoi film.

Ed eccoci atterrati sul pianeta Carpenter. Tutto inizia con Dark Star (1974), tragicomico viaggio spaziale antitetico all'Odissea di Kubrick: tanto ipertecnologico, asettico, ordinato, preciso il secondo, quanto abborracciato, sporco, disordinato, zoppicante il primo. Un film in cui l'uomo non governa la tecnologia, ma perde il controllo e viene annientato. Soggetto e sceneggiatura furono scritti da Carpenter assieme a Dan O'Bannon che, cinque anni dopo, consegnerà a Ridley Scott la sceneggiatura di un altro orrorifico viaggio spaziale: Alien. Poi una pietra miliare dietro l'altra, sulla lunga strada della storia del cinema: 1997: Fuga da New York (1981), film che con l'icona Snake Plissken-Kurt Russell, veterano della Terza guerra mondiale, ispirò un intero filone post apocalittico, sfruttato anche da registi italiani (Enzo G. Castellari con 1990: I Guerrieri del Bronx o Sergio Martino con 2019: Dopo la caduta di New York); La cosa (1982), un'opera assoluta le cui (pessime) critiche ricevute sono inversamente proporzionali all'influenza (straordinaria) che ha avuto sui generi horror e fantascienza; Essi vivono (1988), il cui contenuto ferocemente anti-capitalistico e anti-consumistico ancora non si capisce come sia stato accettato da una major hollywoodiana; Villaggio dei dannati (1995) e Fantasmi da Marte (2001), un flop, ma di quelli che sei disposto a rivedere.

Aneddoti e testimonianze inedite che spuntano dal saggio di Paolo Prevosto. Ne citiamo tre. Uno: l'aspetto più futuristico di 1997: Fuga da New York, rivisto oggi, sono gli effetti di computer grafica, in particolare la rappresentazione in 3D della mappa di Manhattan, la spettacolare sequenza della discesa dell'areo presidenziale e gli schermi dell'aliante di «Jena» Plissken; mentre la difficoltà maggiore del film fu recuperare da un cimitero di aerei il velivolo presidenziale schiantato, tagliarlo in tre sezioni e trasportarlo nella location di St. Louis. Due: la sceneggiatura del film La cosa (per il quale rimandiamo al capitolo sugli avveniristici e insieme artigianali effetti speciali...), su cui la Universal Picture aveva molti dubbi e paure, fu consegnata al presidente della produzione per l'approvazione definitiva in modo molto teatrale, con una macchina per il fumo e due comparse vestite con giacconi parka e racchette da neve. La reazione della major - nonostante il cast tutto maschile che oggi non passerebbe mai dalle forche caudine neo-gender-MeToo-femministe - fu entusiasta. E capolavoro fu.

Tre: per girare Fantasmi da Marte, in una cava di gesso in New Mexico, ogni mattina una squadra irrorava di rosso il terreno completamente bianco per farlo sembrare il pianeta rosso, e alla sera la pioggia lavava via tutto, con costi altissimi. Fino a che fu assunto un meteorologo in grado di avvisare 15 minuti prima che stava per diluviare, in tempo per ricoprire tutto con enormi teloni... Storie, fantascientifiche, di cinema.

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