Le carte in regola e il diritto al rispetto

Intervento di Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina-Confindustria Nautica, per il "varo" del Giornale di Bordo, la nuova iniziativa editoriale de il Giornale e de il Giornale.it

Le carte in regola 
e il diritto al rispetto

di Anton Francesco Albertoni*

Ha senso un appuntamento settimanale con il mondo della nautica?
È questa la domanda che mi sono posto qualche mese fa, quando il progetto editoriale del Giornale di Bordo è stato presentato a Ucina-Confindustria Nautica, l’associazione di categoria del comparto nautico di cui ho l’onore di essere presidente.

Ora come allora la mia risposta è affermativa, senza se e senza ma. La nautica italiana, dopo un decennio di crescita praticamente esponenziale, ha subito negli ultimi 15 mesi una battuta d’arresto senza precedenti, di cui oggi sono evidenti le conseguenze. Ecco perché ritengo che aumentare la visibilità del nostro mondo, favorire la conoscenza di straordinarie realtà imprenditoriali, raccontare decine di piccole storie fatte di impegno, professionalità e passione sia non solo un’opportunità ma addirittura un dovere.

Il nostro comparto è espressione di un’industria composta da centinaia di aziende che, con le rispettive produzioni di imbarcazioni e accessori, affermano quotidianamente il valore del made in Italy nel mondo. Del resto non è un caso se, nonostante la crisi, grazie alla straordinaria forza e determinazione dei nostri imprenditori, siamo riusciti anche quest’anno a conservare la leadership mondiale che da anni deteniamo nel mercato dei grandi yacht (oltre i 24 metri).

La nautica italiana, che produce un fatturato annuo di circa 6 miliardi di euro, ha dato fino ad oggi lavoro ad oltre 35mila addetti diretti (un numero che sale a 120mila se si considera tutto l’indotto), molti dei quali vantano una professionalità specializzata che pochi altri Paesi possono esprimere. Oggi, e per la prima volta nella storia della nautica italiana, il 35% di questi lavoratori sta sperimentando la cassa integrazione, un costo enorme per la comunità e allo stesso tempo una situazione che rischia di minare il prestigio di un’industria che è sempre stato un fiore all’occhiello del nostro Paese.

Già lo scorso ottobre, nel corso dell’ultimo Salone Nautico di Genova, che è senza dubbio il più importante e prestigioso appuntamento internazionale del settore, avevamo fatto sentire la nostra voce, chiedendo al Governo di supportare il rilancio del comparto attraverso una serie di provvedimenti, e più di recente abbiamo esplicitamente fatto richiesta di essere inclusi tra i settori industriali che riceveranno degli aiuti: abbiamo le carte in regola per riceverli perché le nostre potenzialità di crescita sono ancora elevate.

Oggi che le imbarcazioni sono diventate un prodotto complesso e integrato, con centinaia di componenti, esiste infatti un sistema di «filiera a bordo» fatto di sinergie tra eccellenti settori produttivi dell’industria manifatturiera italiana. Eppure troppo spesso si pensa alla nautica come a qualcosa di esclusivo appannaggio di un piccolo gruppo di happy few, un mito da sfatare perché la più grande spinta propulsiva di questo mondo non è l’esclusività ma la passione. La passione degli imprenditori, che oggi più che mai scommettono a proprie spese il tutto per tutto, ma anche quella dei diportisti che, in tempo di crisi, inventano nuove soluzioni, come il noleggio o la comproprietà, pur di non rinunciare al loro sogno di andar per mare.

Nel giorno del debutto di queste pagine, che diventeranno un appuntamento settimanale, mi auguro che esse sappiano tener fede allo spirito con cui sono state concepite: raccontare la magia delle barche, piccole o grandi che siano, e dar voce all’entusiasmo di chi le progetta e poi le realizza.
Auguri al Giornale di Bordo e a tutti buona lettura.
*presidente Ucina 

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